Prima chi ne ha più bisogno – contro le discriminazioni nel Diritto alla Casa

In vista della discussione sulla riforma della legge regionale sull’edilizia sociale in corso in Consiglio regionale a Torino 25 associazioni, tra cui ASGI, si oppongono all’inserimento di requisiti discriminatori.


La rivisitazione della legge regionale sull’edilizia sociale che si sta discutendo in Consiglio Regionale prevede anche una nuova specifica norma che va a modificare l’articolo 8 della legge 3 del 2010, concedendo punteggi aggiuntivi alle persone residenti in Piemonte da 15, 20 o 25 anni. 

Questa proposta va a ledere il principio che dovrebbe guidare il diritto e quindi anche il diritto alla casa: essere equamente garantito, dunque rivolto alle persone giudicate in condizione di maggiore necessità e fragilità. Questa norma, che favorisce chi è residente da più tempo e in modo continuativo, va a discriminare tutte le persone, cittadine italiane e non, che, nonostante ne abbiano la necessità e il diritto, per diversi motivi possono non avere maturato la residenza richiesta e risultare quindi ingiustamente svantaggiate. 

Inoltre questa norma, inserendo superflui elementi di merito nelle graduatorie, mette in competizione persone in condizione di necessità e presenta il forte rischio di alimentare l’instabilità e l’odio sociale. A questi si dovrebbe invece rispondere con misure e investimenti utili a far fronte ai tanti problemi dell’edilizia sociale nella nostra Regione, per escludere il meno possibile le persone, aumentando il numero di case a disposizione, e migliorando la qualità delle strutture e dei servizi.
Molte osservazioni in merito sono state formalmente presentate in seguito alla richiesta di consultazione del settembre 2023 del disegno di legge 130.

Questa nota va a ribadire la preoccupazione di tanti soggetti quotidianamente coinvolti a diverso titolo nel favorire il diritto alla casa,  nei confronti di questa misura discriminatoria che sta per essere approvata dall’Istituzione che dovrebbe essere invece garante di equità e giustizia.

È ancora possibile aderire scrivendo a ramona.boglino@acmos.net

Hanno sottoscritto la nota:

ACMOS

ALMATERRA

AMMI ETS

ARCI TORINO

ARTERIA

ALTRIMODI

ASGI 

ASSOCIAZIONE AIA APS

ASSOCIAZIONE SPERANZA

BENVENUTI IN ITALIA

CIFA ETS

COMUNET

FAMIGLIE ACCOGLIENTI Torino

FLAICA CUB 

FONDAZIONE DI COMUNITA’ PORTA PALAZZO

I RAGAZZI DEL FIUME 

LANGUAGE AID ETC

MAGAZZINO SUL PO

PSICOLOGI DEL MONDO

REFUGEES WELCOME

ASSOCIAZIONE SPERANZA

VOLERE LA LUNA

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Avvocato generale della CGUE sul RdC: il requisito di 10 anni di residenza contrasta con il diritto UE

Il 25 gennaio scorso sono state pubblicate le conclusioni dell’avvocato generale della Corte di Giustizia dell’UE relative al rinvio pregiudiziale disposto nel maggio 2022 dal Tribunale di Napoli, sezione penale, in cui il giudice italiano chiedeva alla CGUE se il requisito di residenza di 10 anni previsto per fruire del reddito di cittadinanza fosse compatibile con il diritto europeo. Secondo l’avvocato generale, la Corte dovrebbe ritenere il requisito in contrasto con la normativa UE.

La questione era sorta nell’ambito di due giudizi penali per reato di falsa dichiarazione ex art. 7, D.L. 4/2019, nei quali due persone straniere erano accusate di aver percepito indebitamente il RdC in quanto non erano residenti in Italia da 10 anni, come invece avevano dichiarato al momento della domanda. Il giudice di Napoli aveva ritenuto che vi fossero dubbi circa la legittimità del requisito di residenza decennale e aveva rinviato la questione alla Corte di Giustizia.

