Il “bonus patenti autotrasporto” non può essere riservato ai soli cittadini italiani e europei

Il Tribunale di Torino condanna il Ministero dei Trasporti, accogliendo il ricorso presentato da ASGI – Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione e da un cittadino ecuadoriano che si era visto rifiutare la domanda proprio perché straniero. Il Ministero dovrà modificare il decreto ministeriale e riaprire le domande per gli anni passati.


La vicenda nasce nel 2022 quanto il Ministero dei Trasporti, con un decreto ministeriale, aveva regolato l’assegnazione del bonus patenti autotrasporto introdotto con DL 10.9.21 n. 121, convertito con modificazioni dalla L. 156/2021 (un contributo per rimborsare le spese per acquisire la patente fino a un massimo di 2.500 euro) prevedendo che a tale bonus potessero accedere solo i cittadini italiani ed europei, anche se tale limitazione non era prevista dalla legge istitutiva.

La norma era parsa subito del tutto illegittima e ingiustificata, anche per la nota carenza che affligge il settore (e che già da tempo deve attingere ad autisti stranieri), tanto che ASGI era intervenuta presso il Ministero chiedendo la modifica del decreto, ma senza esito.

Ne è nato un contenzioso avanti il Tribunale di Torino ove ASGI ha chiesto la modifica del decreto e la riapertura dei termini per le domande e un cittadino ecuadoregno (che aveva tutti gli altri requisiti per ottenere il bonus, salvo la cittadinanza) il rimborso delle spese di scuola guida.

Il Tribunale ha accolto integralmente il ricorso ordinando al Ministero “di modificare il citato DM o comunque le comunicazioni al pubblico relativo al predetto “buono patenti autotrasporto”, eliminando il requisito della cittadinanza italiana o europea e consentendo l’accesso alla prestazione a tutti i cittadini stranieri regolarmente residenti che ne facciano richiesta, fermi tutti gli altri requisiti”, disponendo la riformulazione della graduatoria degli aventi diritto, e di provvedere altresì alla “pubblicazione del dispositivo del provvedimento sul sito istituzionale dell’amministrazione” per un periodo di 30 giorni. 

Il Tribunale ha anche condannato il Ministero al pagamento di una multa di 100 euro al giorno a decorrere dal 30° giorno successivo alla decisione, in caso di ritardo nell’adempimento.

La sentenza è provvisoriamente esecutiva, quindi ora i termini dovranno essere riaperti e gli stranieri potranno presentare domanda di rimborso, anche con riferimento agli anni pregressi.

Per approfondire

Il “Bonus Patenti” era una delle discriminazioni istituzionali di cui avevamo parlato nel rapporto “Quando discriminano le istituzioni: uguaglianza, diritti sociali, immigrazione, realizzato nell’ambito del progetto L.A.W. – Leverage the Access to Welfare, co-finanziato dall’Unione europea. Nel report vengono elencate le discriminazioni istituzionali con l’obiettivo di identificarle e di fornire gli strumenti per contrastarle.

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Per cambiare il vento – Breviario di giurisprudenza di legittimità sul trattenimento amministrativo

Archivio

Una raccolta di provvedimenti che vuole essere un utile strumento per chi s’impegna a riportare lo Stato di diritto dentro i luoghi, formali e informali, di trattenimento.

La tempesta che nel 2023 ha investito il diritto dell’immigrazione ha riportato i Centri di permanenza per il rimpatrio (C.P.R.) alla ribalta della politica nazionale. I D.L. 20/23, conv. in L. 50/23, e 124/23, conv. in L. 162/23, contengono il più ambizioso progetto di isolamento e detenzione di massa dei cittadini di Paesi terzi dell’Italia repubblicana. Un disegno tentacolare e, nelle intenzioni, totalizzante, che completa un percorso avviato 25 anni fa con l’istituzione dei Centri di identificazione ed espulsione (C.I.E.).

Contro la volontà di segregazione urge una sfida: riportare lo Stato di diritto dentro i luoghi, formali e informali, di trattenimento. La giurisprudenza di legittimità ha finalmente iniziato a soffiare in una direzione nuova, sanzionando ripetutamente decisioni inadeguate, approssimative e seriali di convalida e di proroga della restrizione.

