Archivia 31 Maggio 2022

ARCI e ASGI : La solidarietà non è un crimine

solidarietà

Il 21 maggio al Tribunale di Trapani si terrà l’udienza preliminare nel procedimento penale avviato nei confronti di 21 persone, la maggior parte delle quali fanno parte di 3 organizzazioni attive nel soccorso in mare: fra loro l’equipaggio della nave tedesca Iuventa e quelli delle navi utilizzate fino al 2017 da Msf e Save the Children. Esprimiamo la nostra vicinanza alle persone e alle organizzazioni colpite.

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Le indagini condotte dalla Procura di Trapani, con l’impiego di agenti sotto copertura e l’utilizzo massiccio e sistematico di intercettazioni effettuate anche nei confronti di avvocati e giornalisti, rappresentano uno degli attacchi a oggi più significativi nei confronti della solidarietà alle persone migranti.

Questo procedimento ha una precisa dimensione politica e determina effetti estremamente rilevanti per le organizzazioni soccorritrici. Il suo avvio è avvenuto in concomitanza con la campagna contro le Ong, che da angeli in pochi mesi sono diventati tassisti del mare, proprio quando il procuratore di Catania Zuccaro sosteneva di essere a conoscenza di presunti rapporti fra trafficanti libici e Ong, affermazione che lo stesso Zuccaro ha successivamente smentito in parlamento. In quella fase a contribuire pesantemente alla criminalizzazione della solidarietà e delle Ong è stato il «codice di condotta», voluto dall’allora Ministro Minniti, che allo stesso tempo stringeva rapporti con le milizie libiche, con l’obiettivo dichiarato di bloccare la rotta del Mediterraneo Centrale.

Il sistematico avvio di indagini nei confronti degli equipaggi delle navi soccorritrici ha inciso gravemente sulle loro attività ma nel caso dell’organizzazione tedesca gli effetti del procedimento sono stati particolarmente pesanti: la nave Iuventa, che nel suo anno di attività ha soccorso più di 14mila persone, si trova ancora oggi sotto sequestro nel porto di Trapani e è ormai irrimediabilmente inutilizzabile. Mentre proseguono i naufragi e aumentano le intercettazioni in mare da parte delle autorità libiche, in Italia, proprio a partire dalle indagini di Trapani, sono stati numerosissimi i procedimenti avviati nei confronti delle organizzazioni della società civile attive nel soccorso in mare e anche di coloro che svolgono attività solidali a terra, ai confini e nell’ambito dell’accoglienza.

Questi procedimenti, come noto, riguardano l’applicazione dell’articolo 12 del Testo unico sull’immigrazione che punisce il favoreggiamento dell’immigrazione irregolare: finora si sono quasi sempre conclusi con l’archiviazione o l’assoluzione degli imputati in ragione del riconoscimento della sussistenza delle cause di giustificazione dell’adempimento di un dovere (quello del soccorso in mare) o dello stato di necessità.

Anche la Corte di Cassazione, nel caso di Carola Rackete, ha chiarito che chi soccorre i migranti nel Mediterraneo consentendone l’arrivo in sicurezza in Italia lo fa nell’adempimento dell’obbligo internazionale di assicurare lo sbarco dei naufraghi in un luogo «sicuro», secondo quanto previsto dal diritto del mare e dalle convenzioni a tutela dei diritti fondamentali.

È però importante ricordare che nella «guerra all’immigrazione» condotta dagli Stati europei, e in particolare dall’Italia, a essere vittime della criminalizzazione sono spesso i migranti stessi, per giunta con minori garanzie e minor supporto.

È il caso dei processi sommari agli «scafisti». Un altro esempio simile, fortunatamente con un lieto fine, è il processo «Agaish» contro quattro rifugiati eritrei. Condannati dalla Corte d’Appello di Roma per favoreggiamento dell’immigrazione irregolare per aver aiutato dei connazionali a muoversi verso altre città italiane sono stati assolti solo ieri dalla Corte di Cassazione dopo un processo durato sei anni che ha comportato anche 18 mesi di custodia cautelare in carcere. Le loro condotte erano molto simili a quelle contestate agli attivisti dell’associazione Baobab Experience, sottoposti a un lungo processo conclusosi di recente con l’assoluzione.

La guerra in Ucraina e le iniziative sviluppate per favorire il transito, l’accoglienza e il conseguimento degli status giuridici in favore degli ucraini in fuga dal paese sono un’occasione per ripensare le categorie giuridiche, politiche e sociali con le quali interpretiamo il movimento delle persone attraverso i confini.

