Con familiari e sopravvissuti alla Strage di Cutro, tre giorni a Crotone per non dimenticare

Il programma dei tre giorni di denuncia e memoria attorno alla Stragedi Cutro. Dal 24 al 26 di febbraio sport inclusivo, iniziative artistiche, corteo/dibattito e fiaccolata in spiaggia. Continuiamo a batterci per i diritti umani, chiedendo verità e giustizia

Cinquanta tra familiari dei naufraghi e sopravvissuti alla Strage di Steccato di Cutro saranno a Crotone dal 24 al 26 febbraio. Rete 26 febbraio: “Tre giorni insieme a loro per denunciare e non dimenticare

Circa cinquanta (ma i numeri sono in aggiornamento) tra familiari delle vittime e superstiti della Strage di Steccato di Cutro torneranno a Crotone per ricordare l’incubo di quel naufragio del 26 febbraio 2023. Da allora venti corpi non sono più stati trovati, e fra chi è riuscito ad arrivare a terra ancora a qualcuno non è stato riconosciuto lo status di rifugiato, né sono stati attuati i corridoi umanitari promessi. Per questo, per loro e insieme a loro, come Rete composta da oltre 400 realtà e associazioni, abbiamo organizzato tre giorni intensi e con diverse iniziative, dal 24 al 26 febbraio, per ricordare quella che già lo scorso anno denunciammo essere stata l’ecatombe dei diritti umani davanti alle nostre coste e per evidenziare, ancora una volta, le assurde politiche europee dei respingimenti e del diritto di asilo sempre più compromesso.  Tre giorni tra sport inclusivo, musica e denuncia per sensibilizzare e coinvolgere quanta più popolazione possibile.

Iniziamo il 24 febbraio con due eventi. Alle 10.30 il “Friendly match”, partita di calcio antirazzista, senza distinzione di genere, nello stadio “Ezio Scida” organizzata in collaborazione con ResQ People Saving People e con il patrocinio del Crotone FC, aperta ugualmente alla partecipazione di uomini, donne e giovani. Mentre a partire dalle 16, al Museo di Pitagora sarà inaugurata la mostra fotografica “I sogni attraversano il mare”, a cura di Giuseppe Pipita, reporter de Il Crotonese, tra i primi cronisti ad arrivare sulla spiaggia la mattina della Strage. A seguire la piéce teatrale “La renaissance des filles afghanes”, a cura della compagnia Théâtre de Mahoor formata dalla comunità afghana residente in Italia.

Domenica 25 febbraio si parte alle 15 da piazzale Nettuno, in cammino per il centro di Crotone “PER NON DIMENTICARE”. Si farà tappa davanti al PalaMilone, che lo scorso anno diventò la camera ardente dei naufraghi e si concluderà al Museo di Pitagora dove ci sarà un dibattito con interventi di familiari e superstiti insieme ad associazioni, attivisti e ong. Sempre negli spazi del museo sarà possibile firmare l’Iniziativa dei Cittadini Europei (Ice) “stop border violence” che chiede la corretta applicazione dell’art.4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue che proibisce qualsiasi tipo di tortura o trattamento inumano ai confini dell’Europa e vi sarà inoltre l’esposizione artistica del progetto “Mare rosso”.

Per finire, tutte e tutti insieme, ci ritroveremo e ci stringeremo attorno ai familiari dei naufraghi e ai sopravvissuti alle 4 del mattino di lunedì 26 febbraio sulla spiaggia di Steccato di Cutro, nella fiaccolata promossa dalla redazione di “Crotone News”.

Dopo di che saranno proprio i testimoni del dolore della Strage a chiudere questa tre giorni. Alle 9, al Museo di Pitagora, conferenza stampa di familiari e sopravvissuti che racconteranno le loro storie e la loro denuncia contro le politiche europee e l’inerzia consapevole del governo italiano che hanno causato questo disastro.

Tutto questo programma, gli eventi, che insieme ai familiari e ai superstiti sono stati immaginati e realizzati sono ispirati e guidati da richieste e rivendicazioni chiare: corridoi umanitari; politiche migratorie efficienti e concrete, rispettose dei diritti umani universali, della dignità di tutti, in particolare di chi fugge da conflitti, catastrofi ambientali e umanitarie, contesti di gravi crisi sociali ed economiche, persecuzioni. Chiediamo politiche di accoglienza strutturate e non emergenziali; la cessazione di ogni forma di criminalizzazione dei migranti e della solidarietà e lo stop all’industria delle armi, che alimenta e spesso crea le condizioni alla base di guerre e conflitti. I valori che animano la mobilitazione sono quelli ispirati dalla nostra Costituzione, che ci obbliga al rispetto dei diritti e della dignità per tutte e tutti, senza alcuna distinzione di genere, lingua, nazionalità, religione, opinioni politiche, orientamento sessuale, condizioni personali e sociali.