Le conclusioni dell’avvocato da poco pubblicate chiariscono innanzitutto quale sarà l’oggetto della decisione della CGUE. Questa ha infatti richiesto al giudice nazionale di esplicitare lo status giuridico delle persone interessate dai procedimenti penali, che sono risultati in possesso di permesso di soggiorno UE per lungo periodo. La Corte dovrà quindi esprimersi sulla compatibilità della richiesta di residenza pregressa di 10 anni con la direttiva 2003/109/CE relativa allo status dei cittadini non-UE soggiornanti di lungo periodo.

Nel parere proposto alla Corte – ricordiamo, non vincolante – l’avvocato generale rileva come l’introduzione del requisito di residenza pregressa comporti una differenza di trattamento tra i cittadini italiani e i cittadini non-UE soggiornanti di lungo periodo. “In proposito” si legge “dalla giurisprudenza della Corte risulta che qualsiasi distinzione in base alla residenza, come quella stabilita nel caso di specie dalla condizione di cui trattasi nei procedimenti principali, rischia di operare maggiormente a favore dei cittadini nazionali, in quanto i non residenti sono più frequentemente cittadini non nazionali. Lo stesso vale per una distinzione fondata sulla durata della residenza qualora il trattamento dei cittadini nazionali sia comparabile a quello dei cittadini dei paesi terzi che hanno acquisito lo status di soggiornante di lungo periodo al termine di un regolare soggiorno di cinque anni nel territorio dello Stato membro interessato“. Tale differenza di trattamento è tuttavia vietata dall’art. 11, paragrafo 1, lett. d) della direttiva 2003/109, la quale prevede, appunto, l’equiparazione dei titolari di permesso UE di lungo periodo con i cittadini degli Stati Membri nell’accesso a “le prestazioni sociali, l’assistenza sociale e la protezione sociale ai sensi della legislazione nazionale“.

In conclusione, l’avvocato generale suggerisce pertanto alla Corte di rispondere alla questione sollevata dal giudice di Napoli stabilendo che l’art. 11, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2003/109/CE osta a una normativa nazionale che condiziona l’accesso a una misura nazionale di assistenza sociale al requisito della residenza nello Stato membro interessato per almeno dieci anni, in modo continuativo negli ultimi due anni, e che prevede una sanzione penale in caso di falsa dichiarazione relativa a tale requisito.”

Per quanto concerne i procedimenti penali, l’avvocato generale inoltre ritiene che, qualora anche la Corte accertasse l’incompatibilità del requisito con la normativa UE, i giudici nazionali dovrebbero disapplicare sia l’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), punto 2, del decreto‑legge n. 4/2019 sia l’articolo 7, paragrafo 1, di quest’ultimo.

Per dirimere la questione bisognerà ora attendere la sentenza della Corte di Giustizia, che verrà pubblicata nei prossimi mesi. Le conclusioni dell’avvocato generale fanno tuttavia ben sperare che – a distanza di anni dalla sua approvazione – il requisito di residenza decennale per accedere al RdC possa essere finalmente dichiarato illegittimo.

Nel frattempo, consigliamo a chi avesse ricevuto provvedimenti di revoca e richiesta di restituzione del RdC motivati dalla mancanza del requisito di residenza decennale di non restituire le somme percepite e attendere la decisione della Corte. Per maggiori informazioni è possibile contattare il servizio antidiscriminazione.

Le conclusioni dell’avvocato generale

Domande frequenti e altri materiali relativi al reddito di cittadinanza

Foto di copertina di Marc Schneider da Pixabay

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Rimborso caro-mutui per soli cittadini italiani: dopo la lettera di ASGI, Sunia e ARCI la Regione Sicilia modifica i requisiti

Un decreto della Regione Sicilia escludeva le persone straniere dal bonus per l’abbattimento degli interessi sui mutui a tasso variabile per l’acquisto della prima casa: a seguito dell’intervento di ASGI, SUNIA e ARCI Sicilia tale atto è stato modificato.

