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Spetta allo Stato il trattamento dei dati personali

Spetta all'UE e allo Stato, e non alle Regioni, disciplinare il trattamento dei dati personali. È incostituzionale, infatti, una disciplina regionale che regola il trattamento dei dati personali nella installazione degli impianti di videosorveglianza, in quanto vìola gli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea e invade le competenze legislative esclusive dello Stato nella materia «ordinamento civile». È quanto si legge nella sentenza n. 69/2024 (sotto allegata), con cui la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'articolo 3 della legge della Regione Puglia n. 13 del 2023 per contrasto con l'art. 117, commi primo e secondo, della Costituzione. La Consulta ha rilevato che l'Unione europea, nell'esercizio della competenza fissata nel...

Edilizia pubblica: non si può escludere chi non risiede da 5 anni

È irragionevole negare l'accesso all'edilizia residenziale pubblica a chi, italiano o straniero, al momento della richiesta non sia residente nel territorio della Regione da almeno cinque anni, pur se calcolati nell'arco degli ultimi dieci e maturati eventualmente anche in forma non continuativa. Il requisito della prolungata residenza impedisce di soddisfare il diritto inviolabile all'abitazione, funzionale a che «la vita di ogni persona rifletta ogni giorno e sotto ogni aspetto l'immagine universale della dignità umana». È quanto ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 67/2024 (sotto allegata), che ha ritenuto contrastante con i principi di eguaglianza e di ragionevolezza, previsti dall'art. 3 della Costituzione, l'art. 25, comma 2, lettera a), della legge della Regione V...

Condominio, comunione e multiproprietà: differenze

Condominio e comunioneCasi pratici e conseguenzeFabbricato con due unità Multiproprietà Condominio e comunione[Torna su]Ciò che distingue il condominio dalla comunione è la relazione di accessorietà necessaria delle parti comuni, in caso di condominio, alle parti di proprietà individuale; nella comunione le parti comuni sono beni autonomi utili a sé stessi.Altra differenza è rappresentata dal godimento; nella comunione ogni partecipante esercita il proprio diritto nei limiti della propria quota, nel condominio, invece, le parti comuni sono godibili indipendentemente dalla quota di partecipazione.La distinzione tra condominio e comunione è rilevante anche e soprattutto in relazione alle regole diverse di amministrazione.In tal senso, il problema si pone in relazione al condomino formato da ...

Le indagini della polizia tributaria nelle separazioni e nei divorzi

Accertamento polizia tributariaIl potere del giudiceI limitiAccertamento polizia tributaria[Torna su] La Corte di Cassazione (cfr. ordinanza n. 25314/2021) ha stabilito che i poteri officiosi del giudice della separazione o del divorzio di disporre accertamenti di polizia tributaria ed informazioni di carattere economico sui redditi e sui beni dei coniugi ai sensi dell'art. 337-ter sesto comma c.c. possono essere esercitati esclusivamente quando siano non esaustive le prove acquisite agli atti di causa e detto giudizio di esaustività, se adeguatamente motivato, non è censurabile in sede di legittimità. La normativa vigente sul divorzio prevede che ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento ...

Gratuito patrocinio: il soccombente paga comunque le spese

La quantificazione delle spese di lite non subisce deroghe nel «caso particolare in cui la parte vittoriosa è stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato»; infatti anche in tal caso il giudice civile «applica gli ordinari criteri di liquidazione», pure se lo Stato corrisponde al difensore del non abbiente un compenso dimezzato. È quanto ha affermato la Corte Costituzionale, nella sentenza n. 64/2024 (sotto allegata), dichiarando non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate sull'art. 133, comma 1, del d.P.R. n. 115 del 2002. La sentenza ha precisato che l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato fa sorgere un rapporto che si instaura direttamente tra lo Stato stesso e il difensore del beneficiario del patrocinio. A tale rapporto «le parti del giudizio rimangono t...

Compenso avvocato aumentato se la lite viene conciliata

Lite conciliata: compenso fase decisionale aumentatoCompenso avvocato e conciliazione della lite Causa conciliata: all'avvocato importo della fase decisoria aumentato del 25%Lite conciliata: compenso fase decisionale aumentato[Torna su] In presenza di una conciliazione giudiziale o di una transazione, la legge dispone che per l'attività di conciliazione svolta l'avvocato debba percepire un compenso pari all'importo stabilito per la fase decisionale aumentato del 25%. Lo ha chiarito la Cassazione nell'ordinanza n. 8576/2024 (sotto allegata). Compenso avvocato e conciliazione della lite [Torna su] Un avvocato propone un ricorso ai sensi dell'articolo 702 bis del codice di procedura civile e dell'articolo 14 del decreto legislativo 150/2011 per ottenere il pagamento dei propri compensi ...

