Categoria Giurisprudenza penale

Interferenze illecite nella vita privata: notizie e immagini

Tribunale Nola, sentenza del 7 gennaio 2020 – – – Interferenze illecite nella vita privata: acquisizione notizie ed immagini attinenti alla vita privata – necessità

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Codice Penale

Interferenze illecite nella vita privata: acquisizione notizie ed immagini attinenti alla vita privata – necessità.  (art. 615 bis c.p.)

Tribunale Nola, GM dr.ssa De Majo
sentenza 7 gennaio 2020

Non commette il delitto de quo vertitur colui che sulla tettoia della propria fabbrica abbia installato una telecamera idonea a riprendere l’ingresso di uno stabilimento industriale di proprietà altrui, qualora non risulti che la telecamera fosse in grado di riprendere, non solo l’accesso e l’uscita dei mezzi e le relative targhe, ma anche l’attività lavorativa svolta all’interno dello stabilimento industriale.
Il delitto di indiscrezione si consuma nel momento in cui il reo acquisisce le notizie e le immagini attinenti alla vita personale della vittima.

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Quando un amore lascia il vuoto nel cuore… e nelle tasche! Truffa

Romantic scam – Truffa romantica – Quando un amore lascia il vuoto nel cuore… e nelle tasche! – Configura il reato di truffa simulare l’amore per una persona al fine di …

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QUANDO UN AMORE LASCIA IL VUOTO NEL CUORE… E NELLE TASCHE!
Configura il reato di truffa  simulare l’amore per una persona al fine di ottenere, da questa, vantaggi patrimoniali.

Cassazione Penale, Seconda Sezione, 13 giugno 2019, n. 25165

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di
Avv. Pasquale Napolitano

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Approda nei Tribunali, il caso delle cosiddette “romantic scam” (truffe romantiche).
La vicenda vedeva protagonista un uomo, il quale, fingendo di amare una donna e, quindi, intraprendendo una relazione sentimentale con ella, le proponeva falsamente l’acquisto in comproprietà di un appartamento (mostrandole anche fotografie dello stesso); le chiedeva, inoltre, prestiti personali e le prospettava la cointestazione di quote societarie, così facendosi consegnare dalla donna ingenti somme di denaro.

Per la Suprema Corte, ai fini dell’individuazione della condotta truffaldina, in casi simili, occorre accertare l’idoneità ingannatoria degli artifizi o raggiri ed il nesso causale tra l’inganno e l’errore della vittima la quale, convinta dalle false prospettazioni rappresentate dal partner, effettua disposizioni patrimoniali che altrimenti non avrebbe eseguito.
Condividendo le conclusioni della Corte d’Appello, la Cassazione ha ritenuto che la persona offesa non avesse consegnato denaro all’imputato per perseguire finalità speculative, ma solo per realizzare il progetto di vita insieme, prospettatole dal partner.
Più precisamente, il quesito proposto alla Suprema Corte, era il seguente: se la menzogna riguardante i propri sentimenti amorosi, possa o meno costituire un artificio o raggiro rilevante ai fini dell’integrazione del reato di truffa.
La risposta è stata positiva. Anzi, i Giudici di Piazza Cavour, hanno sottolineato che la condotta dell’imputato era consistita non solo nel fingere sentimenti d’amore, ma nell’armonizzare la menzogna dei propri sentimenti con ulteriori e specifici elementi, quali il progetto di vita in comune, l’investimento societario ed i prestiti richiesti, idonei, insieme ad essa, a raggirare la psiche della donna in modo da assurgere a verità ed a trarre in errore la malcapitata.
In definitiva, il principio enunciato dalla Corte di Cassazione, in siffatti casi, è il seguente: “la truffa non si apprezza per l’inganno riguardante i sentimenti dell’agente rispetto a quelli della vittima, ma perché la menzogna circa i propri sentimenti è intonata con tutta una situazione atta a far scambiare il falso con il vero operando sulla psiche del soggetto passivo. Non c’è dubbio che l’imputato, nella presentazione di una falsa prospettiva di vita in comune, abbia indotto in errore la persona offesa, la quale, proprio perché coinvolta in una relazione sentimentale non poteva avere sospetti delle reali motivazioni che stavano dietro alle richieste di denaro”.