La Regione Sicilia, con legge regionale n. 25 del 21 novembre 2023 ha istituito un fondo di solidarietà finalizzato “all’abbattimento dell’aumento degli interessi verificatosi negli anni 2022 e 2023 sui mutui a tasso variabile contratti per l’acquisto della propria prima casa.

Con il decreto attuativo n. 78/2023 la Regione ha limitato il bonus ai soli cittadini italiani.

SUNIA, ARCI e ASGI hanno inviato una lettera al Presidente della Regione e all’Assessore regionale all’economia per chiedere la modifica del decreto attuativo chiedendo di includere anche tutti i cittadini e le cittadine stranieri/e residenti in Sicilia.

Per le tre organizzazioni l’esclusione dei cittadini stranieri di paesi Ue e non Ue con regolare permesso di soggiorno è “illegittima”, “priva di basi giuridica” ma anche “illogica: rischia infatti – scrivono le organizzazioni- di condurre all’esclusione di una quota rilevante di residenti da un importante aiuto economico nell’accesso all’abitazione, comportando un aggravio di spesa sulla pubblica amministrazione che dovrebbe farsi carico delle persone più bisognose”.

Qualche ora dopo l’invio della comunicazione, la Regione Sicilia ha provveduto a modificare il decreto sostituendo il requisito a) della cittadinanza con il requisito della residenza in Sicilia.

Restano fermi ovviamente gli altri requisiti, ovvero: b) avere corrisposto nel 2022 e/o nel 2023, in qualità di intestatario o cointestatario di un mutuo per l’acquisto o la costruzione di un immobile ubicato in Sicilia da adibire a prima abitazione, interessi a tasso variabile relativi a rate scadute negli stessi anni; c) essere in possesso di ISEE 2023 ovvero di ISEE 2024 di importo inferiore a 30 migliaia di euro.”.

La Regione ha già provveduto a modificare la piattaforma di accesso al contributo che può essere richiesta da oggi sino al 29 febbraio.


ASGI, SUNIA e ARCI esprimono grande soddisfazione per il risultato ottenuto, che dimostra l’utilità delle azioni di moral suasion al fine di correggere l’operato dell’amministrazione pubblica ed evitare un inutile contenzioso che avrebbe sicuramente allungato i tempi e fatto perdere la possibilità di accesso a un contributo senz’altro utile.

La lettera delle organizzazioni

Il decreto modificato

Immagine da Pixabay

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Trasporto e mensa gratuiti solo ai bambini italiani: il Comune condannato a risarcire le associazioni

La vicenda nasce nel 2022 quando Il Comune di Montorio al Vomano, provincia di Teramo, aveva previsto l’esenzione totale dal contributo per trasporto scolastico e mensa per le sole famiglie residenti nel Comune con almeno un genitore di cittadinanza italiana o europea; aveva avuto rilievo altresì sulla stampa nazionale per essere il sindaco della cittadina abruzzese anche consigliere regionale lombardo.

Contro la delibera avevano proposto ricorso ASGI e ARCI ABRUZZO E MOLISE.

Solo nel corso del giudizio il Comune aveva poi revocato la delibera e ammesso all’esenzione anche le famiglie straniere senza però mai precisare se nel frattempo qualche famiglia straniera aveva pagato il contributo e difendendo comunque il contenuto dell’originaria formulazione sulla base dell’asserita disponibilità del comune a fornire agli stranieri “altri aiuti”.

Il giudice ha riconosciuto, dopo aver riconosciuto la legittimazione attiva anche di ARCI (pur non essendo quest’ultima iscritta nell’elenco della associazioni legittimate ex art. 5 dlgs 215/03), la assoluta illegittimità dell’originaria delibera e di conseguenza ha ordinato al Comune di restituire i contributi eventualmente pagati, nelle more della revoca, dalle famiglie straniere, condannando inoltre il Comune a risarcire il danno nella misura di 1000 euro per ciascuna associazione ricorrente oltre alle spese legali, nonché alla pubblicazione sul giornale Il Centro e sul sito del Comune.

Resta solo da sperare che l’onere per una condotta cosi palesemente illegittima possa poi ricadere, eventualmente tramite un intervento del giudice contabile, sugli amministratori che hanno adottato una delibera cosi palesemente illegittima e non sul bilancio comunale.