L’ondata di solidarietà – istituzionale e informale – che ha accompagnato l’arrivo degli ucraini è ampia e diffusa, e chi li accoglie o aiuta ad arrivare in Europa è giustamente elogiato.

Perché gli stessi gesti e le stesse azioni sono invece considerate criminali quando avvengono nel Mediterraneo o nei confronti di chi fugge da altri contesti?

Comunicato di ASGI e ARCI apparso su Il Manifesto il 21 maggio 2022

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Reddito di cittadinanza: rinviato alla Corte Costituzionale il requisito dei 10 anni di residenza

Con ordinanza depositata oggi la Corte d’Appello di Milano ha ritenuto “rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle norme sul reddito di cittadinanza nella parte in cui prevedono il requisito di residenza decennale sul territorio nazionale per l’accesso alla prestazione.

Secondo la Corte d’Appello di Milano il requisito della “residenza protratta” viola l’art. 3 della Costituzione perché non ha alcun collegamento con il bisogno delle persone.

Il giudizio è stato promosso da un gruppo di cittadini europei con il sostegno di ASGI e della Comunità di Sant’Egidio di  Milano. 

La questione riguarda molte persone in difficoltà economiche, ma senza la residenza di almeno 10 anni in Italia, che vengono al momento escluse dall’aiuto economico.

In particolare, però, ne sono investiti anche molti Tribunali italiani ai quali si sono rivolti i cittadini stranieri, comunitari ed italiani e a cui l’INPS, dopo aver erogato il beneficio per alcuni anni, lo ha revocato chiedendone la restituzione, in quanto, pur avendo tutti i requisiti di reddito, non avevano quello di residenza decennale.

Ora la Corte ha ritenuto che questa norma sia in contrasto non solo con il diritto europeo (in particolare con la direttiva  2004/38 e con il Regolamento 492/11) ma anche con l’art. 3 della Costituzione,  perché introduce un requisito che non ha alcun collegamento con il bisogno delle persone e che neppure garantisce la stabilità futura del beneficiario, la quale, semmai,  dipende proprio dalla possibilità di inserimento sociale e non dalla durata della residenza pregressa.  

“La Corte d’Appello riconosce che un requisito cosi sproporzionato costituisce una discriminazione in danno dei cittadini stranieri – precisa l’avv. Alberto Guariso che  ha  assistito i ricorrenti  – ma precisa che le medesime argomentazioni devono valere anche per i cittadini italiani, essendo irragionevole, dice la Corte, premiare il “bisognoso stanziale” rispetto al “bisognoso mobile”. E può aggiungersi che valgono anche per quei cittadini extra UE che, in base al loro titolo di soggiorno hanno diritto alla parità di trattamento nelle prestazioni sociali cioè i titolari di permesso di lungo periodo e i titolari di protezione internazionale: dunque se il requisito cadrà, cadrà per tutti”.

ASGI, che tramite i suoi soci sta assistendo molti stranieri destinatari delle richieste di restituzione, chiede ora che l’INPS sospenda ogni procedura in attesa della decisione della Corte e che comunque si metta mano alla modifica di questo requisito che la stessa Commissione Saraceno, nominata dal Governo per valutare le proposte di riforma, aveva riconosciuto essere del tutto irragionevole.


L’ordinanza

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Riforma del Codice Schengen: l’analisi dell’ASGI e del Border Violence Monitoring Network

schengen

Nel dicembre 2021 la Commissione europea ha presentato una proposta di modifica del Codice frontiere Schengen (CFS) allo scopo di riformare le regole per controllare i confini interni ed esterni dell’Unione.

Tuttavia secondo le associazioni di tutela dei diritti dei migranti questa riforma potrebbe avere gravi conseguenze sui diritti fondamentali delle persone migranti presenti alle frontiere .

Innanzitutto i movimenti delle persone migranti vengono considerati unicamente entro un discorso securitario, contribuendo, insieme ad altri documenti legislativi che accompagnano il Nuovo Patto sull’Asilo e la Migrazione, e ai tentativi falliti di implementare i meccanismi indipendenti di monitoraggio delle frontiere, a giustificare le condotte statali volte alla tutela della sicurezza e dell’ordine pubblico anche a scapito della tutela dei diritti fondamentali.

Inoltre alcuni degli aspetti più preoccupanti della proposta riguardano l’uso delle tecnologie e la profilazione etnica, che possono esplicare i loro effetti sia alle frontiere esterne che a quelle interne. 