Per informazioni e per aderire alla mobilitazione e alla Rete si prega di scrivere a reteventiseifebbraio@gmail.com

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Cipro: le associazioni a fianco di Kisa, basta attacchi, lo spazio civico va difeso

Bandiera dell'Unione europea e bandiera di Cipro

ASGI aderisce al comunicato con cui oltre 40 organizzazioni di tutta Europa chiedono l’intervento delle autorità di Cipro e dell’Unione europea contro gli attacchi alla ONG Kisa.

All’alba del 5 gennaio 2024, l’ufficio della organizzazione non governativa KISA (Action for Equality, Support and Antiracism) a Nicosia (Cipro) è stato oggetto di un attacco esplosivo da parte di ignoti. Gran parte della struttura ha subito ingenti danni senza – fortunatamente – conseguenze fisiche per i membri dell’ONG. L’organizzazione ritiene che la matrice dell’attacco sia da individuare nel circuito di associazioni che cavalcano i sentimenti xenofobi che si sono diffusi negli ultimi anni in maniera particolarmente preoccupante nel Paese. Basti ricordare le diverse denunce sporte da alcuni membri dell’organizzazione che sono stati oggetto di minacce e violenze e  le numerose iniziative giudiziarie che hanno riguardato l’ex direttore esecutivo della organizzazione, Doros Polykarpou, criminalizzato per aver esercitato condotte di assistenza alle persone straniere presenti nell’isola. Il clima di tensione che circonda le attività delle organizzazioni che si occupano di difesa dei diritti umani a Cipro è ulteriormente testimoniato dall’approvazione, nell’agosto del 2020, di una legge che ha introdotto nuovi adempimenti amministrativi per le organizzazioni registrate. A seguito di questa iniziativa legislativa,  KISA è stata cancellata dall’elenco delle organizzazioni riconosciute e per questo incontra gravi difficoltà ad operare ed agire il proprio mandato.

Kisa, come descritto nella mission nel sito, è un’organizzazione fondata nel 1998. Si batte per una società laica, onnicomprensiva e diversificata, che aderisca allo stato di diritto, rispetti i diritti e promuova la partecipazione attiva e paritaria di tutti i suoi membri nelle varie sfere della vita, a prescindere da razza, nazionalità o etnia, colore della pelle, religione o credo, genere, orientamento o identità sessuale, età, incapacità, status migratorio o qualsiasi altra diversità. 

Rappresenta per ASGI un partner strategico in relazione al monitoraggio e supporto che l’organizzazione ha svolto e svolge relativamente al tema dei respingimenti via mare delle navi in partenza dalla coste del Libano. Con il supporto di Euromed Rights e CLDH (Lebanese Centre for Human Rights) hanno promosso interessanti azioni di contenzioso anche presso la Corte europea dei diritti dell’uomo per far dichiarare la violazione dell’art. 3 e 4 protocollo 4 della Convenzione. 

A distanza di alcune settimane dall’attentato PICUM con un comunicato sottoscritto da oltre 40 organizzazioni locali ed europee ribadiscono la sostanziale inazione da parte delle autorità cipriote sia in termini di aggiornamento sullo stato delle indagini che di protezione effettiva accordata ai componenti dell’organizzazione che rimangono esposti a una situazione di pericolo.  Avanza pertanto precise richieste alle autorità cipriote per garantire pieno supporto alle vittime, oltre ad una pubblica condanna di quanto accaduto e a precise garanzie circa le modalità di conduzione delle indagine e di persecuzione del reato. Chiede inoltre alle istituzioni europee, oltre alla condanna di quanto accaduto, di richiamare le istituzioni cipriote al loro dovere di perseguire il fatto e a monitorare la condizione di criminalizzazione alla quale le organizzazioni non governative sono spesso esposte in relazione al loro mandato. 

Il Comunicato delle associazioni – 41 organisations call on the Cypriot authorities to take action to stop the escalating harassment and attacks against KISA and protect civic space in Cyprus

Foto da Pexels

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Scheda ASGI: il permesso di soggiorno UE di lungo periodo

Freccia sull'asfalto e persone che camminano

La presente scheda ASGI fornisce un’informativa aggiornata sull’acquisizione del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo.