La sentenza

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Il D.M. Ministero del Lavoro 13.12.2023 conferma l’illogicità della esclusione dei cittadini stranieri

Il decreto chiarisce cosa debba intendersi per “componenti in condizione di svantaggio e inseriti in programmi di cura e assistenza dei servizi socio-sanitari territoriali certificati dalla pubblica amministrazione” ma l’elenco della casistica determina risultati paradossali.

È arrivato il 13 dicembre scorso (con pubblicazione in GU il 16.12.2023) l’atteso decreto del Ministero del Lavoro che aveva il compito di colmare alcuni punti oscuri del DL 48/2023 in tema di Assegno di inclusione (ADI), cioè la misura “sostitutiva” del Rdc, entrata in vigore il 01.01.2024 (sulla base delle domande presentabili dal 18.12.2023).

Come noto, uno dei punti più oscuri della nuova disciplina era la aggiunta operata in sede di conversione in legge. Resosi conto che limitare la misura di contrasto alla povertà ai soli nuclei familiari con almeno un componente minorenne, o disabile, o anziano (con almeno 60 anni) avrebbe ristretto esageratamente la platea dei possibili beneficiari, il legislatore ha aggiunto la categoria dei “componenti in condizione di svantaggio e inseriti in programmi di cura e assistenza dei servizi socio-sanitari territoriali certificati dalla pubblica amministrazione”: costoro (o i nuclei familiari cui appartengono) possono accedere alla misura anche se non hanno la condizione familiare sopra indicata (cioè, per esemplificare, se sono una coppia di quarantenni senza figli).

Restava tuttavia da individuare la portata effettiva della previsione, al fine di dare indicazioni ai soggetti “certificanti” nelle cui mani viene ora rimesso il diritto di acceso o meno all’ADI.

Ebbene il Ministero fornisce ora una minuziosa elencazione casistica che in primo luogo suscita perplessità per la pretesa di formare un elenco esaustivo dei beneficiari (non si vede perché i servizi sociali di un Comune non possano “prendere in carico” anche un soggetto che non rientra nella casistica indicata dal Ministero); ma soprattutto rende macroscopicamente evidente l’illogicità dei due requisiti che tante esclusioni determinano in danno degli stranieri: quello della pregressa residenza in Italia per almeno 5 anni (di cui gli ultimi due continuativi) e quelli relativi alla cittadinanza (essere italiano o europeo o familiare di europeo, o titolare del permesso di lungo periodo o dello status di protezione internazionale).

Basti a tal fine scorrere l’elenco contenuto nel DM: persone affette da disturbi mentali o con dipendenze patologiche, tra cui la dipendenza da alcol o gioco; persone vittime di tratta o di violenza di genere; ex detenuti nel primo anno successivo al fine pena; persone che “in ragione della elevata fragilità personale o di limitazione dell’autonomia, non siano assistibili a domicilio” e siano pertanto inserite ai sensi della L. 328/2000 in strutture di accoglienza; persone senza fissa dimora iscritte nel registro di cui all’art. 2, comma 4, L. 1228/54 o persone “in condizione di povertà estrema e senza dimora” che vivono in strada o in sistemazioni di fortuna; giovani tra i 18 e i 21 anni che vivono fuori dalla famiglia in forza di provvedimento dell’autorità giudiziaria.

L’elencazione, oltre ad essere di dubbia legittimità nella parte in cui pretende di essere esaustiva (ovviamente un Comune potrebbe scegliere di prendere in carico anche persone fragili non rientranti nell’elenco) rende ancora più illegittimi i due requisiti sopra richiamati: da un lato perché, come detto, è irragionevole richiedere la pregressa residenza quinquennale a una persona (ad es.) “senza fissa dimora e in condizione di povertà estrema” che ovviamente dovrebbe essere aiutata in quanto tale e non in forza della durata della sua residenza; dall’altro perché alcune delle categorie indicate saranno evidentemente prive del permesso di soggiorno richiesto: ad es. una vittima di violenza domestica avrà probabilmente un permesso ex art. 18bis TU immigrazione e dunque non ha senso che riceva un aiuto pubblico solo se ha un permesso di lungo periodo.