PENE D’AMORE PER LA DONNA, PENE SEVERE PER L’IMPUTATO.

Avv. Pasquale Napolitano

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Responsabilità medica, relazioni tecniche dell’accusa e della difesa

Corte di Cassazione, Sez. IV Penale, sentenza del 4 marzo 2020 – – – Responsabilità medica – Decesso di un paziente a causa di insufficienza cardiocircolatoria – Parità delle relazioni tecniche dell’accusa e della difesa

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Responsabilità medica

Decesso di un paziente a causa di insufficienza cardiocircolatoria – Responsabilità medica – Relazioni tecniche dell’accusa e della difesa. Una decisione che sancisce la parità tra relazioni tecniche dell’accusa e della difesa su circostanze non sempre valutate dalle linee guida

Corte di Cassazione, Sez. IV Penale, sentenza n. 10175 del 4 marzo 2020

Una decisione che sancisce la parità tra relazioni tecniche dell’accusa e della difesa su circostanze non sempre valutate dalle linee guida

 

A fronte di due pareri discordanti dei consulenti dell’accusa e della difesa su circostanze non espressamente valutate dalle linee guida, ma che hanno, tuttavia, caratterizzato il caso esaminato dal medico, la decisione dei giudici di merito che scelga tra le due posizioni non può fondarsi sul mero rinvio alle linee guida, che non contemplano e non valutano dette circostanze e che, proprio perchè elaborate in via astratta, non possono esaurire tutte le situazioni concrete.

Una cardiologa era stata condannata in primo e secondo grado per aver cagionato il decesso di un paziente a causa di insufficienza cardiocircolatoria acuta da trombo embolia polmonare massiva per trombosi venosa profonda. L’accusa era quella di aver omesso con imprudenza e negligenza, la prescrizione e somministrazione di adeguata terapia profilattica antitrombotica a base di derivati eparinici, terapia che, se tempestivamente somministrata, avrebbe potuto scongiurare l’evento.

La Suprema Corte annulla la sentenza evidenziando la mancanza di nesso causale tra la condotta del sanitario e il decesso sopravvenuto, sottolineando come nel reato colposo omissivo improprio il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica che tenga conto delle contingenze significative del caso concreto, quali:
a) l’andamento della patologia in concreto accertata;
b) l’efficacia delle terapie;
c) i fattori che solitamente influenzano il successo degli sforzi terapeutici.
In particolare, i Giudici di merito sono stati censurati non solo per aver trascurato di valutare – nell’accertamento del nesso causale – le condizioni specifiche della paziente (età ed altre patologie accertate tra cui la sincope che aveva determinato il ricovero, il diabete mellito di tipo 2, la gastrite cronica, la ipertensione, ed altre circostanze temporali ) ma soprattutto per aver preferito la consulenza dell’accusa con la quale si operava un astratto rinvio alle linee guida che nella specie non valutavano le circostanze del caso concreto.
Tanto statuito, i Giudici Ermellini hanno chiesto al giudice di merito – in sede di rinvio – di dover spiegare, in base alle leggi scientifiche adattate alle peculiarità del caso concreto, le ragioni che lo inducevano a scegliere tra le contrapposte posizioni dei consulenti dando conto non solo della scelta adottata ma anche del contenuto della tesi disattesa e delle contro-deduzioni.

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Non si va al mare, è possibile una piscina gonfiabile in giardino?

Corte di Cassazione, Sezione II Penale, sentenza del 30 maggio 2018 – – –  Edilizia – piscina gonfiabile  – in area destinata a parcheggio – priva di aggancio al suolo  – con scaletta per accedervi – permesso di costruire – d.i.a – responsabilità penale?

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Piscina gonfiabile in area destinata a parcheggio – priva di aggancio al suolo – con scaletta per accedervi – permesso di costruire – d.i.a – responsabilità penale?

