La mancata erogazione dei servizi nel CPR di Milano e il potere di controllo della Prefettura. Il Report dell’ASGI

Questo rapporto è il risultato di quanto emerso dal sopralluogo effettuato il 12 settembre 2023 ed è stato inviato all’ANAC nel mese di novembre 2023 .

Nel settembre 2020 apre il Centro per il Rimpatrio (CPR) di Milano. Da allora si sono susseguiti tre Enti gestori, le cui offerte in sede di gara d’appalto sono state giudicate come le migliori presentate, portandoli quindi a stipulare un contratto per la gestione e il funzionamento del CPR di Milano.

In base a quanto segnalato dalle persone trattenute, dai loro avvocati e dall’Autorità Garante dei Diritti delle persone private della libertà personale, all’interno del CPR di Milano non vengono erogati numerosi dei servizi previsti dal capitolato d’appalto e, più in generale, dalla normativa di riferimento.

La mancata erogazione dei servizi, oltre alle diffuse segnalazioni sul mancato rispetto dei Diritti fondamentali delle persone trattenute, hanno portato l’ASGI a interrogarsi circa la corretta esecuzione del contratto pubblico alla base della gestione e del funzionamento del CPR.

Vista la mancanza della documentazione relativa a tale contratto nella sezione “Amministrazione trasparente” della Prefettura di Milano – gli unici riferimenti rinvenibili sono uno “schema di contratto di appalto”, non sottoscritto, e un “modello di offerta tecnica”, senza che vi siano inserite le proposte dei partecipanti sulla base delle quali vincono la gara – l’ASGI ha chiesto di ottenere copia del contratto d’appalto nella sua interezza con istanza di accesso civico generalizzato.

Con l’intento di verificare la corretta esecuzione del contratto e ottenere maggiori informazioni dall’Ente gestore e dalla Prefettura, è stata richiesta l’autorizzazione ad accedere alla struttura. Tale richiesta si è concretizzata in una visita svolta da una delegazione di soci ASGI nella giornata del 12 settembre 2023 .

In questo modo è stato possibile constatare la forte incongruenza fra i contenuti della documentazione ricevuta tramite accesso civico e i servizi effettivamente erogati nel centro.

Questo rapporto è il risultato di quanto emerso dal sopralluogo e delle verifiche effettuate rispetto alla documentazione ricevuta tramite l’accesso civico. Il rapporto è stato inviato all’ANAC nel mese di novembre 2023 .

Il 13 dicembre 2023 la Procura ha disposto un sequestro impeditivo d’urgenza della società che gestiva il Cpr di via Corelli a Milano, già oggetto di ispezione nell’inchiesta, per frode e turbativa, della Guardia di finanza nei giorni precedenti, da cui era emerso che i migranti, tra le altre cose, non ricevevano cure e mangiavano cibo scaduto, confermando quanto denunciato da ASGI.

Foto di copertina : Cpr di Milano, tratta dai documenti di gara per manutenzioni straordinarie (Invitalia)

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Violazioni di diritti fondamentali nel CPR di Trapani: il monitoraggio di ASGI

A seguito della visita di una delegazione ASGI nel Centro di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) di Trapani e del monitoraggio svolto nei mesi successivi, pubblichiamo il nostro rapporto che denuncia violazioni di diritti fondamentali e richiama le autorità competenti al rispetto degli standard di legalità.

Il centro di Trapani, situato nella frazione di Milo, è tornato operativo come CPR dal 20211, dopo un periodo di chiusura per inagibilità iniziato a febbraio 2020. Malgrado il suo inquadramento giuridico, la funzione del centro risulta essere ibrida e vengono attuate prassi riconducibili all’approccio hotspot. Nel CPR di Trapani, infatti, nell’ambito delle procedure di determinazione della condizione giuridica delle persone straniere, per la quasi totalità in arrivo dall’hotspot di Pantelleria, vengono sottoposte a detenzione, selezione e classificazione in modo informale.

L’obiettivo della visita e del monitoraggio è stato di fare chiarezza sulle procedure attuate nel centro, sui servizi effettivamente disponibili per le persone trattenute e in generale sulle condizioni di detenzione. Durante la visita, autorizzata dalla Prefettura e svoltasi il 15 dicembre 2022, è stato possibile accedere alla struttura, intervistare l’ente gestore e le autorità di polizia presenti nel centro, e colloquiare con le persone trattenute, laddove disponibili o su richiesta delle stesse2. Tuttavia, in violazione di una piena implementazione del loro diritto alla comunicazione con il mondo esterno, non è stato possibile avere colloqui individuali con le persone trattenute, ma solo collettivi e attraverso le sbarre. La raccolta di informazioni è proseguita nei mesi successivi alla visita attraverso la formulazione da parte di ASGI  di istanze di accesso civico generalizzato.

Mantenendo ferma la nostra convinzione che il CPR è in generale un sistema di privazione della libertà personale che determina gravi violazioni dei diritti umani fondamentali, le principali criticità riscontrate nell’ambito del monitoraggio si rilevano difficoltà nell’accesso

  •  all’informativa legale,
  • alla protezione internazionale
  • al diritto di difesa
  • alla libertà di comunicazione
  • al diritto alla salute.

Inoltre, secondo quanto riferito dalle persone trattenute, risulta carente la condivisione di materiale informativo, consegnato alle persone trattenute solo in occasione della visita, viene percepita come insufficiente la fornitura di pasti e servizi, e l’organizzazione di attività ricreative accessibili alle persone trattenute, e inadeguate le condizioni materiali.