Eccone, dunque, una rassegna (aggiornata al 2 gennaio 2024) nella forma di un taccuino annotato, sorta di breviario tascabile e fruibile brevi manu, anche – e soprattutto – in udienza. Appunti da conservare, custodire, memorizzare, come altrettante torce nel buio della detenzione amministrativa, a caccia di giustizia in luoghi in cui il giusto latita. “Quando soffia il vento del cambiamento, alcuni costruiscono muri, altri mulini a vento”. Ora servono mulini più alti dei nuovi muri.

Dr.ssa Carolina Di Luciano, Avv. Carla Lucia Landri, Avv. Irene Pagnotta, Avv. Giovanni Papotti, Avv. Maurizio Veglio

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Minori stranieri non accompagnati: Il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa richiama l’Italia ad attuare le sentenze della Corte Europea dei Diritti umani

Con un’importante decisione pubblicata il 15 marzo, il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa ha valutato che l’Italia non abbia adeguatamente attuato la sentenza della Corte Europea dei Diritti umani Darboe e Camara c. Italia e ha invitato le autorità ad adottare le misure necessarie alla sua attuazione.

In tale sentenza, del 2022, l’Italia era stata condannata per aver collocato un minore straniero non accompagnato per più di 4 mesi in un centro di accoglienza per adulti, sovraffollato e privo di strutture e assistenza sanitaria adeguate, e per averlo identificato come adulto, solo sulla base di un esame radiografico del polso e senza garantirgli la possibilità di presentare ricorso.

Nel 2023, il Governo italiano ha chiesto al Comitato dei Ministri di chiudere la procedura di supervisione della sentenza, sostenendo che siano state prese le necessarie misure per far cessare le violazioni riscontrate. 

ASGI ha inviato due comunicazioni al Comitato, evidenziando come, nell’accoglienza e nelle procedure di accertamento dell’età dei minori stranieri non accompagnati, persistano violazioni sistemiche della Convenzione Europea dei Diritti umani analoghe a quelle per cui l’Italia è stata condannata nella sentenza Darboe e Camara, e come tali violazioni siano aumentate significativamente in seguito all’entrata in vigore del decreto legge 133/23, convertito in legge 176/23. 

Nella decisione del 15 marzo 2024, il Comitato dei Ministri “prende atto con preoccupazione che la legislazione emanata nell’ottobre 2023 sembra avere notevolmente ridotto le garanzie relative alla procedura di accertamento dell’età, incluse quelle centrali nell’analisi della Corte Europea”, affermando che “sono necessarie ulteriori misure per garantire l’effettiva attuazione delle disposizioni emanate nel 2017 e per garantire che anche in situazioni di emergenza, i minori non accompagnati beneficino in diritto e in pratica della presunzione di minore età e delle garanzie minime che, in base a queste sentenze, devono accompagnare la procedura di accertamento dell’età”.

Inoltre, il Comitato dei Ministri afferma che la capacità del sistema di accoglienza dei minori non accompagnati “rimane largamente insufficiente e che sono quindi necessarie ulteriori misure per garantire che i minori non accompagnati che arrivano in Italia siano collocati in strutture dedicate e in condizioni adeguate o beneficino di altre sistemazioni adeguate alle loro esigenze di minori, e quindi rispondenti al loro superiore interesse, incluso nel periodo di attesa dell’esito delle procedure di accertamento dell’età”.

Il Comitato “sottolinea fermamente che l’obbligo delle autorità di attenersi alla sentenza della Corte in Darboe e Camara include la prevenzione di ulteriori violazioni del divieto assoluto di trattamenti inumani o degradanti, che non ammette eccezioni o deroghe neanche in situazioni di emergenza; ha quindi espresso la profonda preoccupazione per la legislazione emanata alla fine del 2023 che ha invece fornito la base giuridica per collocare i migranti non accompagnati di età superiore ai 16 anni in strutture per adulti, per periodi fino a 150 giorni” e ha invitato le autorità a “risolvere le carenze nell’osservanza delle garanzie procedurali minime durante le procedure di accertamento dell’età”.

Alle autorità viene richiesto di fornire informazioni sulle misure adottate per affrontare questi problemi entro il 15 settembre 2024, in vista del prossimo esame dell’attuazione della sentenza da parte del Comitato dei Ministri.