Corte di Cassazione, Sezione II Penale,
 sentenza n. 39406 del 30 maggio 2018

Con sentenza del 23 giugno 2016, il Tribunale di Ivrea condannava Tiziox e Caiox, per fatti accertati nel Comune di Xxx nel … luglio del 2014,  “alla pena sospesa di euro 4.000 di ammenda ciascuno, per il reato di cui all’art. 44 lett. a) del d.P.R. n. 380 del 2001, per avere, quali proprietari, in difformità del permesso a costruire n. …/06 nonché della d.i.a. del … 2007 ed in contrasto con le NTA del PRG, realizzato opere di trasformazione/cambio di destinazione d’uso dei luoghi, installando sull’area destinata a parcheggio una piscina gonfiabile ed altro materiale di varia natura”

Con decisione n. 39406 del 30 maggio 2018, la Corte di Cassazione, Sez. II Penale, dichiara che il fatto non sussiste  e annulla  senza rinvio la sentenza impugnata, così motivando:

“…La sentenza impugnata fonda la responsabilità penale degli imputati su un travisamento della prova e su un’errata interpretazione delle norme giuridiche di cui il giudice deve tenere conto nell’applicazione della legge penale, e segnatamente dell’art. 23 ter del d.P.R. n. 380 del 2001.”
Poi osserva che la “sentenza mostra di cadere in un errore giuridico laddove ritiene sussistente la contravvenzione con riguardo al deposito di “materiale edile vario” dal momento che la medesima sentenza dà atto che era stato rivenuto “sull’area limitrofa” all’area destinata a parcheggio che, secondo l’accusa, sarebbe stata oggetto di mutamento di destinazione d’uso, mediante opere, sicchè alcun rilievo penale assume il deposito di “altro materiale di varia natura” non ricadente nell’area dove sarebbe intervenuto il  mutamento di destinazione d’uso.”
Aggiunge che “la sentenza fonda la responsabilità degli imputati in relazione alle violazioni delle NTA, del permesso a costruire, per la modifica della destinazione d’uso a parcheggio con opere, realizzate, mediante posizionamento di una piscina gonfiabile, sulla scorta di un travisamento della prova – mentre dagli atti, a cui la Corte ha accesso essendo denunciato il suddetto vizio,  “risulta che una  piscina gonfiabile di piccole dimensioni del tipo di quelle in commercio per bambini, priva di aggancio al suolo e opere per il suo utilizzo (scaletta per accedervi) era posizionata sul giardino (dalle fotografie si apprezza anche la facile amovibilità, una volta sgonfiata).”
Afferma poi che costituisce ius receputm della stessa Corte  “il principio secondo cui in tema di reati edilizi, il mutamento di destinazione d’uso (ora disciplinato dall’art. 23-ter del d.P.R. n. 380 del 2001 (Mutamento d’uso urbanisticamente rilevante), senza opere è assoggettato a D.I.A. (ora SCIA), purché intervenga nell’ambito della stessa categoria urbanistica, mentre è richiesto il permesso di costruire per le modifiche di destinazione che comportino il passaggio di categoria o, se il cambio d’uso sia eseguito nei centri storici, anche all’interno di una stessa categoria omogenea (Sez. 3, n. 26455 del 05/04/2016, P.M. in proc. Stellato, Rv. 267106; Sez. 3, n. 12904 del 03/12/2015, Postiglione, Rv 266483; Sez. 3, n. 39897 del 24/06/2014, Filippi, Rv. 260422; Sez. 3, n. 5712 del 13/12/2013; Tortora, Rv. 258686).”
Inoltre precisa che “La destinazione d’uso è un elemento che qualifica la connotazione dell’immobile e risponde agli scopi di interesse pubblico perseguiti dalla pianificazione. Essa, infatti, individua il bene sotto l’aspetto funzionale, specificando le destinazioni di zona fissate dagli strumenti urbanistici in considerazione della differenziazione infrastrutturale del territorio, prevista e disciplinata dalla normativa sugli standard, diversi per qualità e quantità proprio a seconda della diversa destinazione di zona. In tale ambito solo gli strumenti di pianificazione, generali ed attuativi, possono decidere, fra tutte quelle possibili, destinazione d’uso dei suoli e degli edifici, poiché alle varie e diverse destinazioni, in tutte le loro possibili relazioni, devono essere assegnate – proprio in sede pianificatoria – determinate qualità e quantità di servizi. Da cui l’ovvia conseguenza che le modifiche non consentite della singola destinazione, incidendo sull’assetto del territorio comunale come pianificato, incidono negativamente sull’organizzazione dei servizi, alterando appunto la possibilità di una gestione ottimale del territorio.
In tale contesto, il mutamento di destinazione d’uso con opere deve, pur sempre, avere i connotati modificativi tendenzialmente stabili e non può ritenersi in presenza di opere precarie perché destinate ad un uso temporaneo e facilmente amovibili al termine di utilizzo, situazione riscontrabile, nel caso in esame, in considerazione delle dimensioni della piscina gonfiabile appoggiata sul suolo e destinata per la sua stessa tipologia costruttiva ad essere sgonfiata al termine della stagione estiva e del suo temporaneo utilizzo.”
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Edilizia, esclusione punibilità per particolare tenuità del fatto