Note:

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Manifesto ASGI: per un diritto dell’immigrazione che abbia al centro le persone

Il Manifesto dell’ASGI è un lavoro collettivo dell’associazione che riassume la nostra prospettiva politica. Unendo il sentire delle diverse professionalità che ci compongono, il manifesto include le nostre proposte per creare un diritto dell’immigrazione che abbia al centro le persone e i diritti umani.

L’immigrazione è, ormai da 40 anni, un fenomeno strutturale e ordinario del sistema sociale ed economico italiano (oltre che europeo). Tuttavia è stato per anni ignorato e poi asservito a logiche politiche o di mercato più che sociali.

La stessa disciplina della condizione delle persone straniere appare, oggi più che mai, del tutto inadeguata essendo fondata sull’anacronistico sistema dell’incontro a distanza tra domanda e offerta di lavoro, peraltro non sempre consentito. Le modifiche introdotte a partire dalla legge Bossi-Fini sono state orientate in senso prevalentemente repressivo, col solo fine pubblicamente ripetuto di prevenire e contrastare gli ingressi e i soggiorni irregolari, senza prevedere contestuali meccanismi che consentano effettivamente plurimi canali di ingresso regolare.

Nel contempo è mancata un’approfondita riflessione sociale e politica sulla realtà migratoria in Italia e sulle cause stesse delle migrazioni, nonché sulla necessità di politiche di inclusione delle persone migranti nella comunità nazionale.

Tutto ciò ci pone oggi al cospetto di una normativa poco aderente alla realtà, spesso discriminatoria, di fatto idonea a creare una stratificazione nella società e una sostanziale subordinazione se non ghettizzazione delle persone di origine straniera.

È lungo l’elenco delle ragioni per le quali le persone decidono di dare corso a un progetto migratorio. Tra esse, oltre al legittimo desiderio individuale di migliorare la propria esistenza (art. 2 Cost.), certamente i conflitti bellici, la grave destabilizzazione sociale in molti Stati caratterizzati da regimi dittatoriali o fortemente repressivi o nei quali il sistema formalmente democratico non è in grado di garantire effettivamente le libertà primarie e sociali, le conseguenze delle politiche coloniali dei Paesi europei dei secoli scorsi, la spoliazione delle risorse naturali, la crescita demografica, i fattori climatici e quelli ambientali.

È, per questo, impossibile ed inopportuno tracciare un confine netto tra tipologie di migrazioni per motivi legati alla ricerca di una forma di protezione e migrazioni per motivi economici – come se la povertà non fosse un diritto umano fondamentale o come se una legittima aspirazione a migliorare le proprie condizioni debba essere punita.

È evidente, nel contempo, che sempre più marcata è la sproporzione tra lo sviluppo economico di alcune parti del mondo, o di alcuni gruppi umani, e l’aggravarsi della povertà. Certo è che, alla libertà di migrazione delle merci (tutta capitalista), non corrisponde il riconoscimento di un analogo diritto di movimento delle persone (secondo un concetto altrettanto capitalista).

È indispensabile aspirare a un modello basato sulla libera circolazione delle persone, già adottato dall’Unione europea per chi ha la cittadinanza degli Stati membri.

È dunque indispensabile aspirare a un modello basato sulla libera circolazione delle persone, già adottato dall’Unione europea per chi ha la cittadinanza degli Stati membri. Tale modello deve essere progressivamente esteso a tutti gli Stati extra Unione europea anche perché conforme ai diritti fondamentali delle persone e alle connesse istanze democratiche egualitarie sulle quali si fondano (o dovrebbero fondarsi) tutte le forme di Stato democratico-sociale del mondo.

L’Unione europea deve abbandonare l’attuale politica di chiusura nei confronti delle migrazioni economichee di progressivo indebolimento del diritto di asilo, così come avviata nell’Agenda europea del maggio 2015 e rafforzata attraverso il Patto dell’Unione europea sulla migrazione e sull’asilo del 2020. Al contempo, l’Unione europea e ogni singolo Stato membro devono interrompere le politiche di finanziamento di quei Paesi nei quali vi sono seri indizi di violazione delle libertà e dei diritti umani, secondo i principi costituzionali e internazionali. In tale ottica, l’Italia deve recedere immediatamente dal Memorandum con la Libia del 2017.

L’Italia, può e deve rappresentare uno stimolo per l’intera Unione europea nella direzione sopra descritta.

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Analisi giuridica del D.L 20/2023 nella legge 50/2023: pubblicate le prime schede dell’ASGI

Con le seguenti schede  ASGI offre un’analisi giuridica delle nuove disposizioni recate dal D.L. n. 20/2023 e dalla sua legge di conversione n. 50/2023,  evidenziando da un lato le conseguenze sulla condizione giuridica delle persone straniere (sia quando hanno necessità di entrare in Italia per chiedere protezione e asilo, sia per coloro che già vivono nella comunità nazionale) ma indicando anche le possibili soluzioni nel rispetto dei principi costituzionali e internazionali dello Stato italiano, i quali non possono mai essere abrogati da qualsivoglia legislatore.

Lo scopo è quello di fare chiarezza e contrastare alcune narrazioni pubbliche che hanno veicolato interpretazioni distorte o comunque errate delle nuove disposizioni. Inoltre, ASGI intende offrire strumenti utili a tutti coloro che operano nel settore dell’immigrazione e dell’asilo per un’effettiva tutela dei diritti delle persone.