Deve dunque riaprirsi la discussione sia sulla limitazione per permesso di soggiorno (che la Corte Costituzionale ha ritenuto legittima nella sentenza 19/2022 proprio valorizzando, per il Rdc, la funzione di inserimento al lavoro e non di contrasto alla povertà che in questi casi invece prevale) sia sui 5 anni di residenza, rispetto al quale si attendono le indicazioni che potranno arrivare dalle decisioni della Corte di Giustizia UE e della Corte Costituzionale relativamente al  requisito di residenza decennale del Rdc.

Nel frattempo, sarà comunque necessario monitorare l’implementazione delle nuove misure relativamente all’esclusione delle persone straniere, contestandole anche in sede giudiziale.

Per un ulteriore approfondimento:

“Selezione” dei poveri e nuove discriminazioni nel D.M. del 13.12.2023 in tema di assegno di inclusione, di Alberto Guariso

Sulle analoghe questioni poste anche dalla prestazione del Supporto per la formazione e il lavoro (Sfl) si veda il precedente articolo pubblicato su questo sito.

Immagine di Freepik

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L’attuale assetto del diritto di asilo alla luce delle recenti modifiche normative

Formazione gratuita in presenza: 12-19-26 gennaio e 2 febbraio 2024 dalle 14.30-18.30 a Napoli, presso l’Ex Asilo Filangieri in Vico Giuseppe Maffei 4

Rivolto principalmente ad avvocatз e operatorз legalз e dell’accoglienza, la formazione si propone di analizzare le principali novità normative e giurisprudenziali in materia di asilo, successive all’emanazione e all’entrata in vigore del D.L 20/2023 e dei successivi provvedimenti emanati dal Governo anche al fine di contrastare le numerose prassi illegittime che si registrano nei diversi territori.

La formazione è aperta ad un massimo di 50 partecipanti. Le iscrizioni chiudono ad esaurimento posti o entro l’8 gennaio 2024.
In fase di accreditamento presso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli.

Iscrizioni per partecipare

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Video: Formazione sull’Intelligenza artificiale, algoritmi e discriminazioni etnico-razziali

Intelligenza Artificiale, algoritmi, machine learning, bias sono concetti collegati al processo di evoluzione delle nuove tecnologie apparentemente distanti dai diritti delle persone. Questi strumenti vengono sempre più spesso incaricati di compiti e decisioni sempre più rilevanti, determinando una crescente “esternalizzazione di scelte umane” alle macchine. Questo fenomeno nasconde problematiche che possono generare gravi discriminazioni. 

ASGI da qualche tempo si sta occupando di studiare l’uso discriminatorio delle banche dati utilizzate dalle forze di polizia, come ad esempio la banca dati AFIS, utilizzata per fini di sicurezza che contiene le impronte digitali di tutti i cittadini e le cittadine straniere identificati per finalità amministrative. Anche dall’uso “automatizzato” di tali dati da altre piattaforme digitali possono derivare discriminazioni algoritmiche.

ASGI propone dunque un momento di formazione pubblica con Gianclaudio Malgieri, Leila Belhadj Mohamed e Manuela Monti per riflettere e studiare questi istituti, i loro potenziali effetti discriminatori ed eventuali strumenti di tutela. 

Iscrizioni

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Minori stranieri non accompagnati : dopo la condanna della CEDU le violazioni permangono

Privazione della libertà e accoglienza inadeguata, in centri per adulti o trattenuti in commissariati in attesa di collocazione.  ASGI denuncia al Comitato dei Ministri del Consiglio dell’Europa : il piano d’azione annunciato dal Governo a luglio non è attuato. Nonostante la condanna della CEDU del caso Darboe e Camara, in Italia persistono violazioni nei confronti dei minori stranieri in accompagnati. E con il decreto 133/2023 la situazione peggiorerà.