Lo status di soggiornante di lungo periodo è uno status permanente, che comporta il diritto al rilascio di un permesso di soggiorno di durata decennale automaticamente rinnovabile. Ne hanno diritto le persone con cittadinanza di paesi terzi e gli apolidi che siano regolarmente e continuativamente soggiornanti da almeno cinque anni sul territorio di un singolo Stato Membro (diverso da Danimarca, e Irlanda), in  presenza di determinati requisiti, che costituiscono indici di integrazione e radicamento effettivo sul territorio. 

Il numero dei titolari di questa tipologia di permesso in Italia è aumentato in percentuale nel corso degli anni.  Dagli ultimi dati Istat disponibili, al 1° gennaio 2022 avevano un regolare permesso di soggiorno in Italia 3.561.540 cittadini non comunitari e di questi 2.341.857 un permesso di soggiorno di lungo periodo (PSUE).

Lo status dei cittadini di paesi terzi soggiornanti di lungo periodo è disciplinato dalla Direttiva n. 2003/109/CE del 25 Novembre 2003 (da qui anche “la Direttiva”), recepita dall’Italia con il d. lgs. 8 gennaio 2007 n. 3,  pubblicato in G.U. del 30.1.2007, come modificata dalla direttiva 2011/51/UE dell’11 Maggio 2011, attuata in Italia  con il d.lgs. n. 12 del 2014 pubblicato sulla G.U. del 24.2.2014, che ne ha esteso l’ambito di applicazione ai titolari di protezione internazionale. La tipologia di permesso spettante è disciplinata anche sulla base del regolamento (UE) 2017/1954 del   Parlamento europeo e  del  Consiglio,  del  25  ottobre  2017,  che   ha modificato   il  regolamento  (CE)  n.  1030/2002  del  Consiglio  che   istituisce  un  modello  uniforme  per  i  permessi  di   soggiorno   rilasciati a cittadini di paesi terzi. La normativa interna relativa al PSUE  ed al relativo status è contenuta nell’art. 9, del T.U.I. (d.lgs. 286/98) così come emendato dall’art. 15  L. 23 dicembre 2021, n. 238, e successivamente emendato dal d.lgs. 133/2023, come modificato dalla Legge di conversione 176/2023 di cui si dirà appresso,  unitamente all’ art. 9 bis,  per i titolari di permessi lungo soggiorno UE in altri stati membri e all’art. 9 ter per i titolari di carta Blu.

Sommario

  1. Panoramica e fonti normative
  2. Requisiti e condizioni per il rilascio del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo (art. 9 TUI)
    2.1. Il requisito del soggiorno regolare ininterrotto da 5 anni
    2.2. Requisito reddituale
    2.3. Conoscenza della lingua italiana
    2.4. Il requisito della disponibilità di un alloggio idoneo
  3. Circostanze ostative al rilascio del permesso per soggiornanti UE di lungo periodo
  4. Procedimento di rilascio e rinnovo
  5. Revoca del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo
  6. Diritti dei Titolari di permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo
  7. Diritti dei titolari del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo rilasciato da altri Stati membri
  8. Permesso di soggiorno di lungo periodo per titolari di carta blu UE
  9. Mezzi di impugnazione
  10. L’espulsione dello straniero titolare del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo

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Il “Caso Lodi” sui contributi affitti in FVG: incostituzionale chiedere documenti aggiuntivi ai soli stranieri

La Corte Costituzionale, con sentenza 15/2024 depositata oggi, ha dichiarato incostituzionale l’art. 29 , comma 1bis L.R. 1/2016 nella parte in cui prevede che i cittadini stranieri debbano presentare documenti aggiuntivi attestanti l’assenza di proprietà di alloggi nei paesi di origine e di provenienza, diversi e aggiuntivi rispetto a quelli che devono presentare i cittadini italiani.

Finisce così la lunga battaglia condotta dalla regione Friuli Venezia Giulia contro i cittadini stranieri nella quale sono state innumerevoli le decisioni favorevoli da parte dei tribunali già prima di questa sentenza per coloro che hanno presentato ricorso contro la richiesta di documenti aggiuntivi per avere contributi regionali per pagare l’affitto  (ad oggi almeno una ventina, con rilevanti spese a carico della finanza regionale). A seguito di ciò, la regione Friuli Venezia Giulia era stata obbligata a modificare il regolamento regionale già lo scorso anno, ma aveva comunque impugnato tutte le sentenze in appello e in Corte di Cassazione. Oggi tutti questi giudizi devono considerarsi definitivamente risolti.

La sentenza, pur derivando da una causa nella quale si discuteva del solo “contributo affitti”, riguarda una norma che trova applicazione anche all’accesso all’abitazione che quindi già ora deve essere garantito in modo paritario a tutti gli stranieri.