ASGI promuoverà anche delle formazioni ed eventi per condividere e discutere le nuove disposizioni normative emanate nel 2023.


La riforma della protezione speciale a seguito del D.L. n. 20 del 10 marzo 2023 e le modifiche in materia di conversione di tale permesso e di quelli per cure mediche e calamità

Una prima prospettiva esegetica

Con l’art. 7 del decreto legge 10 marzo 2023 n. 20 il Governo ha modificato l’art. 19 del D.Lgs. n. 286 del 1998 (di seguito anche “T.U.I.”) abrogando il terzo e quarto capoverso del co. 1.1, i quali avevano fino a quel momento indicato i criteri con i quali poteva essere accertata la lesione al diritto al rispetto della vita privata e familiare determinata dall’allontanamento dall’Italia.
A seguito di tale soppressione il divieto di espulsione, respingimento ed estradizione e il conseguente diritto a un permesso per protezione speciale, della durata di due anni ex art. 32, co. 3, gs 28 gennaio 2008, n. 25, sono oggi riferibili alle ipotesi in cui, in caso di allontanamento dall’Italia ( se vi è rischio di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, di orientamento sessuale e di identità di genere; se vi è rischio di tortura o di subire trattamenti inumani o degradanti; se
ricorrono gli obblighi di cui all’art. 5 co. 6 T.U.I). Ne consegue innanzitutto che, a dispetto della narrazione pubblica secondo cui sarebbe stata abrogata la protezione speciale, l’istituto è ancora in vigore. Inoltre va ricordato che nell’art. 5, co. 6 TUI rientrano tutti gli obblighi costituzionali o internazionali, tra i quali indubbiamente anche il diritto al rispetto della vita privata e familiare di cui all’art. 8 Convenzione europea dei diritti umani. L’intervento del D.L. n. 20/2023 ha, dunque, abrogato non il diritto al rispetto della vita privata e familiare ex art. 8 CEDU, ma i soli criteri con i quali il legislatore italiano aveva inteso orientare l’autorità competente al suo accertamento. Una ulteriore radicale riforma all’istituto in questione è stata apportata dalla legge di conversione n. 50/2023, che non solo ha abrogato la generale convertibilità del permesso in questione, precedentemente prevista all’art. 6, co. 1-bis lett. a) TUI, ma ha eliminato la possibilità di chiedere questa protezione direttamente al questore, come era previsto dall’art. 19, co. 1.2 TUI.

Per meglio comprendere il senso e la portata della riforma, è utile riassumere le vicende dell’istituto introdotto dal D.L. n. 130/2020.


L’inasprimento del trattamento sanzionatorio e l’estensione dell’applicazione della legge penale italiana per condotte in materia di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare

Il presente contributo analizza le modifiche apportate dal d.l. 20/23, così come convertito dalla l. 50/23, alla materia del diritto penale dell’immigrazione, con particolare riguardo alla disciplina del favoreggiamento dell’immigrazione irregolare e rivela il carattere repressivo e meramente simbolico della riforma che, a distanza di pochi giorni dal naufragio di Cutro, inasprisce la risposta sanzionatoria al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina tout court e crea delitto di nuovo conio volto a reprimere proprio fatti analoghi a quelli di cronaca (e, in particolare, il favoreggiamento dell’immigrazione aggravato dal trasporto in condizioni di insicurezza o degrado di uno o più stranieri, a cui segua l’involontaria causazione dello sua/loro morte o lesione personale).
Si esaminano, dunque, fra l’altro, la tecnica legislativa utilizzata, gli effetti sostanziali connessi all’introduzione del nuovo delitto e l’auspicata estensione della giurisdizione italiana per fatti di favoreggiamento commessi in acque internazionali nonché alcuni interventi complementari in materia penale, introdotti anche in sede di conversione.


Le modifiche alla disciplina delle espulsioni conseguenti al D.L. 20/2023, convertito in L. 50/2023

Questa analisi ha ad oggetto alcune modifiche, apparentemente secondarie, apportate alla disciplina delle espulsioni dal recente decreto legge 20/2023 e dalla legge di conversione n. 50/2023. Si tratta, in primo luogo, dell’abrogazione della procedura di convalida dell’accompagnamento coattivo alla frontiera nei casi di espulsioni giudiziali disposte dall’autorità giudiziaria penale, che presenta rilevanti criticità qualora intercorra un rilevante lasso di tempo tra l’adozione del provvedimento e la sua esecuzione. Viene successivamente in esame l’estensione della procedure di convalida da remoto – già prevista per i richiedenti protezione internazionale – alle convalide dell’accompagnamento coattivo e del trattenimenti nei CPR di competenza dei giudici di pace. L’aumento di 15 gg. del termini massimi di trattenimento per i cittadini di Paesi con i quali lo Stato italiano ha stipulato “accordi in materia di rimpatrio”, oltre ad essere inutile, contraddice la ratio di questi accordi (di assai dubbia legittimità) che dovrebbero accelerare, invece che ritardare, le procedure espulsive.
Viene poi in esame il nuovo “provvedimento unificato”, previsto dall’art. 32, co. 4, d.lgs. 25/2008, con il quale le Commissioni territoriali, contestualmente al rigetto della domanda di protezione internazionale, attestano l’obbligo di rimpatrio che sostituisce il provvedimento di espulsione di competenza prefettizia: la previsione, oltre ad evidenziare una maggiore dipendenza delle CT rispetto all’esecutivo, pone rilevanti criticità sulle decisioni circa la determinazione del divieto di reingresso e sulle modalità di esecuzione (coattive o con termine per la partenza volontaria) di questa indiretta espulsione. Infine, l’abrogazione del termine per la partenza volontaria in caso di rifiuto delle domande di rilascio o rinnovo di tutti i permessi di soggiorno, è finalizzato alla possibilità di disporre l’espulsione contestualmente alla notifica del rigetto dell’istanza di permesso di soggiorno, con gravissima lesione del diritto di difesa, rispetto alla quale si evidenziano possibili strategie di contrasto.


