Tavola Rotonda a Catania, 20 maggio 2024 dalle 9:30 alle 13:30 presso l’Aula Magna Villa Cerami del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Catania.
Durante la tavola rotonda verrà approfondito il tema della finzione di non ingresso e l’alterazione del sistema giuridico alla luce dell’introduzione di tale concetto anche nella normativa italiana. L’iniziativa sarà occasione di confronto anche in relazione ai profili legati alla detenzione anche de facto dei cittadini stranieri nell’ambito di vecchie prassi e nuove procedure di frontiera, attraverso uno sguardo allargato ad altri paesi europei. Ne parliamo con operatori legali, avvocati, ricercatori, soggetti e organizzazioni della società civile impegnati sul tema.
La tavola rotonda è organizzata da ASGI, Spazi Circolari e dalla Clinica Legale per i Diritti Umani.
È stata fatta richiesta per il riconoscimento dei crediti formativi per avvocati presso l’Ordine degli Avvocati di Catania. Per ulteriori informazioni: formazione@asgi.it
Le modifiche introdotte con il d.l. 20/2023 comportano l’isolamento di chi richiede asilo fin dal momento dello sbarco, limitando quindi la possibilità di partecipazione consapevole ai procedimenti che lo riguardano.
Con il d.l. n. 20/2023 (convertito in legge n. 50/2023) sono state introdotte nell’ordinamento italiano delle importanti modifiche in termini di procedure per la determinazione della richiesta di asilo, trattenimento del richiedente asilo e definizione dei luoghi del trattenimento. Tali modifiche sono estremamente rilevanti non solo in termini di accelerazione delle procedure e limitazione dei diritti, tra i quali quello alla libertà personale, ma anche perché, come si vedrà, intervengono nella fase immediatamente successiva allo sbarco e portano a isolare il richiedente asilo in luoghi chiusi, senza contatti con la società civile e con limitate possibilità di partecipazione consapevole ai procedimenti che lo riguardano. Al d.l. n. 20/2023 sono poi seguiti provvedimenti attuativi.
Non convertire il decreto Cutro e cambiare rotta .
Questo è quanto chiedono assieme ad ASGI le organizzazioni e le reti firmatarie di un appello, che esprime grande preoccupazione e contrarietà ai contenuti del Ddl 591/2023, meglio conosciuto come “Decreto Cutro”, ora in discussione al Senato.
18 aprile 2023, l’appello delle organizzazioni e reti contro il Decreto Cutro
Varato all’indomani del naufragio del 26 febbraio scorso come risposta del Governo alle stragi nel Mediterraneo, il decreto in realtà non affronta in alcun modo le vere cause che in questi anni hanno portato alla morte in mare di migliaia di persone. Al contrario, prevede condizioni peggiorative della condizione giuridica degli stranieri che arrivano in Italia, con il sicuro effetto di aumentare situazioni di irregolarità ed esclusione anche di chi è già da tempo sul territorio nazionale.
In particolare, contestiamo i provvedimenti che mirano a smantellare la protezione speciale a tutela della vita privata e familiare dello straniero, che aveva in parte attutito i disastrosi effetti dell’abolizione della protezione umanitaria, a potenziare la rete dei Centri per il Rimpatrio, a ostacolare il diritto al ricorso dei richiedenti asilo che ottengono un diniego.
Com’è possibile sostenere che queste misure preverranno il traffico di esseri umani? Si tratta invece, con tutta evidenza, di interventi che renderanno sempre più difficile il soggiorno regolare e una positiva integrazione in Italia e che contribuiranno alla criminalizzazione delle persone migranti, a detrimento non solo loro, ma dell’intera collettività.
Rifiutiamo la contrapposizione tra migranti regolari e irregolari che emerge dalla scelta di inserire in questo testo provvedimenti inerenti al Decreto Flussi, senza rafforzare il sistema di asilo: se da tempo chiediamo a gran voce l’allargamento dei canali legali di ingresso, sappiamo bene che non possono essere queste misure a rispondere al bisogno di protezione internazionale. E chi in questi venti anni ha provato ad assumere in regola dei lavoratori stranieri sa che le misure previste sono del tutto insufficienti, perché l’unica possibilità per favorire incontro tra domanda e offerta di lavoro regolare sta nel scardinare del tutto il meccanismo previsto dalla Bossi Fini.
E’ fondamentale invertire velocemente la rotta e promuovere politiche eque ed efficaci sull’immigrazione e sul diritto di asilo. Partendo dall’opposizione a queste norme, in un percorso che chiede ingressi legali, corridoi umanitari, garanzia dell’accesso alla procedura di asilo e all’accoglienza, abbandono delle politiche di esternalizzazione e dei loro scellerati risultati, come l’accordo con la Libia, salvaguardia delle vite in mare.
Chiediamo al Parlamento di bocciare questo provvedimento, e al Governo di modificare radicalmente gli interventi messi in atto e quelli recentemente annunciati, del tutto inadatti a gestire una crisi nel Mediterraneo destinata a peggiorare senza provvedimenti adeguati della comunità internazionale.