Va sottolineato, infine, che sebbene la decisione della Corte costituzionale sia stata assunta nei confronti di persone straniere titolari di permesso di lungo periodo (cioè il permesso a tempo indeterminato), essa rechi argomentazioni estensibili anche a chi è titolare di altri permessi come quello per famiglia o per lavoro per i quali il diritto dell’Unione europea prevede una disposizione del tutto analoga a quella applicabile ai soggiornanti di lungo periodo.

ASGI esprime soddisfazione per la pronuncia, ricordando l’importanza del principio di non discriminazione per l’attuazione di politiche sociali volte a promuovere i valori dell’inclusione e della coesione sociale, quali beni dell’intera collettività e  che richiedono dunque misure centrate sulla risposta alle effettive situazioni di bisogno, senza distinzioni fondate direttamente o indirettamente sulla nazionalità dei beneficiari.

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Video: formazione sui respingimenti nel Mediterraneo centrale

La formazione “Respingimenti nel Mediterraneo centrale: la militarizzazione del mare e l’intervento di attori privati. Pratiche di analisi e di contrasto” si terrà online il 15 febbraio dalle 15:00 alle 17:00. L’evento è organizzato da Alarm Phone, ASGI, Comitato Nuovi Desaparecidos, Mediterranea Saving Humans, Sea-Watch, JLP.

Nel Mediterraneo centrale è in atto un processo di espansione delle aree di sovranità statale dei paesi rivieraschi che comporta una crescente militarizzazione di quanto vi accade. I dispositivi di soccorso sono indeboliti o apertamente ostacolati, come avviene per la Flotta civile di ricerca e soccorso; alle operazioni di salvataggio si sono stabilmente sostituiti strumenti di pattugliamento e contrasto della mobilità. In questo contesto gli attori privati o parastatali, come le navi mercantili al servizio delle piattaforme petrolifere e la milizia Tarek bin Zyad giocano un ruolo importante nelle dinamiche di delega dell’attuazione materiale del respingimento da parte degli Stati europei. 

L’incontro si propone di analizzare le dinamiche in atto e di condividere e discutere delle pratiche di contrasto dei respingimenti delegati nel Mediterraneo centrale a opera di attori privati che possono essere attuate dalle organizzazioni della società civile.

1° parte h 15:00 – 16:00 – Analisi delle dinamiche in atto 

  • Cosa succede nel Mediterraneo centrale? Attori statali e privati, rapporti di forza e tensioni. Mediterranea

  • L’azione delle navi mercantili nell’attuazione dei respingimenti delegati. Comitato Nuovi Desaparecidos

  • L’azione della milizia Tarek bin Zyad: modalità di intervento e legittimazione da parte dei paesi rivieraschi. Sea Watch

  • Discussione aperta. Modera Mediterranea

2° parte h 16:00 – 17:00 – Strategie di contrasto dei respingimenti delegati

  • La documentazione e la denuncia. Alarm Phone

  • Strumenti di contenzioso: il caso di Asso 29 e della Vos Triton. ASGI e JLP
  • Discussione aperta. Modera ASGI

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Oltre 28mila persone respinte alle frontiere europee nel 2023: 8° rapporto PRAB

Di fronte all’emergenza umanitaria i respingimenti illegali e le violazioni dei diritti continuano ad essere diffusi e sono diventati uno strumento accettato per la gestione delle frontiere europee .

L’ottavo rapporto di Protecting Rights at Borders (PRAB) “Respinti alle Frontiere dell’Europa: una crisi continuamente ignorata” documenta ancora una volta le continue violazioni dei diritti umani che si verificano lungo le frontiere europee.

Il monitoraggio conferma violenze e numeri crescenti

Secondo il rapporto, nel 2023 più di 28.609 migranti hanno subito respingimenti e violazioni dei diritti umani alle frontiere europee, di cui oltre 8.400 solo negli ultimi quattro mesi dell’anno. Tuttavia, tali numeri rappresentano solo una frazione degli effettivi respingimenti illegali.

Questo rapporto copre il periodo dal 1 settembre al 31 dicembre 2023. I dati raccolti direttamente dai partner di PRAB o ottenuti dalle fonti governative documentano un totale di 8.403 casi di respingimento durante il periodo di rilevamento. Come parte della documentazione, 1.448 persone sono state intervistate dai partner di PRAB, fornendo dettagli sulle violazioni dei diritti alle quali hanno dichiarato di essere stati esposti.