Foto di Hans da Pixabay

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Sospensione del diritto: il report su Pantelleria

Pantelleria costituisce una via di accesso all’Unione europea dove i flussi migratori vengono gestiti attraverso modalità spesso informali e lesive dei diritti delle persone migranti. Il presente report si propone di rappresentare lo stato della gestione dei flussi e di portare alla luce le principali criticità riscontrate attraverso il sopralluogo giuridico svolto a maggio 2022 e le prospettive attuali e future, in continuità e come aggiornamento dell’attività di monitoraggio svolta lo scorso anno, e attraverso gli accessi civici.

L’analisi effettuata, in continuità con lo scorso anno, ha evidenziato l’esistenza di gravi criticità con riferimento al rispetto dei diritti delle persone straniere in arrivo presso l’isola di Pantelleria. Tra i profili di maggiore criticità figurano le pratiche di detenzione illegittima e gli ostacoli all’accesso al diritto di difesa; le pratiche di ostacolo all’accesso alla richiesta di asilo; la violazione della libertà di corrispondenza telefonica, alla luce del sequestro del telefono delle persone in arrivo che permangono in una condizione di totale isolamento e le condizioni di trattenimento inadeguate e di promiscuità, con riferimento a MSNA senza alcuna distinzione di genere.  Nella generale invisibilità, si riproducono tecniche di controllo della migrazione e meccanismi informali di gestione degli ingressi connaturati all’approccio hotspot.

Fare luce su quanto avviene nell’Isola e rompere l’impermeabilità di questi luoghi è necessario per interrompere le prassi lesive dei diritti delle persone migranti. 

Abbiamo realizzato una serie di video che usciranno sui canali social Instagram e Facebook di ASGI per raccontare Pantelleria e altri luoghi di frontiera in cui viene adottato l’approccio hotspot.

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Diritti negati al CPR di Palazzo San Gervasio. Report e raccomandazioni di ASGI

Il report nel Centro di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) di Palazzo San Gervasio in Basilicata descrive una condizione di isolamento, in cui il diritto alla difesa viene ostacolato e in cui il diritto alla salute fisica e psicologica non viene rispettato.

La difficoltà di accedere a informazioni sulle condizioni di detenzione ci ha indotti a fare richiesta formale alla Prefettura per visitare la struttura. La visita si è svolta il 14 febbraio 2021. Parallelamente, ASGI ha formulato istanze di accesso civico generalizzato volte ad ottenere informazioni e dati in particolare con riferimento ai servizi. Da ultimo, l’accesso civico è stato riscontrato dalla Prefettura di Potenza con comunicazione del 6 aprile 2022 unitamente ai relativi allegati.

Tanto la visita quanto le risposte ai quesiti formulati da ASGI fanno emergere numerose e gravi criticità con riguardo tanto alle condizioni materiali del trattenimento quanto, e soprattutto, con riferimento al rispetto dei diritti delle persone trattenute. 

Isolamento fisico e telefoni requisiti

Il Centro di Permanenza per il Rimpatrio di Palazzo San Gervasio è situato al confine tra Basilicata e Puglia nella estrema periferia del Comune. Nelle vicinanze non vi sono abitazioni ma solamente un distributore di benzina e un bar, oltre a diverse aziende.

Come da prassi attuata in diversi CPR, l’uso dei telefoni non è consentito o è estremamente limitato. Tutti i telefoni vengono sequestrati all’atto dell’ingresso e presi in consegna dall’ ente gestore che, secondo quanto precisato dalla Prefettura, provvede a custodirli all’interno di armadietti a ciò predisposti. 

Sono stati installati all’interno del CPR 12 apparecchi telefonici fissi ma, come dichiarato sia dalla Questura che dalla Cooperativa, non sono funzionanti per mancanza di linea. Di fatto, le persone trattenute possono effettuare chiamate per mezzo di due telefoni cellulari messi a disposizione dall’ente gestore con scheda acquistabile con il pocket money e privi di fotocamera come da disposizioni del Questore. Sempre per disposizione della Questura – per non precisate ragioni – la durata massima della telefonata è di 5 minuti. 

È stato anche precisato che le telefonate sono alternative all’accesso ad altri servizi offerti in modo quotidiano come la possibilità di tagliare la barba. Risulta che, nel CPR di Palazzo San Gervasio,  l’accesso alle comunicazioni con l’esterno e la libertà di corrispondenza, in violazione delle disposizioni del TU, non sono  garantiti in maniera piena.

Ostacoli al diritto di difesa

È purtroppo prassi consolidata del Giudice di Pace di Melfi far pervenire le comunicazioni attinenti le udienze con meno di 24 ore di preavviso e senza che sia data comunicazione del provvedimento con il quale la Questura procede alla richiesta di convalida e/o di proroga. Una prassi che crea evidenti difficoltà organizzative ai difensori e lede il diritto di difesa non consentendo uno studio adeguato del singolo caso, impedendo anche di avere un colloquio preventivo con il proprio assistito prima dell’udienza. 