In data 6 novembre ASGI ha inviato una comunicazione al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa per chiedere la continuazione della procedura di supervisione dell’attuazione della sentenza Darboe e Camara con la quale la Corte EDU aveva condannato l’Italia.

Il caso riguardava la procedura di accertamento dell’età e il collocamento di due minori non accompagnati in un centro di accoglienza per adulti. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha riscontrato all’unanimità una violazione degli articoli 3, 8 e 13 della Convenzione. A seguito della sentenza è stata quindi avviata la procedura di supervisione di fronte al Comitato dei Ministri del Consiglio di Europa.

La sentenza resta fortemente attuale.

Contrariamente a quanto sostenuto dal Governo nell’Action Report del 6 luglio 2023,  ASGI denuncia il persistere di condotte illegittime così come emerge dall’azione di monitoraggio svolta e dalle modifiche normative da ultimo intervenute.

Il Governo ritiene di aver pienamente rispettato i principi stabiliti nelle sentenze in esame sulle diverse questioni affrontate dalla Corte” : questa affermazione conclusiva contenuta nella comunicazione della rappresentanza italiana al Comitato dei Ministri del COE appare irriverente alla luce della cronaca quotidiana che descrive le condizioni a cui sono costretti a vivere i minori stranieri non accompagnati in Italia

Trattenere minori, prassi generalizzata in Italia

La legge italiana vieta espressamente il trattenimento dei minori stranieri non accompagnati, secondo quanto previsto dal D.Lgs. 142/2015, nei centri di permanenza per il rimpatrio, negli hotspot e nei centri governativi di prima accoglienza. Infatti, i minori, appena giunti sul nostro territorio, hanno diritto al permesso di soggiorno per minore età (art. 32 D.Lgs. 286/98) e ad essere accolti nei centri a ciò deputati dal Ministero dell’Interno fino al raggiungimento della maggiore età.

Ciò che invece avviene sistematicamente presso alcuni posti di frontiera italiani, come Crotone, Lampedusa, Pozzallo, l’hotspot di Contrada Cifali e di Taranto, è il trattenimento generalizzato dei minori stranieri non accompagnati ivi accolti, che non possono lasciare il centro e sono quindi costretti a una condizione di totale isolamento.

Inoltre, è prassi, come nel caso del territorio pugliese, che i minori stranieri non accompagnati siano accolti in strutture destinate ad adulti, in condizioni di promiscuità. O ancora, come prassi romana dalla fine del 2022, si verifica che i minori non accompagnati che arrivano ai commissariati e che non possono essere accolti in strutture dedicate a causa dei limiti di capienza, sono temporaneamente trattenuti nei commissariati in attesa di collocazione. Questa disposizione viene presa in base alle direttive dell’autorità giudiziaria e del Comune di Roma. Secondo la polizia, questi minori sono costretti a sopportare condizioni disumane, essendo costretti a dormire sulle panchine, poiché non sono disponibili alloggi o stanze adeguate per loro.

Anche le zone di frontiera interna sono interessate dalla presenza di molti minori che spesso rimangono senza accoglienza. Molti minori identificati come adulti dopo lo sbarco e collocati in strutture di accoglienza inadeguate decidono di lasciare l’Italia e raggiungere altri Paesi europei. L’ASGI ha rilevato che a Ventimiglia le autorità italiane procedono, in molti casi, a notificare all’interessato provvedimenti di respingimento differito o di espulsione amministrativa senza effettuare alcun accertamento dell’età.

Nei centri per adulti sovraffollati senza supporti psicologici e legali con le nuove norme

Tale quadro risulta ancora più grave se si considera che il 6 ottobre 2023 è entrato in vigore il decreto legge n. 133, che introduce significative modifiche in materia di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati e di accertamento dell’età.

Il decreto prevede la possibilità che i minori non accompagnati di età superiore ai 16 anni siano accolti in centri di accoglienza straordinaria per adulti, seppur in una sezione dedicata, privi di supporto educativo, dei servizi di assistenza legale e psicologica e di insegnamento dell’italiano e spesso caratterizzati da condizioni di sovraffollamento, andando a formalizzare la prassi in uso e determinando una gravissima violazione dei diritti dei minori.

