Home

Compenso avvocato aumentato se la lite viene conciliata

Lite conciliata: compenso fase decisionale aumentatoCompenso avvocato e conciliazione della lite Causa conciliata: all'avvocato importo della fase decisoria aumentato del 25%Lite conciliata: compenso fase decisionale aumentato[Torna su] In presenza di una conciliazione giudiziale o di una transazione, la legge dispone che per l'attività di conciliazione svolta l'avvocato debba percepire un compenso pari all'importo stabilito per la fase decisionale aumentato del 25%. Lo ha chiarito la Cassazione nell'ordinanza n. 8576/2024 (sotto allegata). Compenso avvocato e conciliazione della lite [Torna su] Un avvocato propone un ricorso ai sensi dell'articolo 702 bis del codice di procedura civile e dell'articolo 14 del decreto legislativo 150/2011 per ottenere il pagamento dei propri compensi ...

La Corte costituzionale dichiara l’illegittimità della legge regionale veneta sull’accesso alle case popolari

Fotografia di un condominio

Con sentenza n. 67 del 22 aprile 2024, la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale il requisito di residenza quinquennale nel territorio regionale previsto dalla L. Regione Veneto n. 39 del 2017 per accedere alle graduatorie per l’edilizia residenziale pubblica.

La vicenda nasce nel 2022, quando il Comune di Venezia aveva pubblicato un bando per l’accesso all’edilizia residenziale pubblica che, secondo quanto stabilito dalla normativa della Regione Veneto, prevedeva il requisito di “residenza anagrafica nel Veneto da almeno 5 anni, anche non consecutivi e calcolati negli ultimi 10″. 

ASGI, Razzismo Stop Onlus, SUNIA – Federazione di Padova e un gruppo di cittadini stranieri (provenienti da Camerun e Venezuela) hanno presentato un ricorso presso il Tribunale di Padova, il quale, nel maggio 2023, ha dubitato della legittimità del requisito di residenza quinquennale e inviato gli atti alla Corte Costituzionale. 

Con la sentenza di oggi (Red. Navarretta) la Corte conferma un orientamento ormai più che granitico (a partire dalla sentenza 44/2020 ribadito con le sentenze n. 145 e 77 del 2023), dando atto che l’accesso all’abitazione, in quanto “diritto sociale inviolabile“, non può prevedere criteri che esulino dallo stato di bisogno della persona. Per l’accesso alle case popolari è dunque irragionevole qualsiasi requisito di residenza pregressa, che nulla ha a che vedere con i bisogni del richiedente, che è “insensibile alla condizione di chi è costretto a muoversi proprio per effetto della sua condizione di fragilità economica”, e che nemmeno può essere un idoneo indicatore sul futuro radicamento nel territorio dell’interessato. Tale valutazione rimane valida, sottolinea la Corte, anche qualora, come nel caso della Regione Veneto, la legge diluisca il criterio nel tempo, prevedendo la possibilità di maturare il requisito di 5 anni di residenza anche nell’arco di 10 anni. 

La Corte ha concluso dichiarando l’incostituzionalità della norma poiché prevedere “la residenza protratta nel territorio regionale quale criterio di accesso ai servizi dell’ERP equivale ad aggiungere agli ostacoli di fatto costituiti dal disagio economico e sociale un ulteriore e irragionevole ostacolo che allontana vieppiù le persone dal traguardo di conseguire una casa, tradendo l’ontologica destinazione sociale al soddisfacimento paritario del diritto all’abitazione della proprietà pubblica degli immobili ERP.”

Tale requisito andrà ora cancellato dalla legge regionale. Nel frattempo, i bandi che avevano escluso illegittimamente cittadini stranieri (e non) dovranno essere riaperti. 

Ancora una volta le ragioni dell’uguaglianza superano l’irragionevole e ideologica esclusione di alcune categorie di soggetti meritevoli di aiuto, cui viene negato il fondamentale diritto alla casa senza alcuna logica. 

Le associazioni invitano le Regioni che ancora presentano questa previsione (Piemonte e Umbria) a eliminarle senza attendere gli esiti dei giudizi in corso, ristabilendo così il principio secondo cui le politiche sociali devono avere come naturali destinatari le persone bisognose, indipendentemente dalla durata della residenza; ciò nell’interesse non solo dei cittadini stranieri (che hanno una mobilità interna più elevata degli italiani e sono quindi danneggiati da requisiti come questo) ma anche degli italiani la cui mobilità tra comuni e tra regioni dovrebbe essere favorita nell’interesse del dinamismo sociale e non ostacolata con l’esclusione dai diritti sociali.

Immagine di wirestock su Freepik

The post La Corte costituzionale dichiara l’illegittimità della legge regionale veneta sull’accesso alle case popolari appeared first on Asgi.