Tribunale Nola, sentenza del 25 settembre 2019 – – – Edilizia – violazioni – esclusione punibilità per particolare tenuità del fatto

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EDILIZIA

Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto in caso di violazione urbanistiche e paesaggistiche – parametri valutativi
(DRP 380/11 – art. 131 bis)

Tribunale Nola, G.M. Dott. Muzzica, sentenza 25 settembre 2019

Per quanto concerne le violazioni urbanistiche e paesaggistiche, la S.C. ha individuato i parametri valutativi che devono sussistere in concreto perché l’intervento abusivo possa arrecare un’offesa particolarmente tenue agli interessi pubblici coinvolti, tale da consentire la non punibilità dell’autore. Secondo la S.C. deve aversi riguardo alla consistenza dell’intervento abusivo, alla destinazione dell’immobile, alla contestuale violazione di più norme penali, all’impossibilità di sanatoria, al rispetto dei vincoli di ogni tipo esistenti, alla presenza o meno di titoli abilitativi ed, in caso di presenza, al grado di difformità dell’opera rispetto a quanto stabilito dai medesimi, al collegamento dell’opera abusiva con interventi preesistenti, alle modalità di esecuzione dell’intervento.
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Covid-19, diritto di visita genitori separati – assegno mantenimento

Famiglia.  Emergenza COVID-19: diritto di visita dei genitori separati – assegno di mantenimento dei figli minori
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FAMIGLIA

EMERGENZA COVID-19
DIRITTO DI VISITA DEI GENITORI SEPARATI
ASSEGNO DI MANTENIMENTO DEI FIGLI MINORI

di
Avv. Giuseppina Marotta

 

Cosa succede nel caso in cui non viene versato l’assegno di mantenimento dei figli minori a causa della crisi economica?

E’ consentito lo spostamento per esercitare il diritto di visita dei genitori separati nonostante i divieti COVID-19? Cosa succede se il genitore collocatario lo impedisce?