I numeri riportati dall’iniziativa PRAB rappresentano una frazione delle persone respinte alle frontiere dell’Europa. La natura delle aree di confine europee e i metodi utilizzati per attraversarle, uniti alla mancanza di accesso a alcune zone di frontiera, rendono difficile raggiungere tutte le persone che subiscono respingimenti e violazioni correlate. Inoltre, la registrazione dei respingimenti dipende dal momento dell’evento e dalla volontà delle vittime di segnalarlo. Come documentato dai partner di PRAB, molte vittime di respingimenti hanno paura di segnalare l’incidente, temendo che ciò possa influire negativamente sulla loro possibilità di entrare o rimanere in uno Stato membro dell’UE.

I fatti principali che vengono riconfermati dal monitoraggio:

  • Numeri allarmanti – Nel solo 2023, più di 28.609 migranti hanno subito respingimenti e violazioni dei diritti umani alle frontiere europee. Nel periodo settembre-dicembre 2023, sono stati documentati oltre 8.400 casi.
  • Mancanza di vie legali sicure – Molti migranti, provenienti da regioni colpite da conflitti, persecuzioni o disastri naturali, intraprendono viaggi pericolosi verso l’Europa in cerca di sicurezza e opportunità.
  • Respinti con violenza: I respingimenti illegali coinvolgono l’uso di metodi violenti e disumani, con migliaia di persone respinte forzatamente oltre il confine e sottoposte a violenze e abusi.
  • Violazioni documentate: PRAB ha intervistato 1.448 persone, documentando i trattamenti disumani e degradanti subiti dall’83% degli arrivi al confine tra Croazia e Bosnia ed Erzegovina e dal 61% al confine tra Francia e Italia.
  • Violazioni dei beni personali: Oltre alle violenze fisiche, i respingimenti forzati privano le persone dei loro beni, lasciandole vulnerabili e senza mezzi vitali.

Ci hanno riportato nella zona vietata. (…) In quel momento eravamo così assetati e affamati, e abbiamo chiesto ai soldati polacchi. Gli abbiamo chiesto da bere o un po’ di cibo. C’era una donna, una soldatessa, e ci ha dato una bottiglia d’acqua. Mentre la bevevamo, speravamo di non averla bevuta, ma ormai l’avevamo già fatto, ma prima dei bambini. Abbiamo capito che aveva messo dello spray al pepe nell’acqua. Dopo averla bevuta, io e un altro ragazzo – ci è bruciato lo stomaco ed è stato così doloroso.

Un cittadino siriano respinto al confine bielorusso

La situazione ai confini italiani

L’ottavo rapporto di Protecting Rights at Borders (PRAB) rivela la dura realtà dei respingimenti che riguardano quanti arrivano alle frontiere italiane e tentano di attraversarle.

In Italia, le organizzazioni della rete PRAB hanno documentato il respingimento di 3.180 persone nelle zone di Oulx e Ventimiglia, con particolare preoccupazione per i 737 bambini, di cui 519 erano minori non accompagnati. Un aspetto inquietante è la pratica di respingere minori registrati erroneamente come adulti.

La maggior parte delle persone coinvolte nei respingimenti proveniva dall’Etiopia, Costa d’Avorio, Marocco e Sudan, con quasi il 40% di loro che ha dichiarato di essere arrivato in Italia via Tunisia.

Siamo tre uomini del Marocco, abbiamo attraversato il confine ieri a Hadzin Potok. Abbiamo camminato per 6 ore e siamo arrivati vicino a Slunj in Croazia. In un bosco vicino a Slunj, un poliziotto ci ha fermato. Ha chiamato più polizia. Presto sono arrivati altri 2 poliziotti. Ci hanno perquisiti e hanno controllato le nostre cose. Hanno preso i nostri telefoni cellulari. Alcuni telefoni li hanno rotti e poi restituiti, mentre alcuni telefoni li hanno tenuti. Poi è arrivato un furgone della polizia di frontiera. Abbiamo dovuto salire sul furgone. Quando siamo saliti sul furgone, c’erano già uomini, bambini e famiglie dall’Afghanistan e dalla Siria. Ci hanno portati tutti indietro al confine vicino a Hadzin Potok. Lì, al confine, c’erano altri due poliziotti ad aspettarci, anche se c’erano già tre poliziotti nel furgone. Tutti noi, compresi noi tre uomini dal Marocco e cinque uomini e tre ragazzi dall’Afghanistan, siamo dovuti scendere dal furgone, tranne le famiglie dalla Siria. Lì, al confine, ci hanno picchiati e colpiti tutti. Poi abbiamo dovuto tornare in Bosnia, mentre hanno portato le famiglie dalla Siria nel furgone e probabilmente le hanno portate nel campo a Zagabria.