Ad onor del vero, le informazioni raccolte attraverso interlocuzioni precedenti e successive alla visita e alcune “denunce” da parte di associazioni e avvocati, testimoniano che sono numerosi i casi in cui è stato reso difficile, se non addirittura impossibile, allo straniero trattenuto di effettuare la nomina di un difensore di fiducia sia prima, sia durante, sia dopo l’udienza di convalida del trattenimento.

Uso di psicofarmaci e diritto alla salute

Le maggiori patologie riscontrate all’interno del CPR riguardano disturbi comportamentali e problemi psichici. Per l’assistenza psicologica e psichiatrica è stato stipulato un Protocollo con l’Azienda sanitaria di Potenza. Il medico presente presso la struttura nel rispondere alle domande ha ammesso un massiccio utilizzo di psicofarmaci (Rivotril, Ansiolin, ecc.) da parte dei trattenuti. A detta sempre del medico, molte delle persone presenti nel CPR non sanno neppure la ragione della loro “detenzione” e questo è un fattore fortemente destabilizzante. Di fatto, il medico ha evidenziato carenze informative che incidono anche sullo stato psico-fisico dei trattenuti. Per quanto concerne il supporto psicologico fornito dal gestore del centro nel riscontro del 6 aprile 2022 la Prefettura riferisce che l’assistenza psicologica e psichiatrica è garantita come da capitolato d’appalto. Inoltre, in maniera significativa, riferisce che dal primo luglio 2021 non sono state effettuate visite/colloqui psichiatrici o psicologici dal personale dell’ATS. 


Il trattenimento dei cittadini stranieri al fine del loro rimpatrio costituisce un unicum tra le ipotesi di privazione della libertà personale, non motivata dalla commissione di un reato o finalità di prevenzione in quanto è una misura che non è necessariamente motivata da esigenze di tutela della sicurezza e dell’ordine pubblico. 

I CPR non sono dei carceri. Per alcuni versi, questo indebolisce, piuttosto  che aumentare, le tutele dei soggetti che sono ristretti.

È quindi fondamentale che la società civile eserciti un ruolo autonomo di monitoraggio e supervisione in aggiunta a quello che la vigente legislazione demanda alla pubblica amministrazione in particolare laddove la stessa  non svolga efficacemente tale ruolo.

Altri report recenti di ASGI sui CPR:

Report accesso e monitoraggio CPR Milano, marzo 2022

Libro nero di ASGI sul CPR di Torino: Italiano – Inglese – Francese

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Diritto di asilo in Italia tra violazioni e mancanza di risorse

Diritto di asilo in Europa

Pubblicato l’AIDA Country Report sull’Italia, una panoramica aggiornata sull’accesso alla protezione in Italia nel corso del 2021 e dei primi mesi del 2022.

Il rapporto, in sintesi

Permangono le difficoltà di accesso al territorio italiano da parte di quanti fuggono da situazioni di rischio, bloccati in mare dai pattugliamenti delle motovedette libiche, finanziate dall’Italia attraverso il memorandum e via terra, dove si continuano a registrare respingimenti alle frontiere.

Una volta in Italia risulta ancora troppo difficile chiedere protezione a causa delle prassi non uniformi nelle diverse questure e delle lunghe attese per la formalizzazione della domanda di asilo. Chi riceve un rifiuto dalle Commissioni territoriali può fare ricorso in Tribunale, ma deve attendere l’esito fino a 3 anni (la legge prescrive 4 mesi) a causa della difficoltà di smaltire gli arretrati e di una inadeguata distribuzione delle risorse. La una gestione straordinaria dell’accoglienza rimane prevalente visto che ogni 10 richiedenti asilo, 7 vengono ospitati nei Centri di Accoglienza straordinaria.

L’uso delle navi quarantena, accanto alle difficoltà di accesso delle associazioni di tutela ai centri di detenzione e agli hotspot limitano le possibilità di tutela dei cittadini stranieri da parte delle ONG, che vedono, però archiviare diversi procedimenti penali in cui erano imputate per aver soccorso e aiutato i migranti .

Alcuni dati sul diritto di asilo

Nel 2021 sono giunte in Italia oltre 67 mila persone, il doppio rispetto al 2020 (34.154) .

La nazionalità principale delle persone sbarcate rimane quella tunisina, pari a 15.671 persone. Tra quanti hanno raggiunto l’Italia via mare, oltre 31.500 provengono dalla Libia, più di 20.000 dalla Tunisia, 13.000 dalla Turchia e 1.500 dall’Algeria. L’Italia ha rimpatriato almeno 32.425 persone in Libia nel corso del 2021 e più di 3.000 sono state rimpatriate nei primi tre mesi del 2022. 

Nel 2021 sono state registrate 56.388 domande di asilo, quasi il triplo rispetto alle 21.000 registrate nel 2020. Anche il numero di minori richiedenti asilo è più che raddoppiato rispetto all’anno precedente. I principali Paesi di provenienza dei richiedenti asilo sono stati Pakistan, Bangladesh, Tunisia, Afghanistan e Nigeria. Tra le 52.987 decisioni di prima istanza emesse nel corso dell’anno, si è registrato un aumento del riconoscimento degli status di protezione. Complessivamente, al 44% dei richiedenti è stato riconosciuto lo status di protezione in prima istanza: di questi, al 32% è stata concessa una forma di protezione internazionale, mentre al 12% è stato concesso lo status di protezione speciale.