I casi in esame riguardano il mancato rispetto da parte delle autorità delle garanzie minime previste a tutela dei minori stranieri non accompagnati, in particolare durante le procedure di accertamento dell’età, in relazione alle condizioni del loro soggiorno e al loro collocamento nei centri di accoglienza per adulti; nonché in relazione all’inefficacia o l’indisponibilità degli strumenti di tutela.

Per quanto riguarda le misure individuali

Il Comitato ha esortato le autorità a pagare, senza ulteriori indugi, il risarcimento assegnato dalla Corte al sig. Diakitè per il danno non patrimoniale e le spese processuali e ad informare di conseguenza il Comitato.

Per quanto riguarda le misure generali

Preso atto delle informazioni sulla riforma del 2017 sull’accertamento dell’età nel contesto migratorio, che la Corte ha ritenuto rispondere ai più alti standard internazionali, inclusi quelli stabiliti nella raccomandazione pertinente del Comitato dei Ministri agli Stati membri; preso atto con preoccupazione che la legislazione emanata nell’ottobre 2023 sembra avere notevolmente ridotto le garanzie relative alla procedura di accertamento dell’età, incluse quelle centrali nell’analisi della Corte Europea in questi casi;

Considerato, alla luce delle informazioni disponibili, che sono necessarie ulteriori misure per garantire l’effettiva attuazione delle disposizioni emanate nel 2017 e per garantire che anche in situazioni di emergenza, che i minori non accompagnati beneficino in diritto e in pratica della presunzione di minore età e delle garanzie minime che, in base a queste sentenze, devono accompagnare la procedura di accertamento dell’età;

Riconosciuti gli sforzi compiuti dalle autorità italiane per aumentare la capacità di accoglienza dei minori non accompagnati, si nota con preoccupazione che questa capacità rimane largamente insufficiente e che sono quindi necessarie ulteriori misure per garantire che i minori non accompagnati che arrivano in Italia siano collocati in strutture dedicate e in condizioni adeguate o beneficino di altri accordi assistenziali adatti alle loro esigenze di bambini e ragazzi, e quindi rispondenti al loro migliore interesse, anche nel periodo di attesa dell’esito delle procedure di accertamento dell’età;

In questo contesto, il Comitato ha sottolineato fermamente che l’obbligo delle autorità di attenersi alla sentenza della Corte in Darboe e Camara include la prevenzione di ulteriori violazioni dell’assoluto divieto di trattamenti inumani o degradanti, che non ammette eccezioni o deroghe anche in situazioni di emergenza; ha quindi espresso la profonda preoccupazione per la legislazione emanata alla fine del 2023 che ha invece fornito la base giuridica per collocare i migranti non accompagnati di età superiore ai 16 anni in strutture per adulti, per periodi fino a 150 giorni;

Per quanto riguarda i rimedi interni, il Comitato ha richiesto alle autorità di indicare rapidamente se e quali vie legali sono disponibili nel diritto interno per i migranti minori non accompagnati che vogliano intentare una causa legale e ottenere un risarcimento in relazione alle loro condizioni di accoglienza; il Comitato ha ritenuto che la disponibilità ed efficacia di strumenti di tutela durante le procedure di accertamento dell’età dipenda dall’azione delle autorità che devono risolvere le carenze nell’osservanza delle garanzie minime durante queste procedure;

Le autorità sono tenute a fornire informazioni sulle misure aggiuntive adottate e previste per affrontare le questioni sopra menzionate e le altre questioni delineate nell’analisi preparata dal Segretariato per il presente  esame entro il 15 settembre 2024; si è deciso di riprendere la valutazione  dei casi in una delle riunioni sui Diritti Umani nel 2025.


Ansa, 15 marzo 2024: Italia ancora sorvegliata speciale per i diritti dei migranti minorenni

Minori stranieri non accompagnati e prima accoglienza in Italia

I minori, appena giunti sul nostro territorio hanno diritto al permesso di soggiorno per minore età (art. 32 D.Lgs. 286/98) e ad essere accolti nei centri a ciò deputati dal Ministero dell’Interno fino al raggiungimento della maggiore età. La legge italiana vieta espressamente il trattenimento dei minori stranieri non accompagnati nei centri di permanenza per il rimpatrio, negli hotspot e nei centri governativi di prima accoglienza (D.Lgs. 142/2015).