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In questo periodo spesso viene richiesto al proprio avvocato se è passibile di denuncia penale il coniuge che:
a)- arbitrariamente, adducendo la attuale crisi economica, riduca e/o omette di corrispondere l’importo stabilito dal Giudice civile a titolo di assegno di mantenimento dei figli minori;
b)- sempre sua sponte, richiamando l’obbligo di restare a casa, neghi al genitore non collocatario di prendere i figli e/o di esercitare il diritto di visita secondo il calendario statuito dal giudice civile.
Ebbene, pur in assenza di disposizioni normative in tal senso, la risposta non può che essere affermativa, per entrambe le condotte.
Rispetto al primo caso, infatti, che la crisi economica non possa essere una giusta causa per sottrarsi al pagamento dell’assegno di mantenimento totale o parziale, si desume dalle numerose pronunce già emesse dalla S.C. di Cassazione, che ha sempre ribadito i seguenti principi, ormai consolidati, cui i Giudici di merito si sono pedissequamente conformati:
1)- lo stato di bisogno di un figlio minore è implicito nella sua condizione di minore (cfr. per tutte Cass. sez. VI 4/10 – 25/11/2016 n. 5007526/3/2003 n. 26725 ed altre conf.);
2)- non vale ad escludere il reato la circostanza che l’altro coniuge (o un terzo) provveda in via sussidiaria al mantenimento del minore (cfr. cass. Sez. VI 18/3/2015 n. 11804; cass. Sez. VI 21/11/2012 n. 49755; cass. sez. VI 9/1/2004 ed altre conf.)
3)- sussiste il reato anche in caso di inadempimento parziale del genitore obbligato, qualora le somme versate non siano in grado di far fronte alle loro esigenze fondamentali di vita; (cfr. Cass. n. 51027 del 18/12/2013; n. 15898 del 9/4/2014)
4)- l’addotta impossibilità di adempiere va dimostrata, con onere di allegazione a carico dell’obbligato. (cfr. Cass. Sez. V 15/12/2016-25/1/2017 n. 3831), che oltre a provare di non essere stato posto in condizioni di adempiere per cause a lui non imputabili, dovrà anche dimostrare di essersi prodigato per trovare attività di lavoro alternative e/o di non percepire rendite e/o altri benefici, tra cui reddito cittadinanza, indennità e/o benefit riconosciuti con i decreti governativi e regionali, anche in tale periodo critico.
Insomma, sembra evidente che in questo periodo non sarà semplice sottrarsi all’obbligo di corrispondere il mantenimento per i figli minori richiamando genericamente la crisi economica legata al COVID-19, in quanto a prescindere da tutto e da tutti, ai figli va comunque sempre assicurato il loro mantenimento, pena la responsabilità penale per il reato di cui all’art. 570 bis cp.
Per quanto concerne il diritto di visita dei minori, ci si pone di fronte ad una seria problematica avente ad oggetto la necessità di contemperare da un lato la tutela della salute dei figli minori, e dall’altro di garantire il diritto del genitore non collocatario di poter vedere e stare con i figli anche in questo periodo.
Va subito precisato che nonostante tale diritto non sia stato vietato con i decreti ministeriali succedutisi in questo terribile periodo di restrizioni, non sono mancati già pronunce di merito contrastanti.
Ed invero, da un lato il Tribunale di Bari adito da una madre che invocava la sospensione del diritto di visita del padre dimorante in altro e diverso comune, ritiene che vada sacrificato il diritto di far visita ai figli, a fronte di un prevalente interesse a tutelare la salute degli stessi.
Si legge, infatti, nel suo provvedimento che «Il diritto paterno ad incontrare i figli, in presenza della pericolosissima espansione della epidemia in corso, che non accenna ancora a ridurre la sua aggressività tanto da essere stata qualificata dell’Oms pandemia, deve considerarsi quindi recessivo rispetto al primario interesse dei minori a non esporsi al rischio di contagio, nel quale potrebbero poi essere veicolo essi stessi, e ciò sia in ossequio al divieto normativo» di spostamento tra comuni, «sia in forza dell’assoluta preminenza del diritto alla salute dei minori, che può essere compromesso dai contatti con il genitore, il quale sta continuando a lavorare in un call center e ha quindi frequentazioni con un numero indeterminato di persone, così rendendosi egli stessi possibile veicolo di infezione per i piccoli».
Nel contempo il giudice ha inoltre ordinato alla madre «di favorire i contatti audio-video anche plurigiornalieri tra il padre e i suoi figli attraverso l’utilizzo di tutti gli strumenti tecnologici disponibili».