Un cittadino del Marocco al confine croato

Oltre al persistere dei respingimenti , il rapporto registra anche nuovi peggioramenti per chi cerca asilo in Italia.

In particolare a partire da agosto 2023,  i richiedenti asilo che ricevono una risposta positiva alla loro domanda devono lasciare i centri di accoglienza di primo livello. Dato che per ricevere il permesso fisico è necessario un indirizzo specifico, i rifugiati riconosciuti non sono in grado di ottenerlo perché obbligati a lasciare i centri di accoglienza.

Inoltre, l’Italia ha recentemente reintrodotto controlli alle frontiere con la Slovenia, giustificando tale misura con una presunta minaccia alla sicurezza con il conflitto in Medio Oriente.  Il governo italiano ha dichiarato apertamente di avere l’intenzione di riprendere i respingimenti dei richiedenti asilo, in violazione della legge nazionale e internazionale. 

Il rapporto critica, infine, anche gli accordi con paesi terzi, tra cui il recente Accordo tra Italia e Albania, evidenziando le problematiche relative al trasferimento dei migranti e la detenzione in Albania.

Dal patto europeo nuove violazioni

Il rapporto dimostra come l’impiego sistematico di respingimenti alle frontiere e la mancanza di percorsi sicuri e legali per raggiungere l’UE spinga i rifugiati a mettere a rischio le proprie vite.

La volontà politica, il coraggio e il realismo nel mettere i diritti delle persone prima della protezione delle frontiere sembrano assenti dagli accordi politici che si tengono a livello europeo e nazionale.

Sia gli accordi, come il Memorandum tra Italia e Albania, sia il nuovo Patto UE su Asilo e Migrazione rischiano di compromettere ulteriormente i diritti delle persone in cerca di asilo, invece che mettere fine alle violazioni alle frontiere europee.

Il rapporto completo

Cos’è PRAB

“I respingimenti alle frontiere europee: una crisi continuamente ignorata” è l’ottavo rapporto della serie pubblicata da Protecting Rights at Borders (PRAB), un’iniziativa volta a documentare prove dell’uso di respingimenti illegali nel contesto della gestione delle frontiere in Europa. L’iniziativa, attraverso sforzi collaborativi, mira anche a promuovere cause legali strategiche oltre i confini per le persone colpite da respingimenti diffusi e sistematici e altre violazioni dei diritti alle porte dell’Europa. I dati sono raccolti da organizzazioni non governative (ONG) e iniziative di base in tutta Europa, che si sono unite nell’iniziativa PRAB per creare una solida base di prove, basata su osservazioni dirette e interviste con persone in movimento.

L’iniziativa PRAB coinvolge organizzazioni partner attive in otto paesi europei: Bielorussia (Human Constanta); Bosnia ed Erzegovina (Danish Refugee Council (DRC) Bosnia ed Erzegovina); Grecia (Greek Council for Refugees (GCR) e DRC Grecia); Italia (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI), Diaconia Valdese (DV) e DRC Italia); Lituania (Diversity Development Group e Sienos Grupé); Macedonia del Nord (Macedonian Young Lawyers Association (MYLA)); Polonia (Stowarzyszenie Interwencji Prawnej (SIP)); e Belgio (DRC Brussels).

Foto da DALL-E

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Inidoneità alla vita nel CPR: appello ai medici. Necessaria la presa di coscienza

La Società Italiana di Medicina delle Migrazioni (SIMM), la Rete “Mai più lager – No ai CPR” e l’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI) chiedono a tutto il personale sanitario una presa di coscienza sulle condizioni e sui rischi per la salute delle persone migranti sottoposte a detenzione amministrativa nei CPR.

Come evidenziato anche da recenti inchieste giudiziarie, i Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR), in cui vengono detenute in Italia le persone migranti ritenute non in regola e in attesa di essere rimpatriate, presentano gravissime criticità di gestione, di rispetto dei diritti e in particolare del diritto alla salute. Pessime condizioni igienico-sanitarie, presa in carico inadeguata di patologie acute e croniche e di problemi di salute mentale, abuso e misuso di psicofarmaci: le evidenze di questi e altri rischi per la salute delle persone migranti detenute nei CPR sono ormai tante.