Per fare luce sull’impatto che la riforma avrebbe sulle vite delle persone in movimento che attraversano le frontiere europee, già oggi minacciate da pratiche violente e in contrasto con il diritto internazionale, europeo e nazionale in materia di diritti umani, ASGI e Border Violence Monitoring Network hanno elaborato congiuntamente un’analisi giuridica e politica .

BVMN – ASGI – Joint Statement on Schengen Border Code Reform

Le nostre raccomandazioni

Affinché la proposta sia in linea con i diritti fondamentali delle persone in movimento, come associazioni chiediamo l’eliminazione di alcuni concetti e procedure chiave, e ribadiamo la necessità introdurre obblighi per gli Stati rispetto alla tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali. In particolare:

  • Chiediamo che il riferimento al concetto di ‘strumentalizzazione dei migranti’ sia eliminato dalla proposta, poiché l’indeterminatezza della definizione, l’assenza di criteri chiari per l’attivazione della misure rispetto alla loro necessità e proporzionalità, e quindi l’utilizzo arbitrario che ne verrebbe fatto da parte degli Stati membri potrebbero avere gravi conseguenze sui diritti delle persone in movimento, esponendole a pratiche di respingimento, mancato accesso al sistema di asilo e minacce per la vita e l’incolumità fisica dei migranti, come accaduto in passato.
  • Chiediamo che l’introduzione di un nuovo meccanismo volto alla regolamentazione delle restrizioni della libertà di movimento in caso di minacce per la salute pubblica sia accompagnato da un sistema – ad esempio attraverso la riforma del meccanismo indipendente di valutazione e monitoraggio – che consenta di prevenire l’utilizzo strumentale delle emergenze in tema di salute pubblica con lo scopo di limitare ingiustificatamente il movimento e l’accesso al diritto di asilo per le persone migranti.
  • Chiediamo che il riferimento alla “lotta contro il soggiorno irregolare connesso con la migrazione irregolare” sia eliminato dagli scopi per cui sarebbe ammissibile l’esercizio di controlli di polizia alternativi ai controlli di frontiera, dal momento che tale inciso consentirebbe alle autorità competenti di porre in essere attività di controllo dirette sistematicamente contro le persone in movimento, senza che queste siano qualificabili come controlli di frontiera; inoltre, respingiamo l’assunto che i movimenti dei migranti alle frontiere interne e il loro eventuale soggiorno irregolare possano essere qualificati come una minaccia all’ordine e alla sicurezza pubblici.
  • Riteniamo che l’espansione dei poteri di controllo ad opera delle autorità di polizia in prossimità delle frontiere interne – senza che questi siano definiti come controlli di confine, e dunque vietati – possa tradursi in prassi sistematiche di profilazione etnica, con conseguente violazione dei diritti alla non discriminazione, al rispetto della vita privata e familiari e alla protezione dei dati personali. Per affrontare questo rischio, chiediamo che gli Stati siano vincolati ad adottare una legislazione dettagliata che definisca e proibisca la profilazione etnica e che circoscriva i poteri discrezionali delle forze dell’ordine.
  • Riteniamo ugualmente pericoloso il riferimento all’uso delle “tecnologie di sorveglianza e monitoraggio” nell’ambito dei controlli alle frontiere esterne e nei controlli di polizia in prossimità delle aree interne di confine, poiché non si tiene conto dei rischi collegati all’uso di tali tecnologie (ad es. il rafforzamento di controlli effettuati su base discriminatoria, la violazione del diritto al rispetto dei dati personali), soprattutto alla luce dell’assenza di una legislazione dettagliata negli Stati membri che disciplini i poteri delle autorità e l’incisività del controllo tramite le tecnologie di sorveglianza.
  • Chiediamo l’eliminazione della nuova procedura sui “trasferimenti dei migranti” alle frontiere interne, presentata come ‘misura alternativa’ sostanzialmente volta ad evitare i movimenti secondari dei migranti, ma che di fatto istituzionalizza i respingimenti informali che ripetutamente avvengono alle frontiere interne e che sono stati più volte qualificati da diversi Tribunali come in contrasto con il principio di non refoulement (soprattutto con riferimento ai respingimenti a catena), con il diritto di asilo e con il diritto ad un rimedio effettivo. Riteniamo inoltre ingiustificata l’espansione dei poteri di stipulare accordi bilaterali tra Stati Membri volti alla riammissione dei migranti, perché, come le prassi attuali hanno già dimostrato, questi rappresentano una modalità di aggirare le regole e le garanzie europee in materia di asilo e rimpatrio.