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Tribunale di Torino: il permesso attesa occupazione dà diritto all’AUU

famiglia minori
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Il Tribunale di Torino, con sentenza del 1 marzo 2024, ha confermato quanto già deciso dal Tribunale di Trento con sentenza del 19 settembre 2023: i titolari e le titolari di permesso per attesa occupazione possono usufruire dell’Assegno Unico Universale.

Nonostante la pronuncia di Trento che, in maniera chiara e incontrovertibile, ha ordinato all’INPS la modifica della circolare n. 23/2022  indicando tra gli aventi diritto all’AUU anche i titolari di permesso di soggiorno per attesa occupazione, l’Istituto insiste nella sospensione della misura alle titolari di tale permesso.

Non è chiaro perché l’INPS non si sia ancora adeguato a tale pronuncia, dato che essa avrebbe effetti erga omnes: il Tribunale di Trento ha infatti ordinato la revisione di tutti i provvedimenti di rigetto o di sospensione adottati (In tutta Italia) nei confronti dei titolari di permesso per attesa occupazione.

Il Tribunale di Torino, pur non riconoscendo (inspiegabilmente!) la discriminazione, ha accolto il ricorso di due cittadine senegalesi residenti in Italia da 14 anni.

Secondo il giudice torinese sussiste il diritto a percepire l’Assegno Unico Universale delle titolari del permesso per attesa occupazione in quanto tale permesso è qualificabile come mera species del permesso unico di lavoro e dunque, ai sensi dell’art. 3 d.lgs. 230/2021, rientra tra i requisiti soggettivi per poter accedere alla misura.

Come emerge chiaramente dalle disposizioni di cui all’art. 22 del TUI, nel caso di perdita temporanea dell’occupazione il cittadino straniero non appartenente ad un Paese dell’Unione Europea non subisce la revoca del permesso di soggiorno per lavoro subordinato, di cui dispone, ma conserva la facoltà di soggiornare regolarmente nel territorio dello Stato per un periodo non inferiore ad un anno ovvero per tutto il periodo di durata della prestazione di sostegno al reddito da lui percepita.

ASGI invita tutte le cittadine e i cittadini extra UE titolari di permesso per attesa occupazione a cui sia stato sospeso o rigettato l’AUU a scrivere all’INPS per richiedere la riattivazione della misura alla luce delle pronunce dei Tribunali di Trento e di Torino

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La Corte Costuzionale conferma: il giudice civile può ordinare la modifica di atti amministrativi discriminatori

Decisivo passo avanti della tutela antidiscriminatoria a fronte di “discriminazioni istituzionali”: la Corte Costituzionale sancisce il potere del giudice civile di ordinare alla PA la modifica di atti amministrativi discriminatori, anche aventi efficacia generale.

Della sentenza 15/2023 abbiamo altrove riferito per quanto riguarda gli effetti sulla legge regionale del Friuli che da anni richiedeva “documenti aggiuntivi” ai cittadini stranieri per accedere a tutti gli strumenti di sostegno pubblico all’abitare (graduatorie per gli alloggi ERP, fondo per il contributo affitti, mutui agevolati): la Corte, ribadendo i principi già affermati nella sentenza n. 9/2021 ha dichiarato l’incostituzionalità della norma, facendo riferimento, in questo caso, ai soli titolari di permesso di lungo periodo perché l’eccezione era stata sollevata limitatamente a questa categoria di stranieri (le argomentazioni della Corte fanno comunque leva anche sulla irragionevolezza della norma e si prestano quindi ad essere applicate a tutti gli stranieri, come peraltro aveva fatto la sentenza n. 9 cit.).

Nella stessa sentenza la Corte ha deciso anche il “ricorso per conflitto di attribuzioni” sollevato dalla Regione Friuli contro il Tribunale di Udine in relazione a un’altra pronuncia, avente il medesimo oggetto (i “documenti aggiuntivi”) nella quale il giudice aveva ordinato alla Regione la modifica del Regolamento in materia.

Con il ricorso la Regione aveva formulato alla Corte due domande gradate: con la prima aveva chiesto alla Corte di affermare che non spetta al giudice ordinario ordinare la modifica di un Regolamento, configurandosi altrimenti una invasione del potere giudiziario nella sfera di autonomia riservata alla Regione e alla PA; con la seconda aveva chiesto, in subordine, di affermare che tale potere non spetta nel caso specifico perche il Regolamento era meramente riproduttivo della norma di legge regionale e dunque il giudice  avrebbe dovuto sollevare previamente la questione di costituzionalità della norma di legge riprodotta nel regolamento.