A livello internazionale, anche l’Ufficio Regionale Europeo della World Health Organization (WHO) ha evidenziato i rischi per la salute delle persone migranti della cosiddetta “detenzione amministrativa” attuata nei CPR. ASGI, SIMM, e la Rete Mai più lager – No ai CPR lanciano una campagna di presa di coscienza da parte del personale sanitario sui rischi di salute per le persone migranti detenute nei CPR italiane, e in particolare una proposta per i medici “certificatori”: per essere inviate nei CPR, le persone migranti devono essere sottoposte a una “valutazione di idoneità alla vita in comunità ristretta” da parte di personale medico afferente al Sistema Sanitario Nazionale. Nell’appello proponiamo diversi elementi di riflessione e azione di sanità pubblica, medico-legali e di deontologia medica per poter aiutare i medici coinvolti a dichiarare l’inidoneità alla vita in luoghi pericolosi per la salute e patogeni quali i CPR, di fatto, sono.

Per eventuali informazioni e adesioni scrivere a noaicpr@gmail.com

L’appello


Foto di Clay Banks su Unsplash

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Le offese razziste danneggiano la collettività: l’ex assessora di Ivrea scrive ad ASGI

Dopo la decisione della Cassazione sulle dichiarazioni razziste contro le persone Rom postate dall’ex assessora di Ivrea, l’interessata scrive ad ASGI condividendo l’illegittimità di accostare, soprattutto nella comunicazione pubblica, una etnia a comportamenti criminosi.

La vicenda nasce nel 2018, quando una giovane cittadina di Ivrea, destinata di lì a poco a candidarsi alle elezioni amministrative e a divenire poi assessora comunale, aveva messo in rete due post, nei quali insultava i cittadini Rom con frasi razziste.

ASGI ha agito in giudizio e dopo due pronunce di merito negative (che avevano incredibilmente “giustificato” le espressioni in quanto connesse a un presunto comportamento criminoso di appartenenti all’etnia Rom), ha ottenuto dalla Cassazione il pieno riconoscimento del carattere discriminatorio e molesto delle espressioni utilizzate dalla convenuta.

Ne è nato un percorso di “giustizia riparativa” e dunque un accordo che prevede, oltre a un risarcimento del danno in favore dell’associazione, anche la convergenza su principi di diritto che sono stati congiuntamente affermati dalle parti, anche al fine di evitare il reiterarsi di analoghe vicende.

In tale prospettiva l’interessata ha inviato ad ASGI la bella lettera che qui pubblichiamo, in cui si legge: “Convengo con Voi che l’accostamento di un’etnia (in particolare quella Rom) a comportamenti criminosi costituisce un atto non solo illegittimo, come accertato dalla Cassazione, ma pregiudizievole per la società nel suo complesso, rischiando di minare i principi di pacifica convivenza e reciproco rispetto tra gruppi sociali, le cui diversità possono costituire, nel rispetto dei principi Costituzionali, un importante arricchimento nella nostra vita collettiva“.

Pubblichiamo la lettera confidando che possa essere di sollecitazione per tutti a costruire relazioni sociali basate su questi principi.

La lettera

Foto di Dan Fador da Pixabay

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Le offese razziste danneggiano la collettività: l’ex assessora di Ivrea scrive ad ASGI

Dopo la decisione della Cassazione sulle dichiarazioni razziste contro le persone Rom postate dall’ex assessora di Ivrea, l’interessata scrive ad ASGI condividendo l’illegittimità di accostare, soprattutto nella comunicazione pubblica, una etnia a comportamenti criminosi.

La vicenda nasce nel 2018, quando una giovane cittadina di Ivrea, destinata di lì a poco a candidarsi alle elezioni amministrative e a divenire poi assessora comunale, aveva messo in rete due post, nei quali insultava i cittadini Rom con frasi razziste.

ASGI ha agito in giudizio e dopo due pronunce di merito negative (che avevano incredibilmente “giustificato” le espressioni in quanto connesse a un presunto comportamento criminoso di appartenenti all’etnia Rom), ha ottenuto dalla Cassazione il pieno riconoscimento del carattere discriminatorio e molesto delle espressioni utilizzate dalla convenuta.

Ne è nato un percorso di “giustizia riparativa” e dunque un accordo che prevede, oltre a un risarcimento del danno in favore dell’associazione, anche la convergenza su principi di diritto che sono stati congiuntamente affermati dalle parti, anche al fine di evitare il reiterarsi di analoghe vicende.

In tale prospettiva l’interessata ha inviato ad ASGI la bella lettera che qui pubblichiamo, in cui si legge: “Convengo con Voi che l’accostamento di un’etnia (in particolare quella Rom) a comportamenti criminosi costituisce un atto non solo illegittimo, come accertato dalla Cassazione, ma pregiudizievole per la società nel suo complesso, rischiando di minare i principi di pacifica convivenza e reciproco rispetto tra gruppi sociali, le cui diversità possono costituire, nel rispetto dei principi Costituzionali, un importante arricchimento nella nostra vita collettiva“.