Per questo saremo in piazza il prossimo 18 aprile, in contemporanea all’arrivo al Senato del Decreto Cutro. Per esprimere il nostro dissenso, ribadire le nostre proposte e chiedere un immediato cambiamento di rotta nelle scelte che riguardano l’immigrazione e il diritto d’asilo.
A Buon Diritto ACAT Italia ACLI ActionAid ADL ZAVIDOVICI Amnesty International Italia Anpi Brindisi ARCI ASGI Associazione genitori scuola Di Donato (Roma) AOI Baobab Experience Bee Free Casa dei Diritti Sociali Centro Astalli Centro Sociale ex Canapificio CGIL CIES CIR Circolo Pink/Pink Refugees Verona Commissione Migranti e GPIC Missionari Comboniani Italia Compagni di Strada Comunità Africana di Brindisi e provincia Comunità Papa Giovanni XXIII CNCA CoNNGI Cooperativa Il Mosaico Cooperativa Marypoppins Cooperativa Momo Coordinamento Diaspore in Puglia Danish Refugees Council Italia Digiuno di Giustizia in solidarietà con i Migranti Emergency Ero Straniero Europasilo Fondazione Migrantes Forum per Cambiare l’Ordine delle cose Gli Anelli Mancanti Gruppo Lavoro Rifugiati International Rescue Committee Italia La Giraffa Lega Coop Puglia Legambiente Libera Malacoda Medici del Mondo Italia Medici Senza Frontiere Mediterranea Mesagne Bene Comune Movimento di Volontariato Italiano Movimento Italiani Senza Cittadinanza Movimento Migranti e Rifugiati Caserta Oltre – Ponte tra i mondi On The Road Cooperativa Sociale Open Arms Oxfam Italia Periplo Pianoterra Progetto Accoglienza Radici Future ReCoSol Refugees Welcome Italia ResQ People Saving People Rete Castel Volturno Solidale Rete Yabasta!-Nova koinè-Smallax Sea Watch Senza Confine Società Italiana Medicina delle Migrazioni Tavolo Saltamuri Voci della Terra UIL UNIRE Un Ponte Per Watch the Med Alarm Phone ZaLab
La condizione imposta alle persone che intendono presentare domanda di asilo a Milano ha superato ogni soglia di tollerabilità: le lunghe ore di attesa al gelo, l’assenza di qualunque struttura di conforto, e soprattutto la mancanza di qualunque certezza su tempi e modalità di ingresso, compromettono seriamente la salute fisica e psicologica delle centinaia di persone che ogni domenica si affollano davanti agli uffici della Questura di via Cagni 15 già sapendo che almeno i quattro quinti di loro non riusciranno a entrare.
La manifestazione di volontà di richiedere la protezione internazionale va registrata immediatamente, il relativo procedimento va formalmente avviato entro un massimo di 13 giorni, e sin dalla manifestazione di volontà le persone richiedenti asilo sono titolari di specifici diritti, tra cui quello a soggiornare sul territorio nazionale e quello alle misure di accoglienza: non lo dicono le associazioni, ma la legge italiana in accordo con le norme europee e i trattati internazionali.
La Questura di Milano, invece, da mesi sta rendendo impossibile e pericoloso l’accesso all’Ufficio Immigrazione alle persone che intendono chiedere protezione internazionale: perciò il 3 marzo 2023 abbiamo inviato all’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per la protezione di richiedenti asilo e rifugiati, una lettera, nella quale sono illustrate le condizioni inaccettabili delle persone in attesa in via Cagni e le indispensabili misure di cui le chiediamo di farsi promotrice presso le Istituzioni competenti.
In accordo con le pressanti richieste di supporto ricevute dalle persone incontrate nel corso delle nostre attività di monitoraggio e assistenza a richiedenti asilo, abbiamo indetto per giovedì 9 marzo alle 11 un presidio in piazza San Babila in prossimità degli uffici milanesi dell’UNHCR, a cui chiederemo di ricevere una delegazione di richiedenti asilo, esponenti delle associazioni e amministratori locali per ascoltare dalla loro viva voce quanto hanno da raccontare e da rivendicare.
Associazione ARCI Todo Cambia APS
Associazione NAGA ODV
Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI)
Pensato per avvocati e operatori legali sul diritto dell’immigrazione, il corso si terrà in presenza a Milano (via Pantaleo 3) e online (piattaforma Zoom) il 21e 22 ottobre 2022.
Il corso ha l’obiettivo di esaminare in modo approfondito le modalità di accesso allo status di richiedente protezione internazionale o nazionale e i diritti connessi a tale status.
Nei due incontri di formazione, oltre alla normativa vigente e ai più recenti orientamenti giurisprudenziali, verranno analizzate le prassi illegittime della Pubblica Amministrazione che ostacolano o impediscono l’accesso ai diritti dei richiedenti protezione internazionale o dei beneficiari.