La Corte costituzionale dichiara l’illegittimità della legge regionale veneta sull’accesso alle case popolari

Fotografia di un condominio

Con sentenza n. 67 del 22 aprile 2024, la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale il requisito di residenza quinquennale nel territorio regionale previsto dalla L. Regione Veneto n. 39 del 2017 per accedere alle graduatorie per l’edilizia residenziale pubblica.

La vicenda nasce nel 2022, quando il Comune di Venezia aveva pubblicato un bando per l’accesso all’edilizia residenziale pubblica che, secondo quanto stabilito dalla normativa della Regione Veneto, prevedeva il requisito di “residenza anagrafica nel Veneto da almeno 5 anni, anche non consecutivi e calcolati negli ultimi 10″. 

ASGI, Razzismo Stop Onlus, SUNIA – Federazione di Padova e un gruppo di cittadini stranieri (provenienti da Camerun e Venezuela) hanno presentato un ricorso presso il Tribunale di Padova, il quale, nel maggio 2023, ha dubitato della legittimità del requisito di residenza quinquennale e inviato gli atti alla Corte Costituzionale. 

Con la sentenza di oggi (Red. Navarretta) la Corte conferma un orientamento ormai più che granitico (a partire dalla sentenza 44/2020 ribadito con le sentenze n. 145 e 77 del 2023), dando atto che l’accesso all’abitazione, in quanto “diritto sociale inviolabile“, non può prevedere criteri che esulino dallo stato di bisogno della persona. Per l’accesso alle case popolari è dunque irragionevole qualsiasi requisito di residenza pregressa, che nulla ha a che vedere con i bisogni del richiedente, che è “insensibile alla condizione di chi è costretto a muoversi proprio per effetto della sua condizione di fragilità economica”, e che nemmeno può essere un idoneo indicatore sul futuro radicamento nel territorio dell’interessato. Tale valutazione rimane valida, sottolinea la Corte, anche qualora, come nel caso della Regione Veneto, la legge diluisca il criterio nel tempo, prevedendo la possibilità di maturare il requisito di 5 anni di residenza anche nell’arco di 10 anni. 

La Corte ha concluso dichiarando l’incostituzionalità della norma poiché prevedere “la residenza protratta nel territorio regionale quale criterio di accesso ai servizi dell’ERP equivale ad aggiungere agli ostacoli di fatto costituiti dal disagio economico e sociale un ulteriore e irragionevole ostacolo che allontana vieppiù le persone dal traguardo di conseguire una casa, tradendo l’ontologica destinazione sociale al soddisfacimento paritario del diritto all’abitazione della proprietà pubblica degli immobili ERP.”

Tale requisito andrà ora cancellato dalla legge regionale. Nel frattempo, i bandi che avevano escluso illegittimamente cittadini stranieri (e non) dovranno essere riaperti. 

Ancora una volta le ragioni dell’uguaglianza superano l’irragionevole e ideologica esclusione di alcune categorie di soggetti meritevoli di aiuto, cui viene negato il fondamentale diritto alla casa senza alcuna logica. 

Le associazioni invitano le Regioni che ancora presentano questa previsione (Piemonte e Umbria) a eliminarle senza attendere gli esiti dei giudizi in corso, ristabilendo così il principio secondo cui le politiche sociali devono avere come naturali destinatari le persone bisognose, indipendentemente dalla durata della residenza; ciò nell’interesse non solo dei cittadini stranieri (che hanno una mobilità interna più elevata degli italiani e sono quindi danneggiati da requisiti come questo) ma anche degli italiani la cui mobilità tra comuni e tra regioni dovrebbe essere favorita nell’interesse del dinamismo sociale e non ostacolata con l’esclusione dai diritti sociali.

Immagine di wirestock su Freepik

The post La Corte costituzionale dichiara l’illegittimità della legge regionale veneta sull’accesso alle case popolari appeared first on Asgi.

Amministratore condominio: con la nomina scaturisce anche il diritto al compenso

Compenso amministratore di condominioContratto di mandato e diritto al compensoSpese anticipate dall'amministratore di condominioDecisione Compenso amministratore di condominio[Torna su] Un ex amministratore citava innanzi al Tribunale di Nola un condominio esponendo di non aver percepito il compenso professionale, nel periodo compreso tra il 01.01.2010 e il 25.09.2013, per complessivi € 5.002,50 e di aver anticipato spese per € 2.492,85, negli anni 2012 e 2013. Si costituiva in giudizio il condominio eccependo la prescrizione dei crediti vantati dall'ex amministratore; lamentava, inoltre, l'inadempimento del mandato per non essersi attivato nel richiedere gli oneri dovuti dai condomini e evidenziava la mancanza di prove dell'avversa domanda. Contratto di mandato e diritto al compenso[T...