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2022 e la mutazione genetica del processo: dalla cessazione dell’emergenza al passaggio (automatico) all’efficienza

Di seguito l'articolo della Prof.ssa Marandola, pubblicato su Diritto Penale e Processo, n. 5/2022, Ipsoa, Milano.

L’improvvisa emergenza sanitaria causata dal Covid-19 e, poi, dalle sue varianti, ha imposto, per le caratteristiche del virus, l’adozione immediata di alcune misure di salvaguardia anche all’interno delle strutture dedite all’amministrazione della giustizia penale. Dopo un primo periodo di “fermo”, è succeduta una serie di provvedimenti che, per tutelare la salute, hanno sovvertito le forme e le modalità di conduzione del rito penale. Ebbene, una tale modalità di conduzione dei processi - giustificata dall’emergenza sanitaria - sarebbe dovuta cessare il 31 marzo 2022, con la fine dello stato d’emergenza, appunto. Preso atto, invece, della celerità e snellezza nell’amministrazione della giustizia che le straordinarie metodologie realizzano e della necessaria riduzione drastica delle pendenze processuali per poter beneficiare dei finanziamenti europei, il Governo, prima, e il Parlamento, poi, hanno avallato il mantenimento di tale peculiare normativa. L’opzione non appare giustificabile: con la cessazione dello stato d’emergenza avrebbe dovuto trovare nuovamente vigore la disciplina codicistica, anche per le parti a cui finora si era derogato. La scelta - operata per consentire una certa “continuità” con il regime di prossima approvazione e contenuto nella L. delega n. 134 del 2021 con cui dovrebbe prendere forma la c.d. Riforma Cartabia - non appare sistematicamente e istituzionalmente del tutto conforme al regime che, ad emergenza conclusa, così come accade per le altre ordinarie attività, avrebbe dovuto applicarsi.

Illegittimo dare ai figli il solo cognome del padre: la sentenza

Stop agli automatismi per il cognome ai figli Uguaglianza e pari dignità uomo donnaL'automatismo lede l'identità del figlio Al Legislatore risolvere le lacune create dalla modifica Stop agli automatismi per il cognome ai figli [Torna su] Addio agli automatismi sul cognome da dare ai figli. La Corte costituzionale, come anticipato con il comunicato del 27 aprile scorso e come risulta dalla motivazioni della sentenza n. 131 del 31 maggio 2022 (sotto allegata), dopo aver esaminato le questioni di legittimità costituzionale sulle norme che regolano, nell'ordinamento italiano, l'attribuzione del cognome ai figli, ha dichiarando illegittime le disposizioni che attribuiscono automaticamente il cognome del padre. In particolare, la Corte si è pronunciata sulla norma che non consente ai genitor...

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Ddl concorrenza 2022 in attesa del si definitivoConcessioni balneariConcessioni idroelettricheTrasporto pubblico localeFarmaci equivalenti e standby sul prezzoGestione dei rifiutiAccreditamento strutture sanitarie privateDdl concorrenza 2022 in attesa del si definitivo [Torna su] Il ddl concorrenza 2022 è ora all'esame della Commissione permanente Industria, Commercio e turismo del Senato dopo l'approvazione del testo con modifiche da parte della Camera dei deputati, in data 26 luglio 2022 (sotto allegato.) Il via libera definitivo da parte del Senato è atteso prima della pausa estiva. Uno dei temi più caldi del provvedimento è rappresentato sicuramente dalle concessioni balneari. Il testo affronta però altri temi assai delicati come i servizi pubblici locali, l'energia, la sostenib...

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Consulta: nelle udienze entra il dialogo tra giudici e avvocati

Novità nelle udienze della ConsultaDialogo tra giudici e avvocati dal 21 giugno 2022Novità nelle udienze della Consulta[Torna su] Con un comunicato di martedì 31 maggio 2022 (sotto allegato) la Corte Costituzionale informa che anche nelle sue udienze, come già accade in alcune Corti europee e anglosassoni, entra il dialogo tra giudici e avvocati. Fino ad oggi la trattazione si è infatti tenuta in forma scritta, attraverso la presentazione e lettura di relazioni. Le regole del cambiamento sono contenute in due provvedimenti: le Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale del 31 maggio 2022, ma non ancora disponibili; il decreto del presidente della Corte Costituzionale del 30 maggio 2022 (sotto allegato). Dialogo t...