Il corso è organizzato dall’ASGI in collaborazione con PERFORMARE in modalità ibrida, in presenza per un massimo di 25 persone e online sulla piattaforma zoom, per un totale di 16 ore nelle giornate del 21 e 22 ottobre 2022.
Durante il primo giorno verranno esaminate le norme e le prassi attinenti alla procedura di riconoscimento della protezione internazionale e nazionale anche in riferimento al Regolamento Dublino.
Il secondo giorno si approfondiranno i diritti connessi agli status di richiedente protezione e beneficiario con l’obiettivo di illustrare gli strumenti che gli operatori legali possono adoperare per opporsi alle prassi illegittime poste in essere dalla pubblica amministrazione.
È stata avanzata domanda di accreditamento per entrambe le modalità di fruizione del corso (in presenza e online) presso il Consiglio Nazionale Forense.
Per maggiori informazioni e per le modalità di iscrizione si veda il programma. È prevista una quota di partecipazione agevolata per i soci e le socie associate ad ASGI nel 2022. Iscrizioni entro il 17 ottobre 2022. Per ulteriori informazioni contattare: formazione@asgi.it
Ad ostacolare l’accesso al diritto di asilo: l’assenza di interpreti, meno di 10 procedure al giorno, mancanza di un sistema di prenotazione. Nel contempo le persone costrette in coda anche per giorni – e notti – vengono sanzionate per bivacco. A distanza di sei mesi dalle lettere inviate da ASGI e Naga alla Questura di Milano, la situazione agli uffici di via Cagni appare peggiorata.
Costringere le persone a rimanere in coda per giorni rappresenta un ostacolo alla domanda di protezione internazionale, tanto più che spesso i richiedenti si trovano impossibilitati a presentarla. Ciò costituisce una grave violazione delle norme europee, in particolare del decreto legislativo n.25 del 2008, che disciplina le procedure di riconoscimento dello status di rifugiato. Formalizzare la domanda di asilo è un diritto fondamentale ed è indispensabile non solo per ottenere l’autorizzazione alla permanenza sul territorio ma di fatto, sebbene la norma preveda diversamente, anche all’accesso alle misure di accoglienza.
Alla gravissima e perdurante situazione, si aggiunge che gli stessi agenti della Questura di Milano notificano degli ordini di allontanamento alle persone in coda unitamente a una multa di 100 euro con l’accusa di bivacco. Il daspo urbano comminato nei confronti dei cittadini in coda e la conseguente sanzione sono illegittimi e hanno l’effetto di scoraggiare ulteriormente lo straniero che intende presentare domanda di protezione internazionale. La misura del Daspo Urbano introdotta dal decreto legge n.14 del 2017 si conferma una sanzione discriminatoria, strumentalmente motivata da ragioni di sicurezza ma finalizzata in realtà a colpire e ulteriormente aggravare situazioni di disagio e vulnerabilità.
ASGI e Naga chiedono pertanto che il Sindaco del Comune di Milano intervenga in quanto titolare del potere sanzionatorio non soltanto annullando i daspo e le sanzioni già emesse, ma altresì escludendo espressamente dall’ambito di applicazione delle norme sanzionatorie lo spazio urbano in prossimità degli uffici di via Cagni.
Alla Questura si chiede di modificare le modalità di accesso agli uffici in modo da rimuovere gli ostacoli ad una formalizzazione tempestiva delle richieste di protezione internazionale e quindi a garantire l’accesso in condizioni di sicurezza e dignità alla procedura conformemente a quanto disposto dalla normativa europea e nazionale.
Pubblicato l’AIDA Country Report sull’Italia, una panoramica aggiornata sull’accesso alla protezione in Italia nel corso del 2021 e dei primi mesi del 2022.
Il rapporto, in sintesi
Permangono le difficoltà di accesso al territorio italiano da parte di quanti fuggono da situazioni di rischio, bloccati in mare dai pattugliamenti delle motovedette libiche, finanziate dall’Italia attraverso il memorandum e via terra, dove si continuano a registrare respingimenti alle frontiere.
Una volta in Italia risulta ancora troppo difficile chiedere protezione a causa delle prassi non uniformi nelle diverse questure e delle lunghe attese per la formalizzazione della domanda di asilo. Chi riceve un rifiuto dalle Commissioni territoriali può fare ricorso in Tribunale, ma deve attendere l’esito fino a 3 anni (la legge prescrive 4 mesi) a causa della difficoltà di smaltire gli arretrati e di una inadeguata distribuzione delle risorse. La una gestione straordinaria dell’accoglienza rimane prevalente visto che ogni 10 richiedenti asilo, 7 vengono ospitati nei Centri di Accoglienza straordinaria.
L’uso delle navi quarantena, accanto alle difficoltà di accesso delle associazioni di tutela ai centri di detenzione e agli hotspot limitano le possibilità di tutela dei cittadini stranieri da parte delle ONG, che vedono, però archiviare diversi procedimenti penali in cui erano imputate per aver soccorso e aiutato i migranti .