Inoltre si stabilisce una procedura per l’accertamento dell’età che deroga alle garanzie fornite dalla procedura ordinaria. Una procedura che manca di garanzie procedurali minime per rispettare il principio della presunzione di minore età, tutelato dall’articolo 8 della Convenzione. Inoltre, non fornisce l’accesso a un ricorso effettivo nelle procedure di accertamento dell’età.

ASGI chiede una supervisione sull’Italia al Comitato dei ministri del COE

Considerata la natura sistemica delle violazioni monitoratela mancata attuazione di quanto sostenuto dal Governo nell’Action Report del 6 luglio 2023 e le novità introdotte sul piano normativo con il Decreto Legge 133/2023 attualmente in fase di conversione in legge alla Camera, che determineranno gravi violazioni degli articoli 3, 8 e 13 della della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo analoghe a quelle riscontrate nel caso Darboe e Camara, ASGI ha inviato una comunicazione al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa il 6 novembre 2023 chiedendo di procedere con la supervisione dell’attuazione della sentenza, formulando anche una serie di raccomandazioni, rimarcando la  necessità di  garantire il pieno rispetto di tutti i diritti dei minori.

Foto di Hilal İlhan da Pexels

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Alloggi ERP: anche la legge regionale piemontese andrà al vaglio della Corte Costituzionale

Il Tribunale di Torino, con ordinanza del 10 novembre 2023, ha rimesso alla Corte Costituzionale la valutazione di legittimità della legge regionale piemontese sull’accesso alla case popolari (l.r. 3/2010) ed in particolare dell’art. 3 c. 1 lett. b)- secondo cui “per conseguire l’assegnazione di un alloggio di edilizia sociale” occorre “avere la residenza anagrafica o l’attività lavorativa esclusiva o principale da almeno cinque anni nel territorio regionale, con almeno tre anni, anche non continuativi all’interno dell’ambito di competenza degli enti gestori delle politiche socio-assistenziali o essere iscritti all’AIRE.”

Dopo il Tribunale di Padova che ha sollevato la questione con ordinanza del 18 maggio 2023 e le Regioni Marche, Liguria e Lombardia su cui la Corte Costituzionale si è già pronunciata sancendo l’incostituzionalità del requisito della residenza quinquennale, arriva anche l’ordinanza di rimessione da parte del Tribunale di Torino.

Il giudice torinese, dopo aver richiamato le precedenti pronunce, ha aggiunto che, nel caso di specie, le considerazioni in ordine alla violazione dell’art. 3 Cost. “risultano rafforzate dall’esclusione della necessità del requisito residenziale o lavorativo per coloro che sono “iscritti all’AIRE”, che introduce una distinzione priva di giustificazione rispetto alla funzione del servizio. Per questi motivi, è da ritenere che la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 c. 1 lett. b) L. Reg. Piemonte 3/2010, sia rilevante e non manifestamente infondata, con riferimento ai principi di eguaglianza, anche sostanziale, e di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost.

Il Comune di Torino, insieme ad altri Comuni piemontesi, aveva peraltro già ammesso con riserva all’ottavo bando di assegnazione di alloggi ERP i cittadini extra UE con meno di 5 anni di residenza.

Purtroppo il Tribunale ha invece ritenuto manifestamente infondata la questione della illegittimità del requisito della c.d. “impossidenza planetaria”, prevista all’art. 3 c. 1 lett. c) della legge regionale, secondo cui “i componenti il nucleo non devono essere titolari, complessivamente, di diritto di proprietà, usufrutto, uso o abitazione, ad eccezione della nuda proprietà, su un alloggio ubicato in qualsiasi comune del territorio nazionale o all’estero“.