La Corte costituzionale dichiara l’illegittimità della legge regionale veneta sull’accesso alle case popolari

Fotografia di un condominio

Con sentenza n. 67 del 22 aprile 2024, la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale il requisito di residenza quinquennale nel territorio regionale previsto dalla L. Regione Veneto n. 39 del 2017 per accedere alle graduatorie per l’edilizia residenziale pubblica.

La vicenda nasce nel 2022, quando il Comune di Venezia aveva pubblicato un bando per l’accesso all’edilizia residenziale pubblica che, secondo quanto stabilito dalla normativa della Regione Veneto, prevedeva il requisito di “residenza anagrafica nel Veneto da almeno 5 anni, anche non consecutivi e calcolati negli ultimi 10″. 

ASGI, Razzismo Stop Onlus, SUNIA – Federazione di Padova e un gruppo di cittadini stranieri (provenienti da Camerun e Venezuela) hanno presentato un ricorso presso il Tribunale di Padova, il quale, nel maggio 2023, ha dubitato della legittimità del requisito di residenza quinquennale e inviato gli atti alla Corte Costituzionale. 

Con la sentenza di oggi (Red. Navarretta) la Corte conferma un orientamento ormai più che granitico (a partire dalla sentenza 44/2020 ribadito con le sentenze n. 145 e 77 del 2023), dando atto che l’accesso all’abitazione, in quanto “diritto sociale inviolabile“, non può prevedere criteri che esulino dallo stato di bisogno della persona. Per l’accesso alle case popolari è dunque irragionevole qualsiasi requisito di residenza pregressa, che nulla ha a che vedere con i bisogni del richiedente, che è “insensibile alla condizione di chi è costretto a muoversi proprio per effetto della sua condizione di fragilità economica”, e che nemmeno può essere un idoneo indicatore sul futuro radicamento nel territorio dell’interessato. Tale valutazione rimane valida, sottolinea la Corte, anche qualora, come nel caso della Regione Veneto, la legge diluisca il criterio nel tempo, prevedendo la possibilità di maturare il requisito di 5 anni di residenza anche nell’arco di 10 anni. 

La Corte ha concluso dichiarando l’incostituzionalità della norma poiché prevedere “la residenza protratta nel territorio regionale quale criterio di accesso ai servizi dell’ERP equivale ad aggiungere agli ostacoli di fatto costituiti dal disagio economico e sociale un ulteriore e irragionevole ostacolo che allontana vieppiù le persone dal traguardo di conseguire una casa, tradendo l’ontologica destinazione sociale al soddisfacimento paritario del diritto all’abitazione della proprietà pubblica degli immobili ERP.”

Tale requisito andrà ora cancellato dalla legge regionale. Nel frattempo, i bandi che avevano escluso illegittimamente cittadini stranieri (e non) dovranno essere riaperti. 

Ancora una volta le ragioni dell’uguaglianza superano l’irragionevole e ideologica esclusione di alcune categorie di soggetti meritevoli di aiuto, cui viene negato il fondamentale diritto alla casa senza alcuna logica. 

Le associazioni invitano le Regioni che ancora presentano questa previsione (Piemonte e Umbria) a eliminarle senza attendere gli esiti dei giudizi in corso, ristabilendo così il principio secondo cui le politiche sociali devono avere come naturali destinatari le persone bisognose, indipendentemente dalla durata della residenza; ciò nell’interesse non solo dei cittadini stranieri (che hanno una mobilità interna più elevata degli italiani e sono quindi danneggiati da requisiti come questo) ma anche degli italiani la cui mobilità tra comuni e tra regioni dovrebbe essere favorita nell’interesse del dinamismo sociale e non ostacolata con l’esclusione dai diritti sociali.

Immagine di wirestock su Freepik

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La Corte costituzionale dichiara l’illegittimità della legge regionale veneta sull’accesso alle case popolari

Fotografia di un condominio

Con sentenza n. 67 del 22 aprile 2024, la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale il requisito di residenza quinquennale nel territorio regionale previsto dalla L. Regione Veneto n. 39 del 2017 per accedere alle graduatorie per l’edilizia residenziale pubblica.

La vicenda nasce nel 2022, quando il Comune di Venezia aveva pubblicato un bando per l’accesso all’edilizia residenziale pubblica che, secondo quanto stabilito dalla normativa della Regione Veneto, prevedeva il requisito di “residenza anagrafica nel Veneto da almeno 5 anni, anche non consecutivi e calcolati negli ultimi 10″. 