Alcuni dati sul diritto di asilo
Nel 2021 sono giunte in Italia oltre 67 mila persone, il doppio rispetto al 2020 (34.154) .
La nazionalità principale delle persone sbarcate rimane quella tunisina, pari a 15.671 persone. Tra quanti hanno raggiunto l’Italia via mare, oltre 31.500 provengono dalla Libia, più di 20.000 dalla Tunisia, 13.000 dalla Turchia e 1.500 dall’Algeria. L’Italia ha rimpatriato almeno 32.425 persone in Libia nel corso del 2021 e più di 3.000 sono state rimpatriate nei primi tre mesi del 2022.
Nel 2021 sono state registrate 56.388 domande di asilo, quasi il triplo rispetto alle 21.000 registrate nel 2020. Anche il numero di minori richiedenti asilo è più che raddoppiato rispetto all’anno precedente. I principali Paesi di provenienza dei richiedenti asilo sono stati Pakistan, Bangladesh, Tunisia, Afghanistan e Nigeria. Tra le 52.987 decisioni di prima istanza emesse nel corso dell’anno, si è registrato un aumento del riconoscimento degli status di protezione. Complessivamente, al 44% dei richiedenti è stato riconosciuto lo status di protezione in prima istanza: di questi, al 32% è stata concessa una forma di protezione internazionale, mentre al 12% è stato concesso lo status di protezione speciale.
Accesso al territorio
Continua il supporto dell’Italia alla Libia nel fermare le persone in arrivo tramite il mar Mediterraneo. L’Italia ha infatti continuato a supportare i rimpatri indiretti, fornendo alle autorità libiche i mezzi e le tecnologie per attuare il monitoraggio in mare. Per la prima volta, tuttavia, il capitano di un’imbarcazione privata (Ace 28) è stato condannato al carcere per aver riportato i migranti in Libia.
Accesso al diritto di asilo in Italia
Continuano a essere segnalati problemi di accesso alla procedura di asilo, sia alle frontiere che nelle principali città italiane a causa delle prassi di respingimenti e all’uso delle navi quarantena come hotspot o centri di detenzione de facto, che nelle principali città, a causa di prassi non uniformi sul territorio nazionale e delle lunghe attese per la formalizzazione della domanda di asilo. Chi presenta ricorso, poi, contro l’esito negativo della richiesta di asilo, deve confrontarsi con lunghi tempi delle procedure giurisdizionali dovuti alla difficoltà di smaltire gli arretrati e ad una inadeguata distribuzione delle risorse. Nel 2021, i tempi medi per processare un ricorso si aggiravano intorno ai 3 anni, rispetto ai 4 mesi prescritti dalla legge.
Regolamento Dublino
Nel 2021 la situazione dei Dublino di ritorno è rimasta incerta. A dicembre del 2021 un cittadino afgano, evacuato dall’Afghanistan dalle autorità italiane, Dublino di ritorno dalla Francia, ha ricevuto un’espulsione una volta giunto all’aeroporto di Venezia, dove era stato trasferito con un volo, e immediatamente inviato al CPR . Nel frattempo, diversi tribunali hanno sospeso i trasferimenti ai sensi del Regolamento di Dublino in attesa della sentenza preliminare della Corte di Giustizia dell’Unione europea sulla portata della clausola di sovranità e sulla sua applicazione nei casi in cui il principio di non respingimento potrebbe essere violato.
Riammissioni illegittime
Dopo la decisione del Tribunale di Roma che aveva dichiarato l’illiceità delle procedure di riammissione informale attuate al confine italiano con la Slovenia, queste procedure sono state sospese al confine orientale ma sono applicate in maniera del tutto simile nei porti adriatici. Al confine francese si registrano ancora numeri consistenti di riammissioni e respingimenti verso l’Italia.
Criminalizzazione delle ONG
Nel corso dell’anno sono state archiviate diverse indagini penali contro le associazioni umanitarie che operano a tutela dei cittadini stranieri. È il caso dell’indagine per favoreggiamento dell’immigrazione irregolare nei confronti di Linea d’Ombra, operante a Trieste, accusata di aver ospitato e aiutato una famiglia di richiedenti asilo proveniente dal confine sloveno nel raggiungere Milano, e dell’indagine avviata nei confronti degli attivisti di Rete Solidale, ONG operante a Pordenone, insieme a 9 richiedenti asilo, accusati di aver occupato un parcheggio privato per aiutare circa 70 richiedenti asilo bisognosi di alloggio, entrambe archiviate a novembre. Lo stesso è accaduto, nel gennaio 2022, per il rimorchiatore Mar Jonio, accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, che ha soccorso e trasportato 30 migranti nel 2019, e per la Ong Baobab, accusata di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare per aver aiutato 9 richiedenti asilo ad acquistare i biglietti del treno per raggiungere Ventimiglia, accuse che sono state ritenute infondate dal giudice dell’udienza preliminare del Tribunale penale di Roma con una sentenza emessa all’inizio di maggio 2022. Ancora in corso il procedimento a carico del rimorchiatore Mar Jonio, accusato di aver imbarcato i profughi della petroliera Etienne e di aver accettato una donazione in denaro.