Accesso al territorio

Continua il supporto dell’Italia alla Libia nel fermare le persone in arrivo tramite il mar Mediterraneo. L’Italia ha infatti continuato a supportare i rimpatri indiretti, fornendo alle autorità libiche i mezzi e le tecnologie per attuare il monitoraggio in mare. Per la prima volta, tuttavia, il capitano di un’imbarcazione privata (Ace 28) è stato condannato al carcere per aver riportato i migranti in Libia.  

Accesso al diritto di asilo in Italia

Continuano a essere segnalati problemi di accesso alla procedura di asilo, sia alle frontiere che nelle principali città italiane a causa delle prassi di respingimenti e all’uso delle navi quarantena come hotspot o centri di detenzione de facto, che nelle principali città, a causa di prassi non uniformi sul territorio nazionale e delle lunghe attese per la formalizzazione della domanda di asilo. Chi presenta ricorso, poi, contro l’esito negativo della richiesta di asilo, deve confrontarsi con lunghi tempi delle procedure giurisdizionali dovuti alla difficoltà di smaltire gli arretrati e ad una inadeguata distribuzione delle risorse. Nel 2021, i tempi medi per processare un ricorso si aggiravano intorno ai 3 anni, rispetto ai 4 mesi prescritti dalla legge.

Regolamento Dublino

Nel 2021 la situazione dei Dublino di ritorno è rimasta incerta. A dicembre del 2021 un cittadino afgano, evacuato dall’Afghanistan dalle autorità italiane, Dublino di ritorno dalla Francia, ha ricevuto un’espulsione una volta giunto all’aeroporto di Venezia, dove era stato trasferito con un volo, e immediatamente inviato al CPR . Nel frattempo, diversi tribunali hanno sospeso i trasferimenti ai sensi del Regolamento di Dublino in attesa della sentenza preliminare della Corte di Giustizia dell’Unione europea sulla portata della clausola di sovranità e sulla sua applicazione nei casi in cui il principio di non respingimento potrebbe essere violato.

Riammissioni illegittime

Dopo la decisione del Tribunale di Roma che aveva dichiarato l’illiceità delle procedure di riammissione informale attuate al confine italiano con la Slovenia, queste procedure sono state sospese al confine orientale ma sono applicate in maniera del tutto simile nei porti adriatici. Al confine francese si registrano ancora numeri consistenti di riammissioni e respingimenti verso l’Italia.

Criminalizzazione delle ONG

Nel corso dell’anno sono state archiviate diverse indagini penali contro le associazioni umanitarie che operano a tutela dei cittadini stranieri. È il caso dell’indagine per favoreggiamento dell’immigrazione irregolare nei confronti di Linea d’Ombra, operante a Trieste, accusata di aver ospitato e aiutato una famiglia di richiedenti asilo proveniente dal confine sloveno nel raggiungere Milano, e dell’indagine avviata nei confronti degli attivisti di Rete Solidale, ONG operante a Pordenone, insieme a 9 richiedenti asilo, accusati di aver occupato un parcheggio privato per aiutare circa 70 richiedenti asilo bisognosi di alloggio, entrambe archiviate a novembre. Lo stesso è accaduto, nel gennaio 2022, per il rimorchiatore Mar Jonio, accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, che ha soccorso e trasportato 30 migranti nel 2019, e per la Ong Baobab, accusata di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare per aver aiutato 9 richiedenti asilo ad acquistare i biglietti del treno per raggiungere Ventimiglia, accuse che sono state ritenute infondate dal giudice dell’udienza preliminare del Tribunale penale di Roma con una sentenza emessa all’inizio di maggio 2022. Ancora in corso il procedimento a carico del rimorchiatore Mar Jonio, accusato di aver imbarcato i profughi della petroliera Etienne e di aver accettato una donazione in denaro. 

Accoglienza straordinaria

Nonostante la riforma del 2020, il sistema di accoglienza in Italia rimane principalmente basato su centri straordinari. Alla fine del 2021, 7 richiedenti asilo su 10 erano ospitati in strutture CAS. 

Hotspot

Alla fine dell’anno erano ancora attivi quattro hotspot (Taranto, Lampedusa, Pozzallo e Messina). L’ASGI ha segnalato numerose criticità alla “nuova frontiera” di Pantelleria, dove anche i migranti sbarcati vengono incanalati attraverso procedure simili a quelle degli hotspot, ed è stata espressa preoccupazione per la mancanza di misure specifiche destinate ad affrontare le questioni di genere nell’hotspot di Lampedusa. Sul fronte delle difficoltà di accesso a queste strutture, va segnalato che il TAR Sicilia ha accolto un ricorso presentato da ASGI e consentito l’accesso di una delegazione dell’associazione all’hotspot di Lampedusa a Marzo 2022.

Ucraina e Afghanistan

Il Report riporta inoltre informazioni:

  • sulle misure prese dal Governo italiano per quanti fuggono dal conflitto in atto in Ucraina;
  • sulle misure prese dai Ministeri italiani a fronte della necessità di fuga dal paese da parte delle persone a rischio a seguito della situazione creatasi in Afghanistan con la presa del potere da parte dei talebani nell’agosto 2021.
AIDA Country Report – Italy (english)
AIDA Country Report – Italia – Sintesi in italiano

Il rapporto fa parte dell’Asylum Information Database (AIDA), una banca dati gestita dal Consiglio europeo per i rifugiati e gli esuli (ECRE), che raccoglie informazioni sulle procedure di asilo, sulle condizioni di accoglienza, sulla detenzione e sulla protezione internazionale in 23 Paesi, 19 Stati membri dell’Unione Europea (UE) (Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Germania, Spagna, Francia, Grecia, Croazia, Irlanda, Italia, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Romania, Svezia, Slovenia, Ungheria) e 4 Paesi non UE (Svizzera, Serbia, Turchia, Regno Unito). Il progetto è finanziato dal Programma europeo per l’integrazione e la migrazione (EPIM) e dal Fondo per l’asilo, la migrazione e l’integrazione dell’Unione europea (AMIF). Il rapporto, curato dall’ASGI per l’Italia, rappresenta un utile strumento di verifica dello stato dell’asilo in Italia, con l’obiettivo di favorire l’emergere di criticità così da promuovere il superamento delle stesse verso un concreto accesso alla protezione.