Nel giudizio è intervenuta ASGI (che era parte nel giudizio in cui era stato emesso l’ordine, ma non era ovviamente parte del conflitto di attribuzione che riguardava un potere dello Stato e una Regione) e l’intervento è stato ammesso.

La Corte ha accolto la domanda subordinata, rilevando che l’ordine di modifica di un Regolamento riproduttivo di una norma di legge avrebbe imposto alla Regione di adottare e applicare una norma regolametare difforme da una legge e che la disapplicazione della legge per contrasto con il diritto dell’Unione, se è consentita e anzi doverosa al fine di far conseguire al singolo il bene garantito appunto dal diritto eurounitario, tuttavia non è consentita al fine di ottenere il “rimedio generale” previsto dalla azione civile contro la discriminazione ex art. 28 dlgs 150/2011 cioè l’ordine di rimozione della norma regolamentare (ed è qiesto il punto rispetto al quale la sentenza merita ulteriori riflessioni).

La Corte ha invece respinto espressamente la prospettazione principale con argomentazioni molto incisive relative all’atto amministrativo discriminatorio e ai poteri di rimozione del giudice, spazzando via le perplessità che ancora oggi si palesano talvolta nei Tribunali e nelle Corti.

In particolare secondo la Corte “la pienazza della tutela speciale così costruita dal legislatore (cioè con l’art. 28 cit.) si estende sino a consentire al giudice ordinario – pur senza tratteggiare l’attribuzione, ai sensi dell’art. 113, terzo comma, Cost. di un eccezionale potere di annullamento degli atti amministrativi – di pronunciare sentenze di condanna nei confronti della PA per avere adottato atti discriminatori, dei quali può ordinare la rimozione”. E ancora “la logica sottesa alla scelta compiuta dal legidslatore  con l’art. 28, comma 5, dlgs 150/2011 è … consentire al giudice ordinario, accertato il carattere discriminatorio della norma regolamentare, di ordinarne la rimozione, poiché altrimenti essa, per la sua naturale capacità di condizionare l’esercizio della attività amministrativa, potrà determinare l’insorgere di ulteriori e indefinite discriminazioni identiche o analoghe a quelle sanzionate in giudizio.” La strada aperta da ASGI con un ampio contenzioso contro la “discriminazione istituzionale” resta dunque aperta e riceve anzi una conferma autorevolissima che, si spera, non potrà più tornare in discussione.

Foto di KATRIN BOLOVTSOVA da Pexels

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Il giudice di Catania: a Cifali minori trattenuti illegalmente. L’ASGI è legittimata a tutelarli

A seguito di presentazione di ricorso d’urgenza da parte di ASGI, il Tribunale di Catania riconosce l’illegittima privazione della libertà personale dei minori presso l’hotspot di Contrada Cifali e la legittimazione ad agire di ASGI.

L’hotspot di Contrada Cifali è considerato un’estensione dell’Hotspot di Pozzallo, nato come struttura durante la Primavera Araba dati i numerosi arrivi dal nord Africa, successivamente utilizzata per la quarantena durante la Pandemia Covid-19. Una struttura quindi destinata da gennaio 2023 alla presenza di minori stranieri non accompagnati collocati in questo luogo dopo essere stati identificati e foto-segnalati in altri Hotspot (principalmente di Lampedusa e Pozzallo). 

L’azione, condotta nell’ambito del progetto Inlimine di ASGI, nasce da due sopralluoghi presso l’hotspot di Contrada Cifali realizzati dall’associazione, durante i quali ha rilevato la presenza, in stato di trattenimento, di oltre 100 minori stranieri non accompagnati. La detenzione sine titulo è confermata anche dalla pubblica amministrazione, laddove in riscontro ad accesso civico, rappresenta che per l’uscita dalla struttura si rende necessaria la nomina dei tutori. 