Accoglienza straordinaria
Nonostante la riforma del 2020, il sistema di accoglienza in Italia rimane principalmente basato su centri straordinari. Alla fine del 2021, 7 richiedenti asilo su 10 erano ospitati in strutture CAS.
Hotspot
Alla fine dell’anno erano ancora attivi quattro hotspot (Taranto, Lampedusa, Pozzallo e Messina). L’ASGI ha segnalato numerose criticità alla “nuova frontiera” di Pantelleria, dove anche i migranti sbarcati vengono incanalati attraverso procedure simili a quelle degli hotspot, ed è stata espressa preoccupazione per la mancanza di misure specifiche destinate ad affrontare le questioni di genere nell’hotspot di Lampedusa. Sul fronte delle difficoltà di accesso a queste strutture, va segnalato che il TAR Sicilia ha accolto un ricorso presentato da ASGI e consentito l’accesso di una delegazione dell’associazione all’hotspot di Lampedusa a Marzo 2022.
Ucraina e Afghanistan
Il Report riporta inoltre informazioni:
sulle misure prese dal Governo italiano per quanti fuggono dal conflitto in atto in Ucraina;
sulle misure prese dai Ministeri italiani a fronte della necessità di fuga dal paese da parte delle persone a rischio a seguito della situazione creatasi in Afghanistan con la presa del potere da parte dei talebani nell’agosto 2021.
Il rapporto fa parte dell’Asylum Information Database (AIDA), una banca dati gestita dal Consiglio europeo per i rifugiati e gli esuli (ECRE), che raccoglie informazioni sulle procedure di asilo, sulle condizioni di accoglienza, sulla detenzione e sulla protezione internazionale in 23 Paesi, 19 Stati membri dell’Unione Europea (UE) (Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Germania, Spagna, Francia, Grecia, Croazia, Irlanda, Italia, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Romania, Svezia, Slovenia, Ungheria) e 4 Paesi non UE (Svizzera, Serbia, Turchia, Regno Unito). Il progetto è finanziato dal Programma europeo per l’integrazione e la migrazione (EPIM) e dal Fondo per l’asilo, la migrazione e l’integrazione dell’Unione europea (AMIF). Il rapporto, curato dall’ASGI per l’Italia, rappresenta un utile strumento di verifica dello stato dell’asilo in Italia, con l’obiettivo di favorire l’emergere di criticità così da promuovere il superamento delle stesse verso un concreto accesso alla protezione.
Si ringraziano i soci ASGI per le segnalazioni, per l’elaborazione si ringraziano Caterina Bove, Maria Cristina Romano e Olivia .
Le Associazioni: chi si presenta in Questura deve ricevere un documento che dimostri la volontà di chiedere protezione. In assenza, il richiedente asilo corre il rischio di essere allontanato o trattenuto ai fini del rimpatrio.
Ore di coda senza alcun documento che provi la tentata domanda, mancanza di mediatori e informazioni difficili da raggiungere sul sito internet. Le associazioni scrivono alla Questura che risponde, ma le difficoltà rimangono.
Nei mesi scorsi numerosi cittadini stranieri hanno segnalato agli sportelli del Naga e del Naga Har di essersi recati agli Uffici della Questura di Milano di via Cagni 15, su indicazione dell’ufficio centrale, per presentare una domanda di protezione internazionale, ma di essere stati invitati a tornare più volte, dopo ore di coda, impossibilitati a presentare la domanda. Ad alcune delle persone, gli agenti in servizio hanno riferito che l’impossibilità di accedere agli stessi uffici dipendeva anche dall’assenza di mediatori nella lingua parlata dal richiedente.
Una prima richiesta di chiarimenti alla Questura
Le difficoltà nell’accesso alla presentazione della domanda di protezione internazionale riportate agli sportelli del NAGA hanno spinto le due associazioni a scrivere alla Questura di Milano il 26 novembre 2021 ricordando che:
l’impossibilità di accedere tempestivamente alla domanda di protezione, in assenza di una prova della presentazione dell’istanza, fa sì che il richiedente non sia in grado di provare il suo status di regolarmente soggiornante e può pertanto essere allontanato dal territorio nazionale;
tutti i diritti legati allo status di richiedente la protezione internazionale (tra gli altri particolarmente rilevanti quello all’accoglienza e quello di svolgere attività lavorativa) non gli possono essere riconosciuti fino alla protocollazione della sua domanda;
l’assenza di mediatori, certamente necessari per un’adeguata informativa sulla domanda di protezione internazionale e un’adeguata assistenza al richiedente, non giustifica in alcun modo la presenza di ostacoli all’accesso alla domanda di protezione;
al fine di agevolare l’accesso alla domanda di asilo, doveva essere reso disponibile e pubblico un “calendario” in base alla disponibilità di interpreti per ogni lingua, in modo che le persone potessero sapere in che giorno presentarsi in Questura.