Con questo provvedimento «provvisorio e urgente», il giudice ha così accolto la richiesta della madre di «sospensione degli incontri» per il rischio di contagio da coronavirus legato allo spostamento dei bambini da un comune all’altro.
Dall’altro, invece, il Tribunale di Milano adito per una analoga richiesta, si è pronunciato diversamente, rigettando la richiesta, ritenendo vincolante, ai fini del collocamento e frequentazioni con il padre, l’accordo separativo, aggiungendo che i decreti ministeriali dell’ 8 e del 9 Marzo non vietano l’esercizio di tale diritto.
Nello specifico, infatti, il Tribunale, rileva come il DPCM non precludesse il rientro presso la residenza o domicilio, e che il Governo nelle proprie FAQ aveva chiarito che erano permessi gli spostamenti per permettere a ciascun genitore di attuare il diritto di visita e frequentazione del figlio, rientrante nei “comprovati motivi di assoluta urgenza” che legittima lo spostamento da un Comune all’altro.
Nel successivo decreto dell’11 Marzo si faceva riferimento alla questione e si diceva che “gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore, sono consentiti, secondo le modalità previste dal Giudice”, munendosi di apposita autocertifcazione e documentazione comprovante il calendario delle visite.
Dunque una legittimazione che permane anche con il nuovo DPCM del 22.3.20, che nulla ha modificato al riguardo, e che nel caso in cui venga impedito e/o ostacolato da parte del coniuge collocatario, in assenza di pronunce d’urgenza che sospendano o vietano la visita, risulta punibile ex art. 388 c.p. .
Provvedimenti diametralmente opposti che, purtuttavia, auspicano entrambi un buon senso e responsabilità da parte dei genitori affinchè si adottino comunque tutte le cautele per evitare rischi del contagio.
Si pensi, ad esempio ai genitori esposti al rischio di contagio per ragioni sanitarie o perché conviventi con soggetti che per ragioni lavorative siano più esposti a rischio, oppure perché manifestano sintomi caratterizzanti il COVID-19.
In tali casi, prima ancora delle norme o dei provvedimenti giudiziali, dovrebbe imporsi, nel preminente interesse di tutela della salute dei minori, il senso di responsabilità e la prudenza del genitore “più esposto”.
Per cui, proprio in ossequio a quel senso di responsabilità che mai come in questo periodo ha assunto il ruolo di protagonista sin dall’inizio della pandemia, la soluzione auspicabile è quella di un accordo tra i genitori che, con equilibrio, nel rispetto della bigenitorialità e delle norme connesse all’emergenza epidemiologica, nell’interesse primario dei figli, favorisca sia la continuità del rapporto genitore/figli, sia la riduzione di rischi con limitazioni di frequenti trasferimenti, adottando soluzioni più pratiche e/o più opportune. (Si pensi ad esempio ad accorpare più giorni di permanenza dei figli presso ciascun genitore, ovvero, incentivare videochiamata e/o chiamata attraverso skype con i figli anche più volte al giorno, ovvero autosospendere il proprio diritto di visita ove sussista un rischio di contagio)

Avv. Giuseppina Marotta
(Studio Legale Pignatelli Siniscalchi & Partners)

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Interferenze illecite nella vita privata, lesione della riservatezza

Tribunale Nola, sentenza del 7 gennaio 2020 – – – Interferenza illecite nella vita privata: lesione della riservatezza – può consumarsi anche nei locali ove si svolge il lavoro dei privati (studio professionale, ristorante, bar, osteria, negozio in genere

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Codice Penale

Interferenza illecite nella vita privata:
lesione della riservatezza – modalità
(art. 615 c.p.)

Tribunale Nola, GM dr.ssa De Majo, sentenza del 7 gennaio 2020

Massima a cura di Avv. Angelo Pignatelli

Secondo una diffusa interpretazione estensiva, se è vero che la lesione della riservatezza punita dall’art. 615 bis c.p. può consumarsi anche nei locali ove si svolge il lavoro dei privati (studio professionale, ristorante, bar, osteria, negozio in genere), in quanto la facoltà di accesso da parte del pubblico non fa venir meno nel titolare il diritto di escludere singoli individui non autorizzati ad entrare o a rimanere, tale ermeneusi però ha trovato un limite in quei luoghi nei quali, in quanto aperti al passaggio ed all’osservazione indiscriminata di un quivis de populo, luoghi nei quali di regola il singolo individuo non compie atti destinati ad un contesto riservato, ma in relazione ai quali neppure vanta uno ius excludendi alios, ovvero un rapporto stabile o un’aspettativa di riservatezza che renda il rapporto medesimo privilegiato rispetto a chiunque altro.

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Separazione: obblighi assistenza familiare, accordo transattivo

Corte di Cassazione, sentenza del 7 febbraio 2020 – – – Separazione – Scioglimento del matrimonio – Violazione obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio – reato ex art. 570 bis c.p. – non configurabilità in caso di accordo transattivo

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Separazione – Scioglimento del matrimonio

Non sussiste il reato di omesso versamento di cui all’art. 570 bis c.p. a carico del reo che rispetti gli impegni assunti con l’ex coniuge per mezzo di un accordo transattivo, non omologato dall’autorità giudiziaria, modificativo delle precedenti statuizioni.