Nello specifico durante la visita di una delegazione della scuola di Asgi del mese di giugno 2023, emerge come circa 100 minori non siano autorizzati ad uscire dalla struttura. L’ente gestore riferisce alla delegazione che i minori permangono nell’hotspot dai 55 ai 120 giorni compiendo spesso la maggiore età durante la permanenza. I minori stranieri non accompagnati sono quindi illegittimamente soggetti ad una condizione di isolamento sociale e di privazione della libertà personale de facto per diversi mesi (fino a 3/4 mesi), in condizioni materiali di permanenza inadeguate e in assenza delle garanzie previste a tutela degli stessi. 

Una condizione in contrasto con la normativa italiana che relativamente alla situazione, particolarmente delicata, dei minori stranieri non accompagnati prevede che questi non possano essere trattenuti o accolti presso i centri di cui agli articoli 6 e 9 del D.Lgs. 142/2015 (art. 19, comma 4 D.L.gs. 142/2015). 

Il 24 novembre 2023 è stato quindi presentato ricorso d’urgenza al Tribunale di Catania, a nome dell’Associazione ai sensi dell’art. 19 della L. 47/2017 come ente di tutela per la cessazione dello stato di trattenimento de facto in cui si trovano i minori non accompagnati presso l’hotspot di Contrada Cifali. 
A seguito della notifica del ricorso e del decreto di fissazione udienza, l’Avvocatura ha comunicato di aver spostato tutti i minori nell’hotspot di Pozzalloal fine di garantire loro migliori condizioni di accoglienza”. 
Tant’è che quando la delegazione ASGI ha fatto nuovamente ingresso nell’hotspot di Contrada Cifali il giorno 17 gennaio 2024 la struttura è risultata vuota e chiusa per lavori di ristrutturazione.

Con ordinanza del 5 febbraio 2024, il tribunale di Catania, da un lato dichiara illegittima la condotta tenuta dal Ministero e, dall’altro, riconosce che in base ad una interpretazione analogica dell’art. 19 l. 47/2017 sussiste la legittimazione attiva di ASGI ad agire a tutela dei minori in qualità di ente di tutela.

Ammettere il potere di azione delle associazioni anche in casi analoghi a quelli previsti dalla legge risulta coerente con la Carta costituzionale sempre che l’Associazione de qua abbia (ed è il caso dell’ASGI) nel suo oggetto sociale l’effettivo e non occasionale impegno a favore della tutela di determinati interessi diffusi o superindividuali e abbia detta protezione come compito istituzionale ed inoltre sempre che vi sia conseguenza tra gli scopi dell’associazione e la lezione che si intende contrastare con l’azione giudiziaria.”, scrive il giudice.

Un principio importante che permette di tutelare i minori stranieri detenuti illegittimamente anche laddove si trovino in una condizione, forzata, di totale isolamento, di privazione della libertà personale e di difficoltà di contatto con il mondo esterno e di accesso alla tutela legale. 

Immagine di Thomas Breher da Pixabay

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Il “Caso Lodi” sui contributi affitti in FVG: incostituzionale chiedere documenti aggiuntivi ai soli stranieri

La Corte Costituzionale, con sentenza 15/2024 depositata oggi, ha dichiarato incostituzionale l’art. 29 , comma 1bis L.R. 1/2016 nella parte in cui prevede che i cittadini stranieri debbano presentare documenti aggiuntivi attestanti l’assenza di proprietà di alloggi nei paesi di origine e di provenienza, diversi e aggiuntivi rispetto a quelli che devono presentare i cittadini italiani.

Finisce così la lunga battaglia condotta dalla regione Friuli Venezia Giulia contro i cittadini stranieri nella quale sono state innumerevoli le decisioni favorevoli da parte dei tribunali già prima di questa sentenza per coloro che hanno presentato ricorso contro la richiesta di documenti aggiuntivi per avere contributi regionali per pagare l’affitto  (ad oggi almeno una ventina, con rilevanti spese a carico della finanza regionale). A seguito di ciò, la regione Friuli Venezia Giulia era stata obbligata a modificare il regolamento regionale già lo scorso anno, ma aveva comunque impugnato tutte le sentenze in appello e in Corte di Cassazione. Oggi tutti questi giudizi devono considerarsi definitivamente risolti.

La sentenza, pur derivando da una causa nella quale si discuteva del solo “contributo affitti”, riguarda una norma che trova applicazione anche all’accesso all’abitazione che quindi già ora deve essere garantito in modo paritario a tutti gli stranieri.