Si ringraziano i soci ASGI per le segnalazioni, per l’elaborazione si ringraziano Caterina Bove, Maria Cristina Romano e Olivia .

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I diritti di chi fugge dall’Ucraina in Italia – scheda e focus dell’ASGI sull’applicazione della direttiva UE

Con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 28 marzo 2022, pubblicato in G.U. n. 89 del 15.4.2022, seppur con inaccettabile ritardo, l’Italia ha dato attuazione alla Decisione del Consiglio dell’Unione europea n. 2022/382 del 4 marzo 2022, che aveva accertato l’esistenza di un afflusso massiccio di sfollati dall’Ucraina ai sensi dell’articolo 5 della direttiva 2001/55/CE, introducendo la  protezione temporanea in favore di determinate categorie di persone.

Prendiamo positivamente atto della decisione dell’Unione europea e dunque del legislatore italiano di attuare la Direttiva del 2001, rimasta lettera morta per decenni, pur a fronte di emergenze umanitarie analoghe a quella dell’attuale guerra in Ucraina, come quelle verificatesi e ancora in atto in Siria, Libia, Afghanistan, per citarne solo alcuni.

Situazioni nelle quali l’Unione europea e l’Italia hanno sistematicamente ignorato gli appelli a fare uso di tale strumento per mitigare i drammi umani e sociali e armonizzare le politiche di accoglienza tra gli Stati membri, nell’ottica della solidarietà e della leale collaborazione prevista all’art. 80 del Trattato di Lisbona.

L’utilizzo odierno della Direttiva 2001/55 e nei soli casi previsti dalla Decisione del Consiglio sopra richiamata non può far dimenticare che moltitudini di uomini e donne hanno diritto ad un trattamento paritario a quello oggi previsto per i cittadini ucraini, in quanto si trovano in situazioni comparabili a quelle che hanno dato origine alle ultimi decisioni in materia.

Protezione temporanea per molti ma non per tutti

L’applicazione della Direttiva costituisce uno strumento fondamentale per permettere agli Stati membri dell’Unione di adottare rapidamente misure comuni di accoglienza e protezione per gestire al meglio l’ingente flusso di persone che fuggono dal conflitto.

Pur nell’evidente importanza dell’attuazione di questo strumento di rapida reazione a una situazione di emergenza, non possiamo non evidenziare i gravi limiti dell’attuazione in Italia della Decisione n. 382/2022 del Consiglio UE.

Appare incomprensibile e ingiusta la scelta dell’Italia di riconoscere la protezione temporanea ai soli cittadini ucraini e ai loro familiari, ai titolari di protezione analoga a quella internazionale e alle persone straniere titolari di permesso ucraino permanente, escludendo le migliaia di persone straniere presenti in Ucraina, con persone non permanente o senza permesso, le quali sono state costrette a fuggire dalla guerra come le altre persone incluse nella protezione temporanea. 

La discriminazione che così si è venuta a creare tra persone di differente nazionalità, nonostante si trovino nella medesima e drammatica situazione, è ingiustificata e lesiva dei basilari principi di pari dignità della persona umana indipendentemente dalla propria cittadinanza e dal proprio status giuridico (artt. 2 e 3 Costituzione). Tanto più se si considera che, molto spesso, proprio le persone straniere in Ucraina sono caratterizzate da un maggiore grado di vulnerabilità, in quanto lontane da contesti e reti istituzionali, sociali e familiari di potenziale supporto.

Una scelta etnocentrica

Il Governo italiano aveva la possibilità di adottare adeguate misure di protezione anche nei confronti di queste categorie di persone oggi escluse (riconosciutagli sia dalla Direttiva 2011/55, sia dalla Decisione del Consiglio dell’Unione europea n. 2022/382, sia dalla normativa costituzionale e ordinaria nazionale), ma ha scelto di associarsi  alle più retrive e draconiane politiche di quei Paesi dell’Unione europea caratterizzati da xenofobia, sovranismo e scetticismo per la stessa esistenza dell’Unione, dunque evidentemente restii al riconoscimento dei diritti umani e fondamentali degli individui.

Ci viene quindi consegnata dall’Unione europea e dal Governo italiano una scelta evidentemente etnocentrica che, in quanto giuristi attenti alla tutela della dignità delle persone e dei loro diritti umani e fondamentali, non possiamo che biasimare e tentare di reindirizzare – anche attraverso battaglie di sensibilizzazione e legali – in senso conforme ai principi di democrazia, solidarietà e responsabilità sociale che riteniamo debbano caratterizzare la società e le istituzioni tutte.

Ancora una volta l’Europa, che si muove oggi a supporto della popolazione ucraina, adotta misure che sono frutto di una logica di mancata reale cooperazione e i non inclusione, in linea con i propositi che la Commissione europea ha esternato all’inizio del mandato della Presidente Ursula Von der Leyen con la presentazione del Patto sulle migrazioni e l’asilo. 