La risposta della Questura
In risposta alla missiva la Questura, con una lettera del 17 dicembre 2021 “è stata trasferita l’attività di ricevimento di stranieri, privi di appuntamento, che si presentano all’Ufficio Immigrazione spontaneamente per l’acquisizione di informazioni in ordine ad istanze di vario genere, tra le quali quelle di protezione internazionale, precedentemente svolta presso gli uffici di via Montebello”.
Questo trasferimento al nuovo ufficio di Via Cagni era stato realizzato “per consentire una maggiore tutela e sicurezza degli utenti e un’adeguata trattazione”.
Inoltre s’informava che era in corso di pubblicazione il calendario dei mediatori, oggi effettivamente disponibile sul sito della questura sebbene non di così immediato accesso.
Quanto all’impossibilità di accedere agli uffici al fine di presentare la domanda di protezione, la Questura riferisce nella lettera che non vi è alcuna limitazione nel numero di accessi quotidiani.
La richiesta di asilo va registrata tempestivamente
Il 1° febbraio 2022 ASGI e NAGA hanno inviato nuovamente alla Questura di Milano un’ulteriore richiesta di chiarimenti alla luce delle continue segnalazioni da parte di cittadini stranieri che, dopo diverse ore di coda, continuano a non riuscire a presentare la propria domanda di protezione.
Nella lettera le Associazioni hanno nuovamente richiesto che venga predisposta un’attestazione di presenza scritta da rilasciare a chi si presenta presso gli uffici di Via Cagni di Milano con un appuntamento per i giorni successivi al fine di formalizzare la domanda e comprovare la manifestazione della relativa volontà.
In assenza di un tale documento, il richiedente asilo non sarebbe in misura di poter provare il proprio status rimanendo pertanto esposto al rischio di essere destinatario di un provvedimento di allontanamento o di trattenimento ai fini del rimpatrio.
“Le difficoltà nell’accesso alla domanda di protezione internazionale riscontrate dai cittadini stranieri che si sono rivolti agli sportelli del Naga, che spesso si traducono in un’impossibilità di fatto di presentarla, costituiscono un grave impedimento all’accesso effettivo al diritto di asilo” ricordano le Associazioni.
“Tali ostacoli sono illegittimi perché violano il D.Lgs. 25/2008 (come noto attuativo di una Direttiva dell’UE) che, nel descrivere la procedura di riconoscimento della protezione internazionale e la relativa fase di istruttoria, sottolinea l’importanza di un tempestivo accoglimento della manifestazione della volontà di richiedere protezione internazionale e prescrive a tal fine dei precisi termini”.
Si condivide un importante decreto del 15 settembre 2021, con cui il Tribunale di Roma dichiara che il termine di 48 ore per la trasmissione della richiesta di convalida da parte della Questura al Tribunale decorre dalla manifestazione della volontà di chiedere protezione internazionale da parte del richiedente.
Un cittadino straniero è soggetto a detenzione amministrativa in CPR ai fini dell’allontanamento. Finalmente, riesce a manifestare la volontà di chiedere protezione internazionale in sede di udienza di convalida del suo trattenimento dinanzi al Giudice di Pace. Positivamente, il Giudice verbalizza la volontà del richiedente protezione internazionale. La Questura di Roma trasmette il nuovo provvedimento di trattenimento al Tribunale al fine di chiederne la convalida dopo 4 giorni dalla richiesta di asilo.
Il Tribunale di Roma, in maniera estremamente chiara, sanziona tale prassi restituendo una lettura garantista. Nel rigettare la richiesta di convalida di trattenimento del richiedente, la Giudice fa delle precisazioni ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. 186/1998 richiamato dall’art. 6 del d.lgs. 142/2015, nonché ai sensi dell’art. 13 della Costituzione. Il questore deve trasmettere la richiesta di convalida del trattenimento senza ritardo e comunque entro 48 ore dalla manifestazione di volontà di chiedere la protezione. Inoltre, come in questo caso, può anche essere espressa dinanzi al Giudice di pace nell’udienza di convalida del trattenimento a fine espulsivo. Questo laddove ribadisce un altro principio fondamentale ovvero che il richiedente protezione internazionale è tale non nel momento in cui viene formalizzata la richiesta, ma nel momento in cui manifesta la volontà di chiedere protezione[1] (ai sensi dell’art. 20, comma 2, Reg Ue 604/13) che coincide con la nascita della domanda e quindi è da tale momento dovrebbero decorrere i termini per la procedura di convalida del nuovo titolo di trattenimento. Si rammenta a tal proposito che l’applicabilità delle misure di trattenimento è evidentemente subordinata alla comunicazione entro quarantotto ore all’autorità giudiziaria del provvedimento di trattenimento . Se questa non lo convalida nelle successive 48 ore, si intende revocato e resta privo di ogni effetto, conformemente alle garanzie di cui all’articolo 13 della Costituzione.