Corte di Cassazione, sentenza n. 5236 del 7 febbraio 2020

 

A stabilirlo è la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza 5236 del 7 febbraio 2020, che accoglieva il ricorso del coniuge condannato, con il quale lamentava l’erronea decisione adottata dalla Corte di Appello de l’Aquila nella parte in cui riteneva irrilevante che gli ex coniugi avessero raggiunto una intesa per ridurre l’importo dell’assegno di mantenimento fissato dall’autorità giudiziaria, in quanto l’accordo non era stato recepito in alcun provvedimento giudiziale. Gli ermellini, invece, aderendo all’orientamento espresso anche dalla Cassazione civile, per la quale l’accordo transattivo relativo alle attribuzioni patrimoniali, concluso tra le parti ai margini di un giudizio di separazione o di divorzio, ha natura negoziale e produce effetti senza necessità di essere sottoposto al giudice per l’omologazione, ha nel caso di specie affermato il seguente principio di diritto: “ non è configurabile il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio di cui all’art. 570-bis cod, pen., qualora l’agente si sia attenuto agli impegni assunti con l’ex coniuge per mezzo di un accordo transattivo, non omologato dall’autorità giudiziaria, modificativo delle statuizioni sui rapporti patrimoniali contenute in un precedente provvedimento giudiziario”.

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Gratuito patrocinio: domanda, parametri di riferimento

Tribunale di Avellino, sentenza 11 dicembre 2019 – – – Gratuito patrocinio. Patrocinio a carico dell’Erario: domanda di ammissione – parametri di riferimento

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GRATUITO PATROCINIO
Patrocinio a carico dell’Erario: domanda di ammissione – parametri di riferimento.
(art. 95 DPR 115/2002)

Tribunale di Avellino, GM Corona, sentenza 11 dicembre 2019

-Massima a cura di  Avv. Angelo Pignatelli

Sono diversi i parametri presi in considerazione dalla legge ai fini della redazione dell’ISEE ed ai fini della presentazione della domanda di ammissione al gratuito patrocinio – nella quale vanno indicati ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche nonché quelli esenti da tale imposta, quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta e quelli soggetti ad imposta sostitutiva – e che inoltre ai sensi dell’art. 5 cp nessuno può invocare a propria scusa l’ignoranza della legge. La coscienza dell’antigiuridicità o dell’antisocialità della condotta non costituisce del resto una componente del dolo, per la cui sussistenza è necessario soltanto che l’agente abbia la coscienza e volontà di commettere una determinata azione. Quando l’agente abbia posto in essere coscientemente e con volontà libera un fatto vietato dalla legge penale, il dolo deve pertanto essere ritenuto sussistente, senza che sia necessaria la consapevolezza dell’agente di compiere un’azione illegittima o antisociale sia nel senso di consapevolezza della contrarietà alla legge penale sia nel senso di contrarietà con i fini della comunità organizzata.

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Il gioco delle tre carte o dei tre campanelli non è una truffa

Cassazione, Sez. II Penale, sentenza del del 27 novembre 2019 – – – Il gioco delle tre carte o dei tre campanelli non è una truffa

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Il gioco delle tre carte o dei tre campanelli non è una truffa

Abilità e destrezza non bastano a far scattare il reato. I principi sanciti dalla Suprema Corte.

 

Il “giuoco dei tre campanelli – e quelli similari delle tre tavolette o delle tre carte – di per sé non concretano il reato di truffa posto che la condotta di chi dirige il giuoco non realizza alcun artificio o raggiro, bensì “una realtà” ed una regolare continuità di movimenti, che, per essere l’effetto della estrema abilità di chi dirige il giuoco, inducono, da ultimo, il giocatore a confidare nel “caso”. Naturalmente, a diversa soluzione si deve giungere nel caso in cui all’abilità ed alla destrezza di chi esegue il giuoco si aggiunga una fraudolenta attività del medesimo”.

È quanto ribadito dalla Suprema Corte di Cassazione Sezione Seconda Penale che – con la sentenza pubblicata in data 27.11.2019 (Presidente: CERVADORO Relatore: TUTINELLI ~Data Udienza: 17/07/2019) – ha annullato la sentenza della Corte d’Appello con la quale i ricorrenti erano stati condannati per il delitto truffa in concorso.

Più precisamente, ad avviso della Cassazione la ricostruzione della Corte di appello non permette di identificare la presenza di tale ulteriore fraudolenta attività posto che risulterebbe essere stata la parte offesa a determinarsi a giocare.
[…] continua a leggere >

Paolo Romani
Fonte: www.ilquotidianodellapa.it
Link: http://www.ilquotidianodellapa.it/_contents/news/2019/dicembre/1575289016646.html

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