Va sottolineato, infine, che sebbene la decisione della Corte costituzionale sia stata assunta nei confronti di persone straniere titolari di permesso di lungo periodo (cioè il permesso a tempo indeterminato), essa rechi argomentazioni estensibili anche a chi è titolare di altri permessi come quello per famiglia o per lavoro per i quali il diritto dell’Unione europea prevede una disposizione del tutto analoga a quella applicabile ai soggiornanti di lungo periodo.

ASGI esprime soddisfazione per la pronuncia, ricordando l’importanza del principio di non discriminazione per l’attuazione di politiche sociali volte a promuovere i valori dell’inclusione e della coesione sociale, quali beni dell’intera collettività e  che richiedono dunque misure centrate sulla risposta alle effettive situazioni di bisogno, senza distinzioni fondate direttamente o indirettamente sulla nazionalità dei beneficiari.

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Casa, finisce il “Caso Lodi” in FVG: incostituzionale chiedere documenti aggiuntivi ai soli stranieri

La Corte Costituzionale, con sentenza 15/2024 depositata oggi, ha dichiarato incostituzionale l’art. 29 , comma 1bis L.R. 1/2016 nella parte in cui prevede che i cittadini stranieri debbano presentare documenti aggiuntivi attestanti l’assenza di proprietà di alloggi nei paesi di origine e di provenienza, diversi e aggiuntivi rispetto a quelli che devono presentare i cittadini italiani.

Finisce così la lunga battaglia condotta dalla regione Friuli Venezia Giulia contro i cittadini stranieri mediante la richiesta di documenti aggiuntivi per avere contributi regionali per pagare l’affitto o per accedere agli alloggi pubblici. Nel corso del lungo contenzioso erano già intervenute numerose decisioni favorevoli da parte dei tribunali già prima di questa sentenza (ad oggi almeno una ventina, con rilevanti spese a carico della finanza regionale). A seguito di ciò, la regione Friuli Venezia Giulia era stata obbligata a modificare il regolamento regionale già lo scorso anno, ma aveva comunque impugnato tutte le sentenze in appello e in Corte di Cassazione. Oggi tutti questi giudizi devono considerarsi definitivamente risolti.

La sentenza, pur derivando da una causa nella quale si discuteva del solo “contributo affitti”, riguarda una norma che trova applicazione anche all’accesso all’abitazione che quindi già ora deve essere garantito in modo paritario a tutti gli stranieri.

Va sottolineato, infine, che sebbene la decisione della Corte costituzionale sia stata assunta nei confronti di persone straniere titolari di permesso di lungo periodo (cioè il permesso a tempo indeterminato), essa rechi argomentazioni estensibili anche a chi è titolare di altri permessi come quello per famiglia o per lavoro per i quali il diritto dell’Unione europea prevede una disposizione del tutto analoga a quella applicabile ai soggiornanti di lungo periodo.

L’ASGI ha seguito la vicenda sin dalla presentazione della bozza di riforma regionale sulle politiche abitative presentato nel 2019, denunciandola come un nuovo “Caso Lodi”, un’altra triste vicenda di discriminazione che aveva portato la città lombarda alla ribalta nazionale, perché bambini e bambine furono divisi tra chi mangiava in mensa e chi no, tra chi saliva sullo scuola bus e chi andava a piedi, a causa di un regolamento che aveva introdotto per le famiglie straniere richieste simili a quelle inserite in Friuli Venezia Giulia. Regolamento comunale anch’esso dichiarato illegittimo.

L’Associazione ricorda l’importanza del principio di non discriminazione per l’attuazione di politiche sociali volte a promuovere i valori dell’inclusione e della coesione sociale, quali beni dell’intera collettività e che richiedono dunque misure centrate sulla risposta alle effettive situazioni di bisogno, senza distinzioni fondate direttamente o indirettamente sulla nazionalità dei beneficiari.

Foto di Tima Miroshnichenko da Pexels

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Trasporto e mensa gratuiti solo ai bambini italiani: il Comune condannato a risarcire le associazioni

La vicenda nasce nel 2022 quando Il Comune di Montorio al Vomano, provincia di Teramo, aveva previsto l’esenzione totale dal contributo per trasporto scolastico e mensa per le sole famiglie residenti nel Comune con almeno un genitore di cittadinanza italiana o europea; aveva avuto rilievo altresì sulla stampa nazionale per essere il sindaco della cittadina abruzzese anche consigliere regionale lombardo.