Tale norma, secondo ASGI, viola il canone di ragionevolezza per quanto riguarda in particolare le persone titolari di protezione internazionale (che non possono ovviamente produrre alcuna documentazione dal Pase di provenienza e per il fatto stesso di essere rifugiate, difficilmente avranno con sé qualsivoglia documentazione), e si pone in contrasto con i principi affermati dalla Corte Costituzionale nelle sentenze n. 176/2000 e 9/2021 secondo cui è la richiesta di documenti aggiuntivi (in quel caso ai soli stranieri) costituisce un mero “ostacolo burocratico” (corte Cost. 9/2021) all’accesso alla casa: un ostacolo del tutto ingiustificato, inidoneo a pervenire all’obiettivo del controllo globale sulle proprietà immobiliari (quand’anche fosse legittimo) e perciò discriminatorio.

Sebbene in tali casi il requisito fosse previsto per i soli cittadini stranieri,  è pacifico dalla lettura della sentenza 9/2021 che la Corte avrebbe ben volentieri censurato anche il requisito in sé stesso della “impossidenza planetaria”:  non potendolo fare per mancata di impugnazione della norma in questa parte, si è limitata a caducare l’onere di documentazione a carico degli stranieri.

Il giudice torinese ha tuttavia ritenuto che la norma dell'”impossidenza planetaria” della legge piemontese fosse meno restrittiva rispetto a quelle già censurate dalla Corte Costituzionale e dal Tribunale di Milano e che fosse compatibile con una interpretazione che consenta di tener conto delle “peculiari esigenze dei titolari di protezione internazionale.”

In attesa della pronuncia della Corte Costituzionale che auspicabilmente si conformerà alle precedenti, tutti i Comuni piemontesi con i bandi aperti dovrebbero, in ossequio al principio di imparzialità e di buon andamento della pubblica amministrazione, ammettere con riserva le persone straniere che non siano titolari del requisito dei 5 anni di residenza, in presenza degli altri requisiti richiesti dalla legge.

L’ordinanza di rimessione

La sentenza di rigetto parziale

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Gradisca d’Isonzo (GO), 30 novembre 2023: Formazione pratica sulla difesa nei luoghi di trattenimento

L’evento formativo, promosso da ASGI e CAIT, si terrà a Gradisca d’Isonzo (GO) Sala Consiliare – Via Ciotti n. 49  giovedì 30 novembre 2023 dalle ore: 14:00 alle 18:00. 

Il D.L. 20/23, convertito in L. 50/23, contiene il più ambizioso progetto di isolamento e detenzione di massa dei cittadini di Paesi terzi dell’Italia repubblicana. Un disegno tentacolare e, nelle intenzioni, totalizzante, che completa un percorso avviato 25 anni fa con l’istituzione dei Centri di identificazione ed espulsione 

Contro la volontà di segregazione urge una sfida: riportare lo Stato di diritto dentro i luoghi, formali e informali, di trattenimento. La giurisprudenza di legittimità ha finalmente iniziato a soffiare in una direzione nuova, sanzionando ripetutamente decisioni inadeguate, approssimative e seriali di convalida e di proroga della restrizione. 

Per questo, oltre alla condivisione delle più recenti decisioni in materia di trattenimento amministrativo (ore 14-16), verrà organizzato un laboratorio pratico (ore 16-18) per la simulazione delle udienze e la condivisione delle strategie difensive in sede di merito e di legittimità. 

Il programma

Giovedì 30 novembre 2023 

ore 14:00-16:00 aggiornamento normativo e giurisprudenziale in tema di trattenimento amministrativo 

ore 16:00-18:00 laboratorio pratico 

Moderatrice: Avv. Marzia Como 

Relatrici e relatori : Avv. Maurizio Veglio, Avv. Carla Lucia Landri, Avv. Irene Pagnotta, Avv. Giovanni Papotti 


Per garantire la maggior efficacia possibile della formazione laboratoriale è prevista la presenza di massimo 25 partecipanti. Sarà data priorità ad avvocati ed avvocate.

L’evento, che si svolgerà esclusivamente in presenza, è in corso di accreditamento per la formazione continua degli Avvocati presso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Gorizia. 

Per ulteriori informazioni ed iscrizioni: formazione@cait.pro 

Foto di Maurício Mascaro da Pexels

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