Pubblichiamo la lettera confidando che possa essere di sollecitazione per tutti a costruire relazioni sociali basate su questi principi.

La lettera

Foto di Dan Fador da Pixabay

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“In difesa dei difensori”: Una guida pratica per contrastare la criminalizzazione della solidarietà

Pubblicata inizialmente a marzo 2023 dalla fondazione Heinrich-Böll-Stiftung, la guida è ora disponibile in italiano grazie ad ASGI. Questo documento, che include una sezione sulla criminalizzazione della solidarietà in Italia e gli strumenti per contrastarla, è un’importante risorsa per coloro che si impegnano a proteggere i diritti dei migranti.

L’obiettivo principale della guida è fornire un supporto pratico ai difensori dei diritti dei migranti, coloro che promuovono i diritti umani occupandosi specificatamente delle persone in movimento. Questo strumento è essenziale in un’epoca in cui la migrazione è spesso rappresentata come una minaccia e il lavoro dei difensori dei diritti umani diventa sempre più pericoloso.

Non tutti coloro che lavorano nel campo dei diritti umani, tuttavia hanno possibilità di accesso e conoscenza delle risorse necessarie per difendersi da chi si oppone a quanti scelgono la solidarietà. Da qui la necessità di uno strumento che ne promuova la conoscenza.

La guida è stata sviluppata basandosi sul lavoro iniziale del Border Violence Monitoring Network che ha svolto delle ricerche sui possibili meccanismi legali, istituzionali e informali da mettere in atto o vagliare nei casi di criminalizzazione dei difensori dei diritti umani. Successivamente, tra luglio e novembre 2023, ASGI ha elaborato la parte sul contesto italiano, concentrandosi sia sulla criminalizzazione realizzata attraverso lo strumento penale, che sulle misure amministrative introdotte nel sistema italiano negli anni più recenti, oltre a tradurre dall’inglese la prima parte concernente l’ordinamento internazionale ed europeo.

I difensori dei diritti dei migranti, nel contesto europeo, sono stati oggetto di un numero crescente di atti di criminalizzazione negli ultimi anni, in Italia soprattutto a partire dal 2017. La criminalizzazione di chi agisce in solidarietà o aiuto delle persone in movimento è stata realizzata, in Italia, in un primo momento attraverso il ricorso al diritto penale e poi tramite la compresenza di misure penali e amministrative: si è verificato un fenomeno di (con)fusione tra i due piani che gli studiosi hanno da tempo etichettato con il nome di crimmigration.

Inoltre, in Italia si è assistito ad un accanimento contro le attività di soccorso nel Mediterraneo. Ciò ha suscitato l’attenzione e le critiche di organismi ONU impegnati a proteggere i Difensori dei diritti umani. Non sono mancati i procedimenti penali avviati anche nei confronti di attivisti e volontari che hanno supportato le persone in movimento mentre si trovavano già sul territorio.

Dal 2017 fino al momento attuale, si è assistito alla costruzione di un processo di criminalizzazione delle ONG impegnate nel soccorso in mare fondato sulla compresenza di diversi fattori: l’aumento dei procedimenti penali nei confronti di membri dell’equipaggio, l’adozione di misure amministrative volte a limitare l’operato delle ONG (dal Codice delle ONG del 2017 alle sanzioni amministrative introdotte nel 2018 e nel 2023), e la promozione di una narrazione mediatica e politica in cui gli attori umanitari sono accostati a trafficanti e organizzazioni criminali. Al tempo stesso, non sono mancati i procedimenti penali avviati anche nei confronti di attivisti e volontari che hanno supportato le persone in movimento mentre si trovavano già sul territorio: emblematici sono i casi di Roma, Udine e Ventimiglia.

Esplorando le possibili azioni di advocacy e gli strumenti di protezione per i difensori dei diritti umani nei casi di criminalizzazione, tenendo conto della portata di possibili repressioni e discriminazioni e delle varie forme che queste possono assumere, la guida rappresenta un’importante risorsa per coloro che si impegnano a proteggere i diritti dei migranti.

“In un’epoca in cui la migrazione è frequentemente rappresentata come una minaccia, è essenziale ribadire la dignità e i diritti di chi si sposta. Il lavoro dei difensori dei diritti umani, in questo contesto, diventa sempre più vitale, ma anche sempre più pericoloso.” – Marc Berthold, Direttore Heinrich-Böll-Stiftung Parigi, Francia e Italia e Lorenzo Trucco, Presidente ASGI APS

Immagine di johnpotter da Pixabay

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