Il decreto appare significativo alla luce delle prassi discrezionali variamente monitorate in CPR con riguardo ai tempi di formalizzazione della richiesta di protezione da cui, erroneamente, le Questure fanno conseguire l’emissione del nuovo provvedimento di trattenimento, oltre che in relazione a quest’ultimo. Infatti secondo quanto osservato sarebbe prassi delle Questure attendere la formalizzazione della richiesta, che può avvenire anche diversi giorni dopo la manifestazione di volontà e secondo modalità poco tutelanti, ai fini dell’inversione del titolo di trattenimento. Da cui anche nei casi fortunati di verbalizzazione della manifestazione di volontà da parte del Gdp, la persona permane trattenuta di fatto come cittadino straniero in attesa di allontanamento, nella discrezionalità della Questura, anche per diversi giorni, nonostante l’indubbia qualifica di richiedente protezione internazionale. Una prassi che, produce effetti importanti sull’effettivo esercizio dei diritti dei richiedenti protezione internazionale, concretizzando una illegittima violazione di diritti costituzionali primari e incidendo sulla condizione individuale.
Criticità sono state rilevate anche dal Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, che a titolo esemplificativo nel “Rapporto sulle visite effettuate nei CPR (2019-2020)” riporta come nel caso di Torino, la persona che intende chiedere asilo deve rivolgersi a uno degli operatori dell’ente gestore che, a sua volta, provvede a richiedere per la persona un appuntamento all’Ufficio Immigrazione senza fornire alcuna indicazione relativamente alla manifestazione di volontà espressa dall’interessato[2]. Per la convocazione la persona attende dai due ai tre giorni (secondo alcune testimonianze da noi rilevate potendo arrivare anche a dieci giorni) rischiando il rimpatrio, pur essendo richiedente asilo, laddove l’autorità competente non è a conoscenza della domanda e non viene rilasciata alcuna ricevuta scritta dell’avvenuta manifestazione di volontà e continuando, nonostante il suo status, ad essere privata della libertà personale in assenza di un titolo di trattenimento.
E’ in tale quadro che il Tribunale chiarisce come non sia giuridicamente rilevante il dato temporale della effettiva formalizzazione della richiesta avanti alla Questura ai sensi dell’art. 26 D.lgs. 25/2008.
Quindi, pur permanendo ulteriori importanti criticità in termini di accesso alla richiesta di protezione internazionale da parte di persone trattenute in CPR, laddove non sempre le persone sono adeguatamente informate in merito a tale possibilità e alle modalità di accesso ovvero i Giudici di Pace non verbalizzano la volontà di chiedere protezione internazionale da parte della persona trattenuta[3] o come sopra descritto non viene rilasciata alcuna ricevuta dell’avvenuta manifestazione di volontà correndo il rischio che la stessa rimanga inascoltata e non acquisita da parte delle autorità competenti, si invita a sollevare tale fondamentale profilo del rispetto dei termini previsti dalla Costituzione ai fini dell’intervento dell’autorità giudiziaria affinché si affermi un consolidato orientamento giurisprudenziale che tuteli effettivamente i richiedenti protezione internazionale assicurando il rispetto delle garanzie connesse al diritto alla libertà personale.
[3] In merito agli oneri che gravano sul Giudice di Pace con riferimento all’accesso alla richiesta di protezione internazionale, si rinvia alla sentenza della CGUE del 25 giugno 2020 nella causa C-36/20 PPU6. In tale sentenza la Corte ha precisato come una domanda d’asilo presentata ad una autorità differente da quella competente a ricevere l’istanza debba intendersi comunque idonea per l’avvio della procedura, incombendo su tale autorità l’obbligo di trasmettere la domanda all’autorità competente. Con riferimento generale alle criticità relative alla figura del Giudice di Pace si veda il Libro nero sul CPR di Torino, p. 21-23.
L’articolo è stato pubblicato il 20 gennaio 2022 sul sito del progetto Inlimine dell’ASGI.
Si condivide un importante decreto del 15 settembre 2021, con cui il Tribunale di Roma dichiara che il termine di 48 ore per la trasmissione della richiesta di convalida da parte della Questura al Tribunale decorre dalla manifestazione della volontà di chiedere protezione internazionale da parte del richiedente.
Un cittadino straniero è soggetto a detenzione amministrativa in CPR ai fini dell’allontanamento. Finalmente, riesce a manifestare la volontà di chiedere protezione internazionale in sede di udienza di convalida del suo trattenimento dinanzi al Giudice di Pace. Positivamente, il Giudice verbalizza la volontà del richiedente protezione internazionale. La Questura di Roma trasmette il nuovo provvedimento di trattenimento al Tribunale al fine di chiederne la convalida dopo 4 giorni dalla richiesta di asilo.