Contro la delibera avevano proposto ricorso ASGI e ARCI ABRUZZO E MOLISE.

Solo nel corso del giudizio il Comune aveva poi revocato la delibera e ammesso all’esenzione anche le famiglie straniere senza però mai precisare se nel frattempo qualche famiglia straniera aveva pagato il contributo e difendendo comunque il contenuto dell’originaria formulazione sulla base dell’asserita disponibilità del comune a fornire agli stranieri “altri aiuti”.

Il giudice ha riconosciuto, dopo aver riconosciuto la legittimazione attiva anche di ARCI (pur non essendo quest’ultima iscritta nell’elenco della associazioni legittimate ex art. 5 dlgs 215/03), la assoluta illegittimità dell’originaria delibera e di conseguenza ha ordinato al Comune di restituire i contributi eventualmente pagati, nelle more della revoca, dalle famiglie straniere, condannando inoltre il Comune a risarcire il danno nella misura di 1000 euro per ciascuna associazione ricorrente oltre alle spese legali, nonché alla pubblicazione sul giornale Il Centro e sul sito del Comune.

Resta solo da sperare che l’onere per una condotta cosi palesemente illegittima possa poi ricadere, eventualmente tramite un intervento del giudice contabile, sugli amministratori che hanno adottato una delibera cosi palesemente illegittima e non sul bilancio comunale.

La sentenza

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Accesso all’asilo e all’accoglienza: giurisprudenza e formazioni per contrastare le prassi illegittime della PA

Puzzle

Ecco una raccolta di strumenti tra cui giurisprudenza e formazioni al fine di attivare azioni giudiziali e stragiudiziali per il riconoscimento dei diritti delle persone straniere di fronte alla Pubblica Amministrazione.

Negli ultimi anni, ASGI ha riscontrato una sempre maggiore difficoltà per le persone straniere nell’accesso agli uffici preposti a raccogliere domande e documenti per vivere regolarmente in Italia. In tutto il territorio italiano si registrano numerose prassi illegittime da parte della Pubblica Amministrazione, tra cui lunghissimi tempi di attesa per il rilascio dei permessi di soggiorno raggiungendo gli 8-12 mesi, richieste di documentazione aggiuntiva non previste dalla normativa vigente, mancato accesso alle procedure e all’accoglienza per chi richiede asilo. Tutto ciò ostacola l’esercizio dei diritti fondamentali delle persone straniere, quali per esempio l’accesso alla protezione internazionale, al soggiorno regolare, all’iscrizione anagrafica, al lavoro, alle prestazioni sociali e alle cure sanitarie.

Attraverso lз propriз sociз e le sezioni territoriali, ASGI promuove regolarmente azioni di contrasto alle prassi illegittime individuate nei rispettivi territori, portando avanti iniziative di denuncia, azioni giudiziali e stragiudiziali e organizzando formazioni sul tema. 

Al fine di facilitare la presentazione di ulteriori azioni per il riconoscimento dei diritti delle persone straniere di fronte alla Pubblica Amministrazione, riteniamo sia utile la condivisione di giurisprudenza e formazioni raccolte in questi anni. Mettiamo i materiali a disposizione di avvocatз e operatorз legali pubblicandoli online, suddivisi per temi. 

La pagina che pubblichiamo oggi è dedicata all’accesso alla protezione internazionale e all’accoglienza dei richiedenti asilo

Si tratta di un lavoro in itinere, che potrà arricchirsi di nuovo materiale, ma anche di nuovi strumenti che la collaborazione tra sociз – ma non solo – potrà portare alla luce, nella ricerca di forme di contrasto alle prassi illegittime della Pubblica Amministrazione sempre più efficaci.

Vi invitiamo a segnalarci ulteriori pronunce o materiali utili al contrasto delle prassi illegittime di Questure e Prefetture relativamente all’accesso alle procedure d’asilo e all’accoglienza inviandoli all’indirizzo s.ariello@asgi.it accompagnati da un brevissimo commento che ne spieghi la rilevanza.

La pagina contenente materiali destinati esclusivamente allз sociз ASGI è protetta da password, comunicata il 21 dicembre 2023 tramite newsletter interna a tutte le persone associate. Se siete sociз e non avete ricevuto la password potete scrivere a info@asgi.it o f.russo@asgi.it.

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