Questa a logica, ora come in precedenza, ci appare poco lungimirante e mossa esclusivamente da visioni ottusamente ancorate al passato che considerano le migrazioni solo in ottica irrazionale e utilitaristica.

Tutte le vittime dei conflitti devono ricevere dall’ Italia la stessa protezione e pertanto chiediamo a tutta la società civile di esprimersi denunciando quanto sia inaccettabile che chi fugge dalle guerre riceva un diverso trattamento a seconda della nazionalità di origine o del Paese di provenienza.

La nostra analisi sulla protezione per chi fugge dal conflitto

Per favorire una maggiore conoscenza dei diritti da parte di quanti fuggono dal conflitto in atto in Ucraina, con particolare riferimento a categorie vulnerabili (es. cittadini non ucraini, minori stranieri), abbiamo aggiornato la scheda relativa alla protezione temporanea in Italia e realizzato alcuni approfondimenti .

SCHEDA ASGI – La Protezione temporanea delle persone in fuga dall’Ucraina

FOCUS 1 – La condizione giuridica degli stranieri in Ucraina

FOCUS 2 – La relazione tra protezione internazionale e protezione temporanea e la sospensione dell’Ucraina dall’elenco dei Paesi di origine sicura

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Te la ricordi, vero, l’Albania? Il report del sopralluogo

Centro di transito ed identificazione di Gerhot-Gjirokastër.

Il report che ripercorre la mobilità da, per e attraverso l’Albania a partire dal monitoraggio svolto nel 2021 è realizzato da ASGI nell’ambito del progetto Medea, con la collaborazione di SOS Diritti e Lungo la Rotta Balcanica.

Il ruolo dell’Albania all’interno delle dinamiche migratorie lungo la rotta balcanica e adriatica; le pressioni subite dall’Unione europea in vista del processo di adesione all’Unione e il risultante lavoro di adeguamento dell’impianto normativo; la recente presenza delle agenzie europee

Questi sono alcuni dei temi approfonditi nel report, mantenendo al contempo l’attenzione al parallelismo con l’emigrazione di cittadini albanesi verso l’Unione europea.

La gestione del fenomeno migratorio, anche dal punto di vista di scelta politica, sembra ancor oggi più attenta alle esigenze e ai bisogni dei cittadini albanesi emigrati all’estero piuttosto che a quelle dei cittadini di paesi terzi in transito. A conferma di ciò, le politiche migratorie nel Paese non sembrano rispondere ad una precisa logica di gestione, ma appaiono dettate da uno slancio umanitario poco strutturato, indotto dalle pressioni europee, e non fondato su un’analisi complessiva del fenomeno migratorio.

Ripercorrendo la storia dell’emigrazione albanese – l’arrivo della nave Vlora a Bari e l’affondamento della Kater i Rades nel canale d’Otranto – il report ritrova l’origine dell’approccio securitario delle politiche migratorie italiane, restituendo anche l’importanza dell’uso politico della memoria.

L’azione svolta in Albania è parte di una serie di sopralluoghi che il progetto Medea sta svolgendo alla luce dell’attualità della rotta migratoria lungo i Balcani, come quelli svolti in Bosnia e in Macedonia del Nord, fondamentali al fine di monitorare la tutela del diritto alla mobilità e proporre azioni di contenzioso strategico e di advocacy.

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Te la ricordi, vero, l’Albania? Il report del sopralluogo

Centro di transito ed identificazione di Gerhot-Gjirokastër.

Il report che ripercorre la mobilità da, per e attraverso l’Albania a partire dal monitoraggio svolto nel 2021 è realizzato da ASGI nell’ambito del progetto Medea, con la collaborazione di SOS Diritti e Lungo la Rotta Balcanica.

Il ruolo dell’Albania all’interno delle dinamiche migratorie lungo la rotta balcanica e adriatica; le pressioni subite dall’Unione europea in vista del processo di adesione all’Unione e il risultante lavoro di adeguamento dell’impianto normativo; la recente presenza delle agenzie europee

Questi sono alcuni dei temi approfonditi nel report, mantenendo al contempo l’attenzione al parallelismo con l’emigrazione di cittadini albanesi verso l’Unione europea.

La gestione del fenomeno migratorio, anche dal punto di vista di scelta politica, sembra ancor oggi più attenta alle esigenze e ai bisogni dei cittadini albanesi emigrati all’estero piuttosto che a quelle dei cittadini di paesi terzi in transito. A conferma di ciò, le politiche migratorie nel Paese non sembrano rispondere ad una precisa logica di gestione, ma appaiono dettate da uno slancio umanitario poco strutturato, indotto dalle pressioni europee, e non fondato su un’analisi complessiva del fenomeno migratorio.

Ripercorrendo la storia dell’emigrazione albanese – l’arrivo della nave Vlora a Bari e l’affondamento della Kater i Rades nel canale d’Otranto – il report ritrova l’origine dell’approccio securitario delle politiche migratorie italiane, restituendo anche l’importanza dell’uso politico della memoria.

L’azione svolta in Albania è parte di una serie di sopralluoghi che il progetto Medea sta svolgendo alla luce dell’attualità della rotta migratoria lungo i Balcani, come quelli svolti in Bosnia e in Macedonia del Nord, fondamentali al fine di monitorare la tutela del diritto alla mobilità e proporre azioni di contenzioso strategico e di advocacy.

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