Non si può sostituire il mantenimento ai figli con altri beni

Violazione obblighi assistenza familiareCessione del credito per gli straordinari: il reato non sussiste Mantenimento minori: i beni devono soddisfare i bisogni primariViolazione obblighi assistenza familiare[Torna su] Il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare è integrato quando il genitore obbligato a versare il mantenimento per il figlio offra un bene diverso, come la cessione del credito vantato nei confronti del datore di lavoro per gli straordinari effettuati. Il minore, in quanto tale, non ha capacità reddituale per cui l'obbligo di mantenimento nei suoi confronti non può essere soddisfatto se vengono offerti beni che non siano in grado di soddisfare le sue necessità quotidiane. Lo ha ribadito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 14025/2024 (sotto allegata...

Multa nulla se l’autovelox è solo approvato ma non omologato

Multe autoveloxLa differenza tra approvazione e omologazioneLa rilevanza della questioneMulte autovelox[Torna su]Nulla la multa per eccesso di velocità fatta con un Autovelox solo approvato ma non omologato. La Cassazione (ordinanza n. 10505/2024 sotto allegata), affronta per la prima volta una questione che ha diviso i giudici di merito, e la risolve escludendo qualunque equivalenza tra omologazione ministeriale e approvazione. La Suprema corte respinge così il ricorso del Comune di Treviso che affermava la validità del verbale con il quale era stato accertato un eccesso di velocità da parte dell'automobilista che viaggiava a 97 km orari in una strada con limite a 90. A "fotografare" l'infrazione era stato un apparecchio Red & Speed-Evo-L2, non omologato ma approvato. Per il Tribunale...

Separazione: nessun addebito senza prova dell’invio delle foto osé all’amante

Addebito separazione: infedeltà della moglie non provataInfedeltà coniugale: richiesta di addebito della separazioneNessun addebito: manca la prova dell'infedeltà della moglieAddebito separazione: infedeltà della moglie non provata[Torna su] L'infedeltà della moglie non può essere dimostrata da foto osé di scarsa qualità, probabilmente manipolate, in cui non sono visibili i volti dei protagonisti delle scene ritratte, tanto più che in sede di merito non è stata raggiunta la prova dell'invio delle foto all'amante. Respinta quindi in via definitiva la richiesta di addebito della separazione alla moglie. Lo ha sancito la Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 9776/2024 (sotto allegata). Infedeltà coniugale: richiesta di addebito della separazione[Torna su] Un marito chiede la separazione...

La Cassazione boccia gli autovelox: senza omologazione addio multe

Autovelox: interviene la CassazioneOmologazione e approvazione: le differenzeProva della corretta funzionalitàCertificazione metrologicaAutovelox: interviene la Cassazione[Torna su]Prima o poi doveva accadere. Stavamo attendendo da anni, nella consapevolezza e conoscenza tecnico-normativa approfondita acquisita in materia, che la Suprema Corte si pronunciasse compiutamente in tema di omologazione delle apparecchiature autovelox. Ma il corso della giustizia, si sa, esige severo tributo di tempo e denaro. Ma alla fine il velo di insipienza che ha avvolto fino ad oggi la vexata questio s'è finalmente squarciato. Ci si augura non venga a breve rabberciato alla bell'e meglio, con argomentazioni fuorvianti, pur di mantenere in vita l'inviso sistema sanzionatorio asservito, già dal lontano 1972, ...

Contratto autonomo di garanzia: non basta la clausola di pagamento a prima richiesta

Garanzia a prima richiesta e contratto autonomo di garanzia: la vicendaUn'impresa erogava a titolo di mutuo una somma di denaro ad un privato. Un soggetto terzo, nel medesimo contratto, dichiarava di costituirsi garante concordando che la garanzia rilasciata deve considerarsi "a prima richiesta" e pertanto, in caso di inadempimento del debitore principale, il creditore potrà chiedere "l'intera somma di spettanza al garante immediatamente, senza che lo stesso possa avvalersi del beneficio della preventiva escussione del debitore". Stante l'inadempimento del debitore principale, il creditore otteneva un decreto ingiuntivo nei confronti di questi nonché del garante. In sede di opposizione, il garante eccepiva la violazione dell'art. 1957 c.c. non avendo il creditore, entro sei mesi dalla ...

I punitive damages

I danni punitiviOrigini, evoluzione e criticitàIl caso Rookes v. Barnard del 1964ConclusioniI danni punitivi[Torna su] I punitive damages, anche chiamati danni esemplari, exemplary damages, sono il pagamento che un convenuto ritenuto colpevole di aver commesso un torto o un'offesa è ordinato di pagare oltre ai danni compensativi, quando questi ultimi sono ritenuti insufficienti. Sono specificamente progettati per punire i convenuti il cui comportamento è considerato gravemente negligente o intenzionale, ove il termine danni esemplari sta a significare che sono destinati anche a dare un esempio per scoraggiare altri dal commettere atti simili. Tali punizioni aggiuntive vengono attuate a seguito dell'iniziativa giudiziale di un privato e conducono ad una sentenza a favore di quest'ultimo, ...