Il Tribunale di Roma, in maniera estremamente chiara, sanziona tale prassi restituendo una lettura garantista. Nel rigettare la richiesta di convalida di trattenimento del richiedente, la Giudice fa delle precisazioni ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. 186/1998 richiamato dall’art. 6 del d.lgs. 142/2015, nonché ai sensi dell’art. 13 della Costituzione. Il questore deve trasmettere la richiesta di convalida del trattenimento senza ritardo e comunque entro 48 ore dalla manifestazione di volontà di chiedere la protezione. Inoltre, come in questo caso, può anche essere espressa dinanzi al Giudice di pace nell’udienza di convalida del trattenimento a fine espulsivo. Questo laddove ribadisce un altro principio fondamentale ovvero che il richiedente protezione internazionale è tale non nel momento in cui viene formalizzata la richiesta, ma nel momento in cui manifesta la volontà di chiedere protezione[1] (ai sensi dell’art. 20, comma 2, Reg Ue 604/13) che coincide con la nascita della domanda e quindi è da tale momento dovrebbero decorrere i termini per la procedura di convalida del nuovo titolo di trattenimento. Si rammenta a tal proposito che l’applicabilità delle misure di trattenimento è evidentemente subordinata alla comunicazione entro quarantotto ore all’autorità giudiziaria del provvedimento di trattenimento . Se questa non lo convalida nelle successive 48 ore, si intende revocato e resta privo di ogni effetto, conformemente alle garanzie di cui all’articolo 13 della Costituzione.
Il decreto appare significativo alla luce delle prassi discrezionali variamente monitorate in CPR con riguardo ai tempi di formalizzazione della richiesta di protezione da cui, erroneamente, le Questure fanno conseguire l’emissione del nuovo provvedimento di trattenimento, oltre che in relazione a quest’ultimo. Infatti secondo quanto osservato sarebbe prassi delle Questure attendere la formalizzazione della richiesta, che può avvenire anche diversi giorni dopo la manifestazione di volontà e secondo modalità poco tutelanti, ai fini dell’inversione del titolo di trattenimento. Da cui anche nei casi fortunati di verbalizzazione della manifestazione di volontà da parte del Gdp, la persona permane trattenuta di fatto come cittadino straniero in attesa di allontanamento, nella discrezionalità della Questura, anche per diversi giorni, nonostante l’indubbia qualifica di richiedente protezione internazionale. Una prassi che, produce effetti importanti sull’effettivo esercizio dei diritti dei richiedenti protezione internazionale, concretizzando una illegittima violazione di diritti costituzionali primari e incidendo sulla condizione individuale.
Criticità sono state rilevate anche dal Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, che a titolo esemplificativo nel “Rapporto sulle visite effettuate nei CPR (2019-2020)” riporta come nel caso di Torino, la persona che intende chiedere asilo deve rivolgersi a uno degli operatori dell’ente gestore che, a sua volta, provvede a richiedere per la persona un appuntamento all’Ufficio Immigrazione senza fornire alcuna indicazione relativamente alla manifestazione di volontà espressa dall’interessato[2]. Per la convocazione la persona attende dai due ai tre giorni (secondo alcune testimonianze da noi rilevate potendo arrivare anche a dieci giorni) rischiando il rimpatrio, pur essendo richiedente asilo, laddove l’autorità competente non è a conoscenza della domanda e non viene rilasciata alcuna ricevuta scritta dell’avvenuta manifestazione di volontà e continuando, nonostante il suo status, ad essere privata della libertà personale in assenza di un titolo di trattenimento.
E’ in tale quadro che il Tribunale chiarisce come non sia giuridicamente rilevante il dato temporale della effettiva formalizzazione della richiesta avanti alla Questura ai sensi dell’art. 26 D.lgs. 25/2008.
Quindi, pur permanendo ulteriori importanti criticità in termini di accesso alla richiesta di protezione internazionale da parte di persone trattenute in CPR, laddove non sempre le persone sono adeguatamente informate in merito a tale possibilità e alle modalità di accesso ovvero i Giudici di Pace non verbalizzano la volontà di chiedere protezione internazionale da parte della persona trattenuta[3] o come sopra descritto non viene rilasciata alcuna ricevuta dell’avvenuta manifestazione di volontà correndo il rischio che la stessa rimanga inascoltata e non acquisita da parte delle autorità competenti, si invita a sollevare tale fondamentale profilo del rispetto dei termini previsti dalla Costituzione ai fini dell’intervento dell’autorità giudiziaria affinché si affermi un consolidato orientamento giurisprudenziale che tuteli effettivamente i richiedenti protezione internazionale assicurando il rispetto delle garanzie connesse al diritto alla libertà personale.
[3] In merito agli oneri che gravano sul Giudice di Pace con riferimento all’accesso alla richiesta di protezione internazionale, si rinvia alla sentenza della CGUE del 25 giugno 2020 nella causa C-36/20 PPU6. In tale sentenza la Corte ha precisato come una domanda d’asilo presentata ad una autorità differente da quella competente a ricevere l’istanza debba intendersi comunque idonea per l’avvio della procedura, incombendo su tale autorità l’obbligo di trasmettere la domanda all’autorità competente. Con riferimento generale alle criticità relative alla figura del Giudice di Pace si veda il Libro nero sul CPR di Torino, p. 21-23.
L’articolo è stato pubblicato il 20 gennaio 2022 sul sito del progetto Inlimine dell’ASGI.