ASGI, Razzismo Stop Onlus, SUNIA – Federazione di Padova e un gruppo di cittadini stranieri (provenienti da Camerun e Venezuela) hanno presentato un ricorso presso il Tribunale di Padova, il quale, nel maggio 2023, ha dubitato della legittimità del requisito di residenza quinquennale e inviato gli atti alla Corte Costituzionale. 

Con la sentenza di oggi (Red. Navarretta) la Corte conferma un orientamento ormai più che granitico (a partire dalla sentenza 44/2020 ribadito con le sentenze n. 145 e 77 del 2023), dando atto che l’accesso all’abitazione, in quanto “diritto sociale inviolabile“, non può prevedere criteri che esulino dallo stato di bisogno della persona. Per l’accesso alle case popolari è dunque irragionevole qualsiasi requisito di residenza pregressa, che nulla ha a che vedere con i bisogni del richiedente, che è “insensibile alla condizione di chi è costretto a muoversi proprio per effetto della sua condizione di fragilità economica”, e che nemmeno può essere un idoneo indicatore sul futuro radicamento nel territorio dell’interessato. Tale valutazione rimane valida, sottolinea la Corte, anche qualora, come nel caso della Regione Veneto, la legge diluisca il criterio nel tempo, prevedendo la possibilità di maturare il requisito di 5 anni di residenza anche nell’arco di 10 anni. 

La Corte ha concluso dichiarando l’incostituzionalità della norma poiché prevedere “la residenza protratta nel territorio regionale quale criterio di accesso ai servizi dell’ERP equivale ad aggiungere agli ostacoli di fatto costituiti dal disagio economico e sociale un ulteriore e irragionevole ostacolo che allontana vieppiù le persone dal traguardo di conseguire una casa, tradendo l’ontologica destinazione sociale al soddisfacimento paritario del diritto all’abitazione della proprietà pubblica degli immobili ERP.”

Tale requisito andrà ora cancellato dalla legge regionale. Nel frattempo, i bandi che avevano escluso illegittimamente cittadini stranieri (e non) dovranno essere riaperti. 

Ancora una volta le ragioni dell’uguaglianza superano l’irragionevole e ideologica esclusione di alcune categorie di soggetti meritevoli di aiuto, cui viene negato il fondamentale diritto alla casa senza alcuna logica. 

Le associazioni invitano le Regioni che ancora presentano questa previsione (Piemonte e Umbria) a eliminarle senza attendere gli esiti dei giudizi in corso, ristabilendo così il principio secondo cui le politiche sociali devono avere come naturali destinatari le persone bisognose, indipendentemente dalla durata della residenza; ciò nell’interesse non solo dei cittadini stranieri (che hanno una mobilità interna più elevata degli italiani e sono quindi danneggiati da requisiti come questo) ma anche degli italiani la cui mobilità tra comuni e tra regioni dovrebbe essere favorita nell’interesse del dinamismo sociale e non ostacolata con l’esclusione dai diritti sociali.

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Amministratore condominio: con la nomina scaturisce anche il diritto al compenso

Compenso amministratore di condominioContratto di mandato e diritto al compensoSpese anticipate dall'amministratore di condominioDecisione Compenso amministratore di condominio[Torna su] Un ex amministratore citava innanzi al Tribunale di Nola un condominio esponendo di non aver percepito il compenso professionale, nel periodo compreso tra il 01.01.2010 e il 25.09.2013, per complessivi € 5.002,50 e di aver anticipato spese per € 2.492,85, negli anni 2012 e 2013. Si costituiva in giudizio il condominio eccependo la prescrizione dei crediti vantati dall'ex amministratore; lamentava, inoltre, l'inadempimento del mandato per non essersi attivato nel richiedere gli oneri dovuti dai condomini e evidenziava la mancanza di prove dell'avversa domanda. Contratto di mandato e diritto al compenso[T...

Non si può sostituire il mantenimento ai figli con altri beni

Violazione obblighi assistenza familiareCessione del credito per gli straordinari: il reato non sussiste Mantenimento minori: i beni devono soddisfare i bisogni primariViolazione obblighi assistenza familiare[Torna su] Il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare è integrato quando il genitore obbligato a versare il mantenimento per il figlio offra un bene diverso, come la cessione del credito vantato nei confronti del datore di lavoro per gli straordinari effettuati. Il minore, in quanto tale, non ha capacità reddituale per cui l'obbligo di mantenimento nei suoi confronti non può essere soddisfatto se vengono offerti beni che non siano in grado di soddisfare le sue necessità quotidiane. Lo ha ribadito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 14025/2024 